12 Professionisti – fisioterapisti, infermieri e operatori socio sanitari – raccontano la loro esperienza di cura, condividendo parte della vita dei loro pazienti e delle loro famiglie.
Il progetto di ricerca, proposto nel contesto del XV Master di Medicina Narrativa applicata del percorso di specializzazione di ISTUD – Milano, ha coinvolto operatori sanitari che si occupano di persone in stato vegetativo in tre setting diversi: reparti ospedalieri, case di riposo e domicilio. Gli operatori coinvolti nell’assistenza sono chiamati a fare sempre il massimo a fronte di una situazione ripetitiva e, spesso, senza l’attesa di modifiche significative fino all’ultimo saluto da dare a persone che sono state curate da loro per anni.
12 voci per 7 volti
Hanno risposto allo studio 12 partecipanti -10 donne e 2 uomini, fisioterapisti, infermieri ed operatori socio sanitari – impiegati come lavoratori dipendenti e in regime libero professionale. L’esperienza lavorativa risulta variabile tra i 6 ed i 36 anni.
Gli operatori sanitari coinvolti hanno prodotto 9 Fiabe e 6 Narrazioni dalle quali emergono elementi legati alla forte motivazione del personale e che stabilità della presa in carico si riflettono in modo positivo sulla presa in carico dei pazienti in tutti i setting descritti. NON CAPISCO COSA VUOI DIRE.
Questi splendidi volontari si descrivono con immagini di forza e realtà, ma anche di capacità introspettiva citando, ad esempio, Gauguin (Il quadro “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove Andiamo?”). Rispetto all’esperienza di cura di 7 pazienti diversi, dipingono tempeste con momenti di caos, curiosità e paura, stanchezza e determinazione, ma anche di luc
Le narrazioni
I professionisti che si raccontano sono professionisti esperti che dimostrano sicurezza nelle “prestazioni” che eseguono, ma sono in difficoltà nella relazione con i familiari, con cui vorrebbero condividere le aspettative, ma che spesso sono obbligati a fare il ruolo del “grillo parlante” che li riporta alla realtà.
I familiari possono essere infatti di supporto o di ostacolo e nei loro confronti gli operatori sanitari dimostrano emozioni contrastanti. Cito qualche esempio tratto dalle loro storie:
“Una volta è successo che la figlia si è arrabbiata col personale, oggi è stabile ed IO MI sento tranquillo.”
“Oggi la paziente è deceduta ed io mi sento sollevata per lei.”
“Mi è sembrato che sorridesse al suono della mia voce, oggi è peggiorato rispetto a quando l’ho conosciuto ed io mi sento dispiaciuta.”
C’era una volta…
Delle nove fiabe donatemi, tre possono essere inquadrate come “Gesù e San Pietro in giro per l’Italia”, cioè come didattiche e moralistiche; due fiabe partono, invece, da elementi elementi del quotidiano e portano insegnamenti pratici, proprio come la figura della Agana (strega friulana dell’acqua) insegnava ai bambini a non fidarsi di laghi e fiumi.
Una fiaba, infine, presenta caratteristiche simboliche e resta incompleta, sospesa nel momento etereo della descrizione della descrizione della condizione di partenza, dove non è presente un cambiamento che porta al modificarsi della stessa.
In due fiabe, inoltre, lo stile didattico si contrappone a quello poetico indicando la delicatezza e la gentilezza di come vengono trattate queste storie, come se fossero una carezza data da una madre al suo bambino.
A volte le fiabe, come la realtà, non hanno un vero e proprio lieto fine, ma portano temi su cui l’uomo si interroga da sempre: la vita, la morte e quale sia il limite che le divide.
Le emozioni che si presentano all’inizio delle fiabe sono varie: stanchezza, tristezza, infelicità, tormento e felicità. Poi, nel corso della storia, diventano “trasformanti” e permettono di attivare strategie di coping per superare il momento di “crisi” della fiaba. Esse, come rabbia, disgusto, fallibilità, stanchezza, solidarietà, gioia e sicurezza, conducono al finale che, se non è lieto, è almeno indice di un equilibrio, a volte temporaneo, ma sereno.
Gli elementi di svolta individuati sono stati: imprevisti portati dal fato (4 fiabe), in due casi proprio la malattia, ove la soluzione passa prima di tutto dall’accettazione della realtà seguita dalla reazione del protagonista. In due fiabe la “crisi” passa per la relazione con l’altro/gli altri e questo conflitto viene risolto dal cambio di atteggiamento dell’eroe. In un caso, l’ostacolo è sia interno che esterno al protagonista e la risoluzione positiva avviene grazie al risveglio della capacità dello stesso di accettarsi ed affrontare le difficoltà. In un ultimo caso, poi, è presente un elemento ambientale limitante e la soluzione verrà garantita dall’occasionale rimozione dell’ostacolo.
I narratori hanno presentato nelle fiabe modelli che possono essere ricondotti agli Archetipi di Jung, qui presentati in ordine frequenza di apparizione:
- Innocente: indice di chi deve affrontare delle prove troppo presto, necessita di stabilità ed aspira all’appagamento.
- Angelo Custode: capace di curare, in cui in una fiaba si trasforma il protagonista oppure declinato anche nel ruolo di carceriere, cioè al limite oscuro.
- Eroe, le cui qualità sono il carisma, la capacità di affrontare le difficoltà ed il coraggio: in una parola, il suo obbiettivo fare la differenza.
- Saggio, a cui l’eroe si volge ed in cui poi si trasforma; ricerca la conoscenza; in nessun caso rappresentato è invidioso o geloso del suo sapere, anzi lo condivide con il protagonista e lo guida nell’acquisizione di esperienza.
- Esploratore: colui che va oltre il suo limite; il suo valore guida è il principio di libertà.
- Uomo Comune, la cui qualità è la solidarietà: lo porta al senso di appartenenza al gruppo ed il suo obbiettivo è la relazione con gli altri.
- Mago/Stregone: è rappresentato nel suo estremo malvagio. È colui che nega la luce ed intrappola il protagonista, legandolo a sé con la promessa di una probabile ricompensa futura.
- Fuorilegge/Ribelle: è rappresentata una protagonista che inizialmente scappa dai suoi problemi, cerca di evitarli e si ribella all’obbligo di affrontarli; vorrebbe poter lasciare il segno in un modo diverso da quello a cui la realtà la obbliga.
- Artista/Creatore: è capace di rendere concreto il suo pensiero; grazie all’attenta relazione con gli altri, porta ad una nuova stabilità.
…per sempre felici e contenti?
Sono stata orgogliosa di portare avanti questo progetto, anche se la raccolta della testimonianza di solo 12 narratori non può essere considerata esaustiva dal punto di vista statistico, ma è comunque in grado di evidenziare quanto sia complessa la presa in carico di pazienti in stato vegetativo.
Esso mi ha permesso di evidenziare la ricchezza professionale, umana e spirituale dei colleghi: le narrazioni e le fiabe hanno evidenziato capacità di osservazione del contesto e di ascolto profondo dei professionisti, andando oltre al linguaggio verbale: il non verbale è indispensabile, perché “l’essenziale è invisibile agli occhi”, come dice il Piccolo Principe.
Ciò che risulta più complicato è sempre la relazione con i familiari. Nel caso del contesto domiciliare, esistono delle relazioni di simbiosi in cui l’operatore viene accettato e sopportato, ma è sempre visto come un parziale intruso. Per quello che riguarda la gestione in reparto, d’altro canto, il parente viene vissuto come un peso: l’orario di visita può essere ridotto per permettere agli operatori di eseguire le loro prestazioni nei tempi e nei modi che sono loro a decidere, ma quale sia la soluzione che permette maggior benessere ai pazienti non è dato saperlo.
La possibilità di astrarre la situazione dal suo contesto potrebbe essere una strategia di prevenzione per il burnout, permettendo sia al narratore che all’ascoltatore di poter osservare la situazione contingente con occhi nuovi, nella sua concreta realtà, ma senza la necessita di essere/sentirsi giudicati.
Il linguaggio della fiaba presenta aspetti universali i cui elementi si riscontrano in tutte le culture anche non in contatto tra loro: prendendo a prestito un’espressione de Il signore degli Anelli, può essere “per te una luce, in luoghi oscuri, quando ogni altra luce si spegne”
Luisa Pozzi