Una parola in quattrocento parole – Raro

L’aggettivo “raro” deriva dal latino rarus che ha pressappoco lo stesso significato dell’italiano, ossia poco comune. L’idea di rarità è legata alla radice protoindoeuropea *rē- che definisce il concetto di sottigliezza, friabilità, delicatezza. Il concetto deriva dall’idea lontananza, di intervallo fra le parti e quindi qualcosa di poco denso e così poco fitto. Infatti, è possibile confrontare la famiglia semantica di raro con quella del sanscrito della lontananza (âra). Vedi se altra parola da stessa radice

Pertanto, la rarità altro non è che la “non frequenza di qualcosa”, ma questo implica anche una certa mancanza di informazioni a riguardo. Questa mancanza di conoscenza è in parte dovuta al costume del pensiero occidentale, che sia in filosofia, religione, scienza, a ridurre la complessità del mondo a un sistema unico e il più semplice (e a volte semplificato) possibile. L’eccezione non conferma la regola, ma la mette in crisi e questo è qualcosa di destabilizzante, ma anche conferma di ricchezza del mondo in cui viviamo. I fenomeni rari sono spesso imbarazzanti per i pensatori sistematici che prediligono l’ordine, la simmetria, la proporzione. Quando l’ostentazione di regolarità diventa normalità, poi norma e quindi normativa, il rischio è quello di una minaccia alla democrazia. La rarità non può e non deve diventare sinonimo di marginalità, invece bisogna coltivare la complessità in una società che tende sempre più alla semplificazione e omologazione. Raro non vuol dire senza valore.

Nell’ambito medico, le malattie rare sono difficili da studiare, in quanto numericamente molto esigue e un campo in cui vengono investiti meno fondi. Molte delle persone che lavorano sulle malattie rare sono principalmente professionisti che ogni giorno devono mediare tra la difficoltà di terapie invasive o sperimentali e il sentimento di smarrimento che può invadere chi è affetto da una patologia non diffusa e che spesso non sa a chi rivolgersi per una diagnosi confermata.

Uno strumento che in più occasioni si è rivelato utile nell’approfondimento dell’esperienza delle malattie rare è la medicina narrativa che permette di esplorare le pieghe del vissuto dei pazienti e dei loro famigliari per individuare così quali sono i punti percepiti come più urgenti, sia dal punto di vista sanitario che sociale rispetto alla loro qualità di vita quotidiana. Infatti, la medicina narrativa come ogni altra forma di narrazione di sé è strumento di espressione e educazione alla complessità. Permette di dare voce e valore al raro, che quindi si riafferma valido e da valorizzare. La medicina narrativa affianca l’individuo (la narrazione) al sistema (il protocollo). È strumento democratico e empatico, in quanto è dà voce e dignità al singolo pensato nella sua rarità preziosa e in relazione con gli altri e il mondo.

Lasciateci per favore una parola per il vostro sentimento di “rarità”.

Enrica Leydi

Milanese di nascita, ha conseguito la laurea triennale in Lettere Moderne presso l'Alma Mater Studiorum - Università di Bologna. Sta attualmente completando il corso di laurea magistrale in Italianistica, sempre presso la medesima università emiliana. Collabora con ISTUD da aprile 2021 in qualità di coordinatrice della rivista «Cronache di Sanità e Medicina Narrativa».

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