Studenti partecipanti alla XXIV edizione del
Master Scienziati in Azienda.
Progetto curato da Maria Giulia Marini
Riassunto
Storia: Il teatro è un luogo in cui le menti di scrittori e registi si uniscono per far rivivere mondi passati e crearne di nuovi che prendono vita attraverso la recitazione degli attori. Le loro voci risuonano sul palco, i loro gesti stupiscono, le loro emozioni vibrano nell’aria e si fondono con quelle del pubblico, che è invitato ad un viaggio introspettivo di scena in scena. Le radici del teatro sono profonde ed antiche ed il suo potenziale terapeutico è noto fin dai tempi di Aristotele, uno dei filosofi più influenti della storia. Nella sua Poetica, ha definito il teatro come la capacità di liberare da traumi, disagi e conflitti interni, e di purificare le emozioni attraverso un processo chiamato “catarsi”.
Terapia: Purtroppo, il suo potenziale terapeutico è andato perduto negli anni e solo recentemente si sta riscoprendo attraverso la teatroterapia. Questa fusione tra psicologia e teatro fu introdotta a Vienna negli anni venti del XX secolo dallo psichiatra romeno Jacob Levi Moreno, con il nome di psicodramma che emerse come nuova musa curativa per ansia, stress e disagi quotidiani. Successivamente comparse anche il modello terapeutico della drammaterapia di Robert Landy (1999), che mira a promuovere la consapevolezza, la crescita personale e il benessere emotivo.
Benefici ed evidenze: La teatroterapia è un viaggio nella psiche umana e permette di conoscere se stessi, esplorare le proprie emozioni e trasformare esperienze dolorose in storie di forza e resilienza. Diversi studi hanno documentato come le pratiche teatrali abbiano un impatto benefico sulla salute mentale delle persone, addirittura in pazienti con Parkinson ed Alzheimer ed epilessia.
Limiti: Tuttavia, la scarsa valorizzazione del teatro come terapia e la mancanza di fondi per approfondire gli effetti di quest’arte ha portato all’assenza di prove scientifiche solide che limita l’accettazione della teatroterapia in alcuni ambiti medici ed accademici.
Nuove applicazioni: Dati i benefici finora noti, la teatroterapia prende piede negli ospedali, nelle aziende e in contesti comunitari. Noi consideriamo che l’introduzione di questa pratica in luoghi insoliti, come parchi, musei o strade, o anche centri d’accoglienza potrebbe renderebbe più accessibile e coinvolgente quest’arte ed essere al contempo utilizzata come potente strumento di accoglienza, inclusività, integrazione ed anche sensibilizzazione su questioni sociali cruciali.
Rispettando e ascoltando noi stessi e gli altri, lavorando insieme verso un obiettivo comune, attraverso il gioco e l’immaginazione, tutti possono intraprendere questa avventura di scoperta di sé e guarigione, dimostrando che a volte il palco è il posto migliore per iniziare un nuovo capitolo della nostra storia personale.
Partiamo dal teatro…
Il teatro occupa un posto speciale nel mondo dell’arte. È un luogo in cui le menti di scrittori e registi si uniscono per far rivivere mondi passati e crearne di nuovi che prendono vita attraverso la recitazione degli attori. Le loro voci risuonano sul palco, i loro gesti stupiscono, le loro emozioni vibrano nell’aria e si fondono con quelle del pubblico, che è invitato ad un viaggio introspettivo di scena in scena. Il teatro è creatività, immaginazione, riflessione, brividi, stupore, meraviglia, cura. Il suo potenziale terapeutico è noto fin dai tempi di Aristotele, uno dei filosofi più influenti della storia. Nella sua Poetica, ha definito il teatro come la capacità di liberare da traumi, disagi e conflitti interni, e di purificare le emozioni degli uomini attraverso un processo chiamato “catarsi”.
Il teatro continua ad essere un’arte che ispira ed emoziona da millenni, ma purtroppo il suo potenziale terapeutico è andato perduto negli anni e solo recentemente si sta riscoprendo attraverso la teatroterapia. Quest’ultima è una fusione tra arte e psicologia, è un viaggio nella psiche umana e permette di conoscere se stessi, esplorare le proprie emozioni e trasformare esperienze dolorose in storie di forza e resilienza. Rispettando e ascoltando noi stessi e gli altri, lavorando insieme verso un obiettivo comune, attraverso il gioco, l’immaginazione e la creatività, tutti possono intraprendere questa avventura di scoperta di sé e guarigione, dimostrando che a volte il palco è il posto migliore per iniziare un nuovo capitolo della nostra storia personale.
Benvenuti nel magico mondo della teatroterapia, dove la terapia diventa un’opera d’arte!
L’etimologia di teatro
La parola teatro deriva dalla parola greca theàomai, che significa «guardare, osservare». È un rituale antico, nato dalla necessità umana di esprimersi, comunicare e comprendere la vita. Le sue radici affondano nella natura stessa dell’essere umano, in un misto di istinto, bisogno sociale e desiderio di esplorare le molteplici sfaccettature dell’esistenza. Risponde anche al bisogno di narrazione degli esseri umani e di impersonificare “l’altro da sé”. Basta pensare ai bambini, che quando giocano istintivamente ricoprono dei ruoli che frequentemente riflettono quelli degli adulti nella vita reale (a chi non è mai capitato di sentir dire da un bambino “facciamo che io ero il dottore, la mamma, il pompiere”…). Così, attraverso il gioco, i bambini sperimentano diverse identità, situazioni ed emozioni, sviluppando la comprensione del mondo che li circonda ed imparando a crescere, con leggerezza.1
“Nell’uomo, fin dall’infanzia, è innato l’imitare: in questo differisce dagli altri animali, perché è il più imitativo e mediante l’imitazione opera le prime conoscenze.”
Poetica, Aristotele
In effetti, il gioco dei bambini altro non è che una forma primordiale di teatro. Il termine recitare, in Italiano, è tradotto come giocare in altre lingue europee come l’Inglese “to play” o il Francese “jouer“, che assumono anche il significato di rappresentare o eseguire un ruolo in un contesto teatrale. Il gioco teatrale, al contrario della competizione, non prevede vincitori o perdenti. È un processo in evoluzione continua, un veicolo attraverso il quale è possibile manifestare, esprimere, scoprire e apprendere l’arte del racconto.
A tal proposito, il teatro è da sempre collegato alla pedagogia, come strumento per insegnare, condividere storie ed esperienze. Tramite il teatro, le comunità potevano tramandare la loro cultura, valori e saggezza, creando un legame tra le generazioni.
Nel teatro, quindi, esiste anche intrinsecamente un senso di collettività. “L’altro” si configura come un valore, ed il confronto, la collaborazione e l’integrazione diventano necessarie per ricreare sul palcoscenico scene in cui rispecchiarsi. Il teatro, infatti, è come uno specchio che riflette tutte le sfaccettature della vita, raccontata da chiunque voglia, attraverso una vasta gamma di modalità e diversi canali espressivi.1
Attraverso la finzione della recita, gli attori trasmettono alla platea un’esperienza autentica e potente.
“Benvenuti a teatro. Dove tutto è finto ma niente è falso”
Gigi Proietti
Il teatro costituisce la più autentica delle bugie, un luogo in cui la realtà si fa reversibile. Attraverso l’arte del “far finta“, i partecipanti hanno l’opportunità di rielaborare e plasmare un mondo parallelo, indipendente e permeabile, aderente ai loro bisogni e desideri più intimi. Si indossano infatti le maschere che più coprono e scoprono allo stesso tempo, svelano e nascondono simultaneamente, presentandosi come un vestito che non si limita a essere esposto in vetrina. Se ci soffermiamo ad osservare la vita di tutti i giorni, ci rendiamo conto che stiamo assistendo ad uno spettacolo: c’è chi agisce, chi osserva, chi pensa… siamo tutti attori e spettatori sulla scena della vita quotidiana.
Per questo nel teatro si trovano commedia e tragedia, due facce della stessa medaglia, che rappresentano la gioia e il dolore dell’esistenza umana.
Quindi, il teatro raffigura una piccola società, che vive in un ambiente protetto, dove crescere come individui, rispettando e apprezzando le diversità che si manifestano all’interno del gruppo. Possiamo immaginare ogni componente della microsocietà teatrale come una nota musicale. Per evitare che la sinfonia finale sia monotona, composta da poche note, il teatro diventa un luogo di integrazione, privo di giudizi e aperto alla vulnerabilità. Grazie a questi ingredienti, scrittori, registi ed operatori teatrali riescono a comporre sinfonie articolate dietro le quali si cela la ricchezza intrinseca della diversità.
“Tramite il teatro si può arrivare ad essere uguali nella diversità e diversi nell’uguaglianza”
Elsa Morelli
Perché le opere finali siano bilanciate e melodiose, durante i percorsi teatrali sono richiesti costanti prove, allenamenti, sforzi. L’impegno sostenuto però, trasforma la fatica in bellezza e gioia, che riempiono la vita degli uomini, sia da attori che da spettatori.
Il teatro si può descrivere dunque come un’arena di confronto, sperimentazione e ridefinizione del proprio essere, immersi in un avvolgente contesto di gruppo. Può essere intrattenimento, gioco, divertimento, empatia, costruzione di connessioni, rapporti, legami, fiducia. È uno strumento che permette l’auto esplorazione e l’espressione delle emozioni, e per questo può essere anche terapeutico. In definitiva, è un riflesso della nostra umanità, un modo per esplorare, condividere e celebrare la complessità della vita.
2. Tradizioni e folklore associato al teatro
2.1 Teatro primitivo
Fin dall’antichità i popoli primitivi allestivano manifestazioni teatrali spesso strettamente legate al sacro, utilizzando il linguaggio della mimica e della danza per rappresentare miti, leggende e rituali legati al mistero della vita, della morte e della natura.
Le rappresentazioni teatrali si integravano profondamente con la vita quotidiana e con le credenze spirituali delle società ancestrali: si svolgevano in luoghi sacri, e svolgevano un ruolo cruciale nel plasmare l’identità culturale e spirituale, trasmettendo valori, insegnamenti e tradizioni.
2.2 Dal mito alla tragedia: il catartico teatro greco
Nel vasto palcoscenico dell’esistenza umana, la commedia e la tragedia sorgono come due forme teatrali intrinsecamente differenti ma interconnesse. Insieme, queste rappresentazioni delineano l’interezza della vita umana, con la sua ricchezza di esperienze, emozioni e sfumature.
Se da un lato la tragedia ci porta a confrontarci con le verità amare e crude dell’esistenza umana, la commedia, con il suo spirito giocoso e il sorriso beffardo, ci invita a danzare nella farsa della vita.
La tragedia greca, secondo Nietzsche, uno dei filosofi più importanti del XX secolo, nasce dall’eterno conflitto di due elementi presenti nella cultura classica e ben rappresentati attraverso la mitologia. Il primo è lo spirito dionisiaco ovvero lo slancio mistico e irrazionale, il desiderio di infinito, l’ambizione all’assoluto. Il secondo elemento è l’apollineo, inteso come razionalità, equilibrio, serenità teoretica, senso di finitezza. Questi due aspetti convivono in ogni individuo: l’impulso irrazionale porta l’uomo verso l’infinito e la riflessione razionale gli fa capire i propri limiti e lo spinge a superarli.3
Mentre nel mito il protagonista è un burattino mosso dagli dèi, nella tragedia emergono le sue contraddizioni, e lo sguardo della narrazione, da esterno si proietta in una lotta interna, che coglie la vita umana nella sua tragicità, con conflitti tra forza e ragione, caos e ordine, libertà e destino. Si parla di vita incastonata nel conflitto, nel pathos.
Nella mitologia greca, Melpomene è una delle nove Muse, ed è associata alla tragedia. Era considerata la figlia di Zeus, il re degli dèi, e Mnemosine, la dea della memoria. Il suo nome deriva dal verbo greco “μέλπομαι” (melpomai), che significa “festeggiare con danze e canti”. Questo riflette la sua connessione con le rappresentazioni teatrali tragiche, che spesso includevano canti e danze rituali in onore di Dioniso, il dio del vino e del teatro.4
Non a caso le tragedie si svolgevano durante le cosiddette feste dionisiache. Dionisio, che nella filosofia di Nietzsche rappresenta lo spirito irrazionale e mistico, l’impulso vitale e creativo che cerca l’ebbrezza e l’estasi, è una figura della mitologia greca associata al vino, al teatro, alla festa. Nei riti dionisiaci, le persone celebravano in modo frenetico e perdevano il senso della realtà, entrando in un processo catartico di purificazione e consapevolezza dell’io.5
Questo aspetto è mostrato nel docufilm “Cesare deve morire” dei fratelli Taviani, in cui i detenuti del carcere di massima sicurezza di Rebibbia a Roma lavorano alla rappresentazione della tragedia “Giulio Cesare” di William Shakespeare. Mentre si preparano per la performance, i detenuti esplorano i loro sentimenti, le loro storie personali e le sfide che affrontano nel contesto della vita carceraria, redimendosi e trasformandosi in persone nuove attraverso l’arte e la creatività. In questo senso, la tragedia consapevolizza e riduce il senso di colpa.6
La storia di Edipo, personaggio della mitologia greca del V secolo a.c., è una tragedia classica che affronta questo tipo di temi. Il protagonista della tragedia cresce ignaro della sua vera identità e compie azioni tragiche senza rendersi conto delle conseguenze. Nel corso della tragedia, Edipo scopre gradualmente la verità sulla sua identità e sulle sue azioni e diventa consapevole dei suoi errori. Scoprire di aver ucciso suo padre e sposato sua madre, anche involontariamente, lo porta a confrontarsi con il peso del destino e della tragedia. Questa consapevolezza, sebbene dolorosa, porta anche ad una forma di purificazione emotiva, una catarsi.7
“Edipo: Eccomi finalmente disvelato: un miserabile, figlio di miserabili. (…) O nozze! O nozze! Mi avete generato e poi, dopo avermi generato, rigermogliate lo stesso seme e recaste alla luce un grumo incestuoso di padri, fratelli, figli e spose e madri e quanto di più turpe esiste al mondo. Basta. Non è bello dire quel che non è bello fare. Avanti, in nome degli dei, nascondetemi da qualche parte, lontano da qui, e uccidetemi o gettandomi in mare, dove non possiate vedermi più. Avvicinatemi: non vi ripugni toccare questo sventurato. Coraggio, non abbiate paura. Nessun altro, se non io, può portare questi miei mali.”
Edipo Re, Sofocle
La catarsi, un concetto introdotto da Aristotele nella sua “Poetica”, si riferisce al processo attraverso il quale lo spettatore di una tragedia, identificandosi con il protagonista, sperimenta una purificazione delle emozioni, in particolare pietà e terrore. Infatti questo termine deriva dal verbo greco “katháirein“, che significa “purificare“, da un carico emozionale potenzialmente dannoso.6
“Contemplando le passioni altrui nella tragedia, blocchiamo le nostre passioni, le rendiamo più misurate, e le purifichiamo”
Poetica, Aristotele
Dunque, il potenziale terapeutico della poesia era noto già dai tempi dell’antica Grecia. Basti pensare che Ippocrate, considerato uno dei più grandi medici della storia antica e spesso citato come il “padre della medicina”, prescriveva il teatro ai suoi pazienti come parte del processo terapeutico per migliorare il loro benessere.
Non è un caso infatti, che i primi teatri siano nati nelle immediate vicinanze di templi e santuari, che sono le prime istituzioni che si impegnarono nella cura dei malati, permettendo la cura simultanea di corpo ed anima.8
Ma le tragedie greche non sono solo di beneficio per l’individuo, ma si rivelano utili per l’intera comunità. Un esempio di narrazione che affronta il tema della rivalsa sociale è rappresentato dalla storia di Antigone, figura emblematica della drammaturgia greca classica, emerge dall’opera tragica di Sofocle come un faro di forza morale.
Antigone rappresenta una donna assurta a modello di ribellione individuale in nome del diritto del sangue, del diritto familiare, parentale e sociale contro la sopraffazione dello Stato. Si oppone con fermezza all’ordine di Creonte, il re di Tebe, che proibisce la sepoltura di suo fratello Polinice, considerato traditore. Antigone, guidata da una moralità interiore irremovibile, decide di disobbedire a questa legge e compiere il rito funebre per suo fratello, in modo che la sua anima possa trovare riposo nell’aldilà. Dovunque vi siano discriminazioni razziali, conflitti, intolleranze religiose, Antigone torna ad assumere il ruolo dell’eroina che sfida i regimi totalitari in nome di una pietas universale che si estende a tutti gli uomini sentiti come fratelli. Emblematici questi versi, tratti dal primo stasimo.9
“Infatti per me non era affatto Zeus che mi vietava queste cose, né la Giustizia che dimora con gli dei Inferi fissò tali leggi tra gli uomini, né io pensavo che i tuoi decreti avessero tanto potere che un mortale potesse trasgredire le leggi non scritte e immutabili degli dei. Infatti queste leggi non sono affatto di oggi né di ieri ma di sempre e nessuno sa da quando apparvero. Io non dovevo, temendo la volontà di nessun uomo, scontare la pena al cospetto degli dei di queste (leggi). Infatti sapevo che sarei morta, perché no? Anche se tu non lo avessi bandito. E se morirò prima del tempo, questo lo chiamo un guadagno. Chi infatti come me vive in molte sventure, come non riporta un guadagno se muore? Così per me avere questa sorte non è dolore per nulla, ma se io avessi lasciato il figlio di mia madre cadavere insepolto, di tale cosa avrei sofferto; di questo invece non soffro. E se ti sembra che io ora per caso agisca da folle forse devo a un folle la mia follia”.
Antigone, Sofocle
La visione dell’opera “Antigone” continua a risplendere, poiché invita lo spettatore a interrogarsi sulle leggi della società, sulle leggi della coscienza e sulla costante ricerca della giustizia e della moralità in un mondo complesso e in continua evoluzione, permettendo di riconoscersi nei personaggi e nei conflitti morali, aprendo la porta a una profonda introspezione sulla loro stessa natura e sulla società in cui vivono.
La lettura de “La banalità del male” della filosofa ebrea tedesca Hannah Arendt, offre in tal senso una preziosa contestualizzazione del contrasto che permea la tragedia greca: il totale ribaltamento dei valori operato da Adolf Hitler. L’obbedienza “per un ordine superiore”, assimilabile al nomos creonteo, si sostituì totalmente alle esigenze dettate dall’ethos, dalla morale insita in ognuno, dando luogo a un codice di “disvalori” divenuti leggi durante il regime. È stupefacente come un testo teatrale di epoca classica possa fornire una chiave di lettura di vicende a noi quasi contemporanee.10
Mentre l’Antigone, attraverso la tragedia, offre un esempio eloquente di come il teatro possa rappresentare la lotta di una minoranza contro la tirannia del potere costituito, la “Lisistrata” di Aristofane utilizza la commedia e la satira per mettere in ridicolo le dinamiche di potere e politica nella Grecia antica.
In particolare, in questa commedia, le donne di Atene e Sparta, tradizionalmente escluse dalla politica, si uniscono sotto la guida di Lisistrata per promuovere la pace ricattando soldati e leader politici attraverso la negazione del loro corpo, e sfidando l’autorità maschile.11
“Le donne stanno pianificando una ribellione. Hanno rifiutato di far sesso con i loro mariti.”
Lisistrata, Aristofane
Entrambe queste opere dimostrano il potere del teatro nell’offrire una voce alle minoranze, nella critica delle ingiustizie sociali e politiche e nell’invitare il pubblico a riflettere sulle questioni etiche e morali del loro tempo. In questo modo, il teatro diventa una forma d’arte potente e coinvolgente che può ispirare la riflessione critica e l’azione. “Le nuvole” di Aristofane, un’opera classica della commedia greca antica condivide con “Lisistrata” l’impronta di satira sociale e politica.
“Io sono Socrate, il parlar troppo, il pensatore, il vagabondo delle nuvole!”
Le Nuvole, Aristofane
In particolare, la commedia prende di mira Socrate insieme ai sofisti, rappresentando un atteggiamento tradizionalista contrario alle nuove filosofie emergenti. L’entrata in scena di Socrate è resa straordinariamente bizzarra, con il filosofo sospeso in aria in una cesta. Questa posizione simbolica gli permette di “librare la mente e il pensiero verso l’alto“, ma le sue scoperte si rivelano deludenti: Socrate e i suoi allievi appaiono come ciarlatani pericolosi che si occupano di questioni insensate e prive di importanza.12
“Socrate: Sono Nuvole del cielo, divinità potenti per chi non ha voglia di fare niente: sono loro che ci rendono capaci di pensare, di parlare, di riflettere, e di incantare e raggirare.”
Le Nuvole, Aristofane
La commedia ci invita a ridere delle idee filosofiche e ci ricorda che è importante rimanere con i piedi per terra senza cadere nella trappola del pensiero astratto, mostrando ancora una volta come il teatro funga da mezzo potentissimo di educazione e stimolazione del pensiero critico su temi sociali.
2.3 Il teatro nell’antica Roma
“Homo sum: humani nihil a me alienum puto.”
Asinaria, Plauto
La citazione “Sono un uomo: nulla di ciò che è umano mi è estraneo” riflette l’essenza del teatro latino, sottolineando come la comprensione e l’accettazione delle varie sfaccettature dell’umanità, comprese quelle presentate sul palcoscenico, sono elementi chiave presenti nelle opere teatrali latine. L’umorismo e la satira presenti nelle commedie romane, specialmente nelle opere di Plauto e Terenzio, spesso servivano a mettere in luce le ipocrisie, le contraddizioni e le debolezze umane, incoraggiando il pubblico a esaminare criticamente se stessi e la società circostante. Questo approccio crea pathos attraverso la risata che rappresenta un mezzo per stimolare consapevolezza nello spettatore.13
“Homo homini lupus.”
Asinaria, Plauto
“Amor omnia vincit.”
Eunuchus, Terenzio
Plauto, il cui stile era caratterizzato da un linguaggio vivace e colloquiale, con giochi di parole e situazioni comiche, fu spesso criticato per i toni volgari. Nonostante questo ebbe un enorme successo durante la sua vita e rimane uno dei commediografi più letti e rappresentati nell’antichità. Questa citazione riflette sia l’umorismo tipico delle commedie di Plauto, che la sua abilità nell’affrontare tematiche sociali e comportamentali attraverso il gioco delle parole e delle situazioni comiche. La combinazione di temi come l’amore, l’ebbrezza e la critica sociale è caratteristica delle opere di Plauto, che riesce a mescolare il leggero e il profondo con maestria.13
“Euclione: Sfrontatissimo essere! Aver osato presentarti a me con un simile discorso! Impudente! Se esiste un diritto che ti permette di scusare una simile azione, non ci resta che andare a rubare pubblicamente gioielli alle matrone, in pieno giorno; e se poi dovessimo essere arrestati, ci scuseremmo dicendo che l’abbiamo fatto in istato d’ebbrezza, per amore! Varrebbero troppo poco, il vino e l’amore, se l’ubriaco e l’innamorato avessero il diritto di soddisfare impunemente i loro capricci […]”.
Aulularia, Plauto
Mentre le opere di Plauto contengono critiche verso l’avidità, l’ipocrisia, la vanità e altre debolezze umane, Terenzio dimostra una sorta di compassione per i suoi personaggi, anche quando cadono nell’errore o abbracciano comportamenti moralmente discutibili. Questo suggerisce una comprensione profonda dell’umanità, riconoscendo che le persone possono sbagliare ma che meritano anche una seconda possibilità. Opere come “Andria” e “Eunuchus” di Terenzio esplorano temi come l’amore, la famiglia, la virtù e l’onestà, che l’autore propone infatti come valori fondamentali per la felicità individuale e la stabilità sociale. In questo senso, il teatro latino ci ricorda che le preoccupazioni e le aspirazioni umane sono costanti e universali, e che la commedia può essere un mezzo potente per esplorarle e condividerle con il pubblico. Questa dimensione filosofica ci invita a riflettere sulla natura umana e sulla nostra continua ricerca di comprensione e connessione con gli altri, attraverso l’empatia che il teatro stesso scatena.14
Con l’espansione dell’Impero Romano, però, i cambiamenti sociali e politici che portarono conflitti interni e instabilità ebbero un impatto negativo sul sostegno delle arti e la cultura. Questi eventi contribuirono al declino dell’interesse per il teatro come forma di espressione culturale.
2.4 Teatro Medievale: tra fede e riso
Dopo la caduta dell’Impero Romano d’Occidente, sembrava che il teatro fosse destinato a scomparire. Contrariamente alle previsioni, tuttavia, il teatro conobbe nuova vita. Inizialmente non approvato da parte della Chiesa cattolica, che lo considerava spesso immorale, il teatro trovò la forza di reinventarsi, cambiando forma e trasformandosi in dramma religioso. La stretta connessione tra il teatro medievale e la Chiesa cattolica è evidente nelle rappresentazioni sacre dei misteri e dei miracoli, che educavano il pubblico sulla fede cristiana e sulla vita di Cristo. Queste opere trasmettevano importanti insegnamenti religiosi, rafforzando così la fede e l’identità religiosa delle persone. I protagonisti delle storie incarnavano virtù e vizi, bene e male, e il protagonista spesso era l’anima umana stessa, in balia delle tentazioni del mondo terreno, alla ricerca di redenzione nell’eterno.15
“Nel buio della mia anima, ho vagato per le strade del peccato, ma ora sollevo gli occhi al cielo e chiedo pietà. La mia ricerca è quella della redenzione nell’eterno, dove spero di trovare la misericordia divina per le mie colpe.”
Anonimo
E che dire dei giullari, narratori erranti che portavano la gioia e il riso nelle corti dei signori feudali?
“Ridi quando puoi, perché tutto il mondo è folle.”
Canterbury Tales, Geoffrey Chaucer
Il teatro medievale non si ferma alla sfera religiosa. I giullari con il loro talento per il canto, la danza e la recitazione, facevano dimenticare le preoccupazioni quotidiane e trascinavano in mondi di magia e sorrisi, rappresentando una “boccata d’aria”, un momento di leggerezza e svago in una società caratterizzata da austerità e restrizioni. Nel Medioevo, la vita quotidiana era spesso dura e la società era influenzata da un forte senso di dovere religioso, rigide gerarchie sociali e una serie di norme e regole culturali. I giullari erano spesso in grado di prendere in giro le convenzioni sociali, le istituzioni religiose o i comportamenti ipocriti. Le rappresentazioni epiche e cavalleresche potevano trasportare il pubblico in mondi fantastici e romantici, offrendo una via di fuga.16
“Nelle epiche avventure della Tavola Rotonda, le lance risplendono, i draghi vengono sconfitti e l’amore cortese fiorisce tra nobili cavalieri e dame affascinanti”
Anonimo
In questo contesto si evidenzia ancora una volta la magia del teatro che perdura nei secoli, creando dimensioni terze che trasportano lo spettatore in un mondo di fantasia, facendogli dimenticare, seppure per un breve istante, delle ansie e delle preoccupazioni della vita.
2.5 Il Rinascimento
Il teatro Rinascimentale rappresenta un periodo di censura, inventiva artistica e innovazioni tecniche ed architettoniche. Con Shakespeare il teatro rinascimentale inglese è insieme rappresentazione e allegoria dell’esistenza. Il celebre drammaturgo rimane un nostro contemporaneo: se provi gelosia sei Otello, se vuoi a tutti i costi il potere sei Macbeth e così via.17
“Shakespeare non ti aiuta, non ti salva. Non ci sono precetti morali, vie da seguire, speranze a cui credere nel suo teatro. Però può essere confortante, illuminante, meraviglioso capire che, quando si ha un problema grave o ridicolo esso sia, William Shakespeare ne ha scritto in un modo che ti riguarda personalmente, trasformando quel problema in qualcosa di sublime”.
Cesare Catà
Il suo teatro ci dona la consolazione di sapere che i nostri conflitti e le nostre sfide sono stati affrontati in passato in modo straordinario. Le sue opere ci ricordano che, anche se il contesto storico può cambiare, le emozioni, i dilemmi morali e le sfide umane restano costanti. È una testimonianza della nostra continuità con il passato e del potere dell’arte di connetterci alle esperienze di chi ci ha preceduto.18
“Noi tre ci rivediamo quando?
Con tuoni, pioggia, o lampi?
A baraonda finita, a guerra persa e vinta.
Prima di notte allora.
Dove?
Sopra la steppa. Per incontrarvi Macbeth.
Brutto è il bello e bello il brutto.”
Su, per la nebbia e l’aria unta.”
Macbeth, Shakespeare
Ecco come inizia l’opera di Macbeth: tre streghe profetizzano che Macbeth diventerà re di Scozia. Incoraggiato da sua moglie, Lady Macbeth, Macbeth uccide il re Duncan e prende il trono. Tuttavia, il senso di colpa e la paranoia iniziano a tormentarlo. Per garantire il futuro della sua discendenza, Macbeth ordina di uccidere suo figlio Fleance. Il suo regno diventa oppressivo e tirannico. Lady Macbeth, che inizialmente aveva spinto Macbeth all’omicidio di Duncan, cede alla follia e si suicida. Nel frattempo, Macbeth affronta una rivolta guidata da Macduff e Malcolm. Nella battaglia finale, viene ucciso da Macduff e Malcolm diventa il nuovo re di Scozia, riportando la stabilità e la giustizia nel regno.
L’opera esplora temi come l’ambizione, la colpa, la follia e la corruzione del potere, riflettendo sulla fragilità umana e le conseguenze di scelte immorali. La caduta di Macbeth da valoroso generale a tiranno spietato è una testimonianza delle sfide morali e psicologiche che affrontano i personaggi principali.19
Cosa succede quando l’ambizione e il potere si sovrappongono al dovere morale? Quale ruolo giocano le leggi divine o i principi morali nella nostra etica personale?
Mentre l’Antigone di Sofocle difende la legge divina e la moralità contro le leggi dello stato, Macbeth viola la legge umana per raggiungere il potere. Antigone rappresenta l’archetipo della ribelle morale che difende i valori della famiglia e della religione contro l’autorità statale. Macbeth, invece, incarna la corruzione morale scaturita dalla sete di potere.
Così come in Macbeth, anche in Otello si assiste ad un profondo declino morale e psicologico del protagonista. Entrambi iniziano come individui nobili e finiscono per essere consumati da paure, gelosie e paranoia.
“Oh, sono stato un uomo felice! Ora il mio affetto per la desolazione è come il mio cuore.”
Otello, Shakespeare
Otello ha sposato Desdemona, una giovane donna di nobili origini. Il perfido Iago nutre un profondo risentimento nei confronti di Otello, e finge di essere un suo amico fidato mentre complotta segretamente contro di lui, convincendolo che Desdemona lo sta tradendo con Cassio, un altro ufficiale. Attraverso una serie di manipolazioni e inganni, Iago semina dubbi nella mente di Otello, che inizia a dubitare della fedeltà della moglie. La sua gelosia lo consuma progressivamente, portandolo alla follia e all’uccisione dell’amata. Quando la verità emerge Otello, devastato dalla scoperta della sua gelosia infondata e dall’innocenza di Desdemona, si suicida.
Il declino morale del personaggio è dato dalla gelosia profonda che, però nasce da sentimento ansioso, derivato da un’insicurezza da cui scaturisce la violenza.
Ma Otello non è solo un dramma della gelosia, ma un modo per mostrare come l’uso distorto del linguaggio può provocare nella società danni irreversibili. L’opera mette in luce il potere dell’inganno e della manipolazione verbale, rappresentato in modo emblematico dal personaggio di Iago. Iago è un maestro nell’uso distorto del linguaggio, ed è in grado di plagiare le menti degli altri personaggi attraverso la sua abilità retorica. La gelosia è solo uno strumento nelle mani di Iago, e il suo vero obiettivo è il potere e il controllo sulle vite degli altri. In questo contesto, la gelosia diventa una metafora della vulnerabilità umana all’inganno e all’uso manipolatorio del linguaggio.20 21
2.6 Il Teatro Contemporaneo: una voce in cerca di personaggi
Tra l’800 ed il ‘900, il pensiero psicoanalitico di Sigmund Freud, con la sua profonda esplorazione dell’animo umano, divenne un punto di partenza per una riflessione sul rapporto tra “io” ed individuo. In questo contesto Luigi Pirandello si affermò come uno dei massimi esponenti della letteratura e del teatro che esplorarono le complesse dinamiche dell’io individuale.22
Chi siamo veramente? Qual è il nostro ruolo nel grande dramma della vita? Cosa significa essere autentici in un mondo in cui spesso indossiamo maschere per adattarci alle aspettative sociali?
“L’io è questo mostro che cresce dentro di noi. La vita è un grande teatro, un teatro di maschere.”
Pirandello
La “maschera” è quell’espediente che permette di celare allo sguardo estraneo e al proprio io la propria natura più intima e profonda. Pertanto, l’individuo può essere Uno, nessuno e centomila.
Nelle opere di Pirandello, ci troviamo di fronte a personaggi che cercano la verità, non solo sulla realtà che li circonda, ma anche su se stessi. Attraverso il “teatro nel teatro”, Pirandello ci mette di fronte al paradosso della nostra esistenza, alla natura sfuggente e mutevole della realtà stessa. Il confine tra la vita reale e il mondo immaginario dell’opera sembra dissolversi in una zona liminale, in cui gli attori vivono la propria vita e recitano nello stesso tempo le parti di una commedia. Il genio di Pirandello risiede nel far divenire il palcoscenico il luogo in cui assistere allo smascheramento e in cui conoscere se stessi, la propria individualità, la propria anima, confrontandosi con la propria maschera e scoprendo il proprio volto. Il teatro diventa il luogo della possibilità: nell’atto stesso in cui un attore interpreta un personaggio, abita attraverso quel ruolo parti di sé che nella vita di tutti i giorni esplora raramente.10
Il paradosso pirandelliano rivive nel film “La stranezza” di Andò nella storia all’apparenza semplice. Nel film Pirandello in crisi creativa torna nell’Agrigento natia e, grazie all’incontro con due becchini Bastiano e Onofrio, rispettivamente attore e autore di teatro dilettantistico, si sblocca e scrive Sei personaggi in cerca di autore. Questa rappresentazione fu inizialmente criticata perché sfondava la “quarta parete“, ovvero la barriera tra gli spettatori e gli attori, mescolando le linee tra realtà e finzione. Ci volle del tempo per comprendere la rivoluzione “copernicana” nel teatro di Pirandello. L’antefatto di Sei personaggi in cerca d’autore descrive l’arrivo di sei personaggi (il Padre, la Madre, la Figliastra, il Figlio, il Giovinetto e la Bambina) i quali irrompendo sul palcoscenico, già popolato dagli Attori, chiedono al Capocomico di dare loro vita artistica e di mettere in scena il loro dramma. Dopo molte resistenze la compagnia acconsente alla richiesta e i personaggi raccontano agli attori la loro storia perché possano rappresentarla. Tra gli attori e i Personaggi si apre ben presto un contrasto insanabile. Gli attori, nonostante gli sforzi, non riescono a rappresentare il dramma reale dei Personaggi, i loro sentimenti fondamentali, il vero essere di ciascuno e sulla scena tutto appare falso.23
“Siamo così fortemente appigliati alla nostra realtà da non ammettere che in noi la realtà potrebbe essere soltanto una delle tante.”
Il dubbio che Pirandello pone è: i Sei personaggi sono persone reali che interrompono con petulanza lo spettacolo, a sua volta contenitore di uno spettacolo in preparazione o personaggi previsti dal copione? Cos’è vero e che cos’è falso? Dove inizia la persona e dove il personaggio? Dove il previsto fittizio e dove l’imprevisto proveniente dalla realtà? Pirandello, con la sua opera narrativa e drammatica, ci ha mostrato che viviamo solo attraverso le forme che assumiamo, viviamo solo in quanto personaggi, ma, facendoci forme e facendoci personaggi, perdiamo la nostra vita perché la costringiamo, ne ritagliamo i confini, la imbrigliamo soffocando le altre possibilità.
Ė il continuo gioco di finzione e realtà, l’interscambio dei ruoli, il volgersi della tragedia in commedia, che rende il teatro pirandelliano un affascinante paradigma della vita umana.24
2.7 Il Teatro dell’assurdo
“Oggi non verrà, ma verrà domani”
Aspettando Godot, Beckett
Ecco come esordisce uno dei personaggi di “Aspettando Godot” di Beckett che viene mandato ad avvisare Vladimir ed Estragon, due uomini seduti su una panchina che aspettano un certo “Signor Godot”. Nell’attesa che ogni giorno si rivela delusa, i due uomini si lamentano del freddo, della fame, della vita. Arrivano perfino a pensare di suicidarsi, ma alla fine non riescono a fare a meno di restare lì, ancorati alla panchina e l’uno all’altro, in attesa che Godot si faccia finalmente vedere.
Estragon: “Aspetta, che cosa facciamo ora, ora che aspettiamo?”
Vladimir: “Aspettiamo.”
Con Aspettando Godot, nel 1952 Beckett costruisce una riflessione sull’insensatezza della vita umana e sulla frustrazione data dal continuo e fallimentare tentativo di muoversi, cambiare se stessi e quello che ci circonda. Samuel Becket fu influenzato dalle opere psicologiche di Pirandello e stregato dalla psicanalisi di Freud, la sua celeberrima opera teatrale è fra le più emblematiche del teatro dell’assurdo: in essa il dramma costruito intorno alle condizioni dell’attesa viene messo a nudo e analizzato in tutte le sue forme e collocato in un’atmosfera in cui il tempo si dilata fino all’inverosimile e il linguaggio perde qualunque efficacia comunicativa. Il collegamento principale tra Sei personaggi in cerca d’autore e Aspettando Godot è l’assurdità dell’esistenza umana. Qui, si assiste a una continua ripetizione di frasi stereotipate e a una vita che si riempie di vuoti, culminando in un vuoto esistenziale che non riesce a cogliere il senso della realtà.25
È proprio nel periodo storico di Beckett, in cui le convenzioni e le certezze tradizionali stavano crollando, che emerge una forma di teatro che tenta di superare l’alienazione esistenziale dell’individuo attraverso una nuova forma artistica, che ricordava il teatro catartico di Aristotele: lo psicodramma. Ideato a Vienna negli anni venti del XX secolo dallo psichiatra romeno Jacob Levi Moreno, e sviluppatosi dal 1925 negli Stati Uniti, dal territorio d’oltreoceano si diffuse poi in tutto il mondo, grazie all’attività di studio di psicologi, sociologi e psichiatri al Moreno Institute di Beacon nello Stato di New York. Lo psicodramma viene generalmente condotto in un setting gruppale, dove un partecipante assume il ruolo di protagonista, e accetta di lavorare su vissuti e conflitti personali con l’aiuto del gruppo. La recitazione con Jacob Levy Moreno evolve così in arteterapia: l’integrazione tra teatro e psicologia emerge come nuova musa curativa per ansia, stress e disagi quotidiani.26
Successivamente comparirà anche il modello terapeutico della drammaterapia di Robert Landy, il “modello del ruolo” (1999), che vede l’individuo interpretare una serie di ruoli, sia familiari che sociali, tratti dalla propria esperienza di vita. La drammaterapia mira a promuovere la consapevolezza, la crescita personale e il benessere emotivo. Durante il lavoro teatrale, l’attore si muove continuamente dentro e fuori dal ruolo, navigando tra tempo reale e tempo immaginario, dalla realtà ordinaria a quella teatrale. Secondo Landy, l’attore non diventa i personaggi che sta interpretando, ma la loro interpretazione diventa un mezzo per esplorare le proprie esperienze e drammi personali e la propria identità.27
Moreno e Landy sono coloro che hanno portato alla fusione tra psicologia ed arte teatrale, pratica che in generale prende il nome di teatroterapia. Questo è uno strumento di cura e crescita personale basato sul teatro, in particolare sulla messa in scena del Sé e dei propri vissuti. Questo approccio trova applicazione in contesti clinici, sociali ed educativi, dati i benefici che apporta, che si possono trovare elencati nel paragrafo successivo.
3. Comprensioni dei possibili benefici
3.1 Il teatro
Andare a teatro è un’esperienza che va ben oltre la semplice visione di uno spettacolo: è un viaggio coinvolgente nei meandri dell’arte e della cultura, con benefici tangibili che non si limitano al momento della rappresentazione. Il teatro è una forma di intrattenimento senza pari: la magia delle luci, la potenza delle performance dal vivo e la bellezza della scenografia creano un’atmosfera unica.
In primo luogo, sedersi in un auditorium, condividendo la stessa esperienza emotiva con gli altri spettatori, tra i silenzi, l’ascolto, le risate e le lacrime, crea un senso di connessione umana, comunità e appartenenza.
Inoltre, le storie rappresentate sul palco affrontano temi universali, e attraverso l’incanto della recitazione, la platea è invitata a camminare nei panni di personaggi che potrebbero essere anche molto diversi tra loro e distanti dagli spettatori, aprendo le porte a nuove prospettive e stimolando la capacità di pensiero critico e riflessione profonda negli ultimi. Gli spettacoli spesso presentano situazioni complesse, moralmente ambigue o controversi, sfidando l’audience a interrogarsi sulle proprie convinzioni e ad affrontare questioni importanti.
In conclusione, andare a teatro è un’esperienza arricchente che nutre la nostra anima, connette le nostre storie e ci invita a contemplare il vasto spettro dell’esperienza umana.28 29
“Il teatro è un’esperienza totale che coinvolge mente, corpo e anima. Ti lascia pensieroso, ispirato e con una nuova prospettiva sulla vita.”
Arthur Miller
3.2 La teatro terapia
Nel contesto dello psicodramma Moreniano, il paziente recita, guidato da uno psicoterapeuta, un’azione scenica con particolare riferimento alla sua storia personale, con l’obiettivo di esplorare e risolvere conflitti emotivi attraverso l’azione e l’espressione creativa.
Drammatizzare vuol dire dar vita a una scena, ad un’emozione sul palco, ma questo serve in realtà per sdrammatizzare, affrontare ciò che una persona vive e tirarlo fuori da sé in modo giocoso. Trasformando le esperienze in qualcosa di diverso da sé, si ridimensionano, contestualizzano e la vita viene resa più leggera e gestibile.
Nella teatroterapia, al contrario, l’attore si prepara al lavoro attoriale attraverso esercizi pre-espressivi derivati dall’antropologia teatrale, distanti dalla sua vita reale. Nel contesto dello psicodramma, si affronta immediatamente e in modo deciso il nucleo della nevrosi o psicosi, mentre nella teatroterapia, la mediazione artistica consente un percorso più graduale, più dolce. La teatroterapia è una nuova musa della cura ispirata all’arte del teatro, che trova applicazione in contesti clinici, sociali ed educativi.30 31 32
“Il teatro, grazie alla tecnica dell’attore, quest’arte in cui un organismo vivo lotta per motivi superiori, presenta una occasione di quel che potremmo definire integrazione, il rifiuto delle maschere, il palesamento della vera essenza: una totalita’ di reazioni fisico-mentali. Questa possibilita’ deve essere utilizzata in maniera disciplinata, con una piena consapevolezza delle responsabilita’ che essa implica. È in questo che possiamo scorgere la funzione terapeutica del teatro per l’umanita’ nella civilta’ attuale”
Grotowski
All’interno del gruppo di teatroterapia, i partecipanti sono guidati nell’interpretazione principalmente improvvisata di personaggi, che agisce come fonte inesauribile di stranezze inconsce.
Durante il percorso terapeutico, l’attore si dedica a liberarsi delle proprie resistenze, impegnandosi in esercizi espressivi, tecniche artistiche e sviluppando gradualmente una presenza consapevole del proprio corpo nello spazio, della propria voce e delle proprie emozioni. Gli esercizi espressivi culminano in una fase post-espressiva che coinvolge l’analisi dei vissuti emersi. Un ruolo chiave è giocato proprio dalla fase di analisi emotiva, in cui la dimensione di gruppo consente la riflessione sulle esperienze condivise, agevolando il riconoscimento delle proprie emozioni e il confronto reciproco.31 33
Durante i percorsi di teatro spesso oltre che esercizi di improvvisazione, vengono anche assegnati dei ruoli. Ci si può quindi trovare ad affrontare la sfida di dover interpretare personaggi con valori distanti dai propri. Anche in questo senso gli attori si trovano a dover combattere con i propri limiti, a lavorare sull’accettazione, sull’ampliamento dei propri orizzonti e sull’equilibrio. Possiamo infatti pensare alla nostra vita come un’insieme di ombre e luci. Nelle ombre releghiamo tutto ciò che è ostile, i disvalori. Ci sono alcuni momenti nella vita di ognuno in cui le ombre possono superare le luci in dimensioni, periodi in cui i disvalori sono più che i valori che contraddistinguono il singolo.
Il teatro, con il supporto di registi e teatroterapeuti, può agire come una fonte di luce, illuminando quegli aspetti oscuri e contribuendo a riequilibrare valori e disvalori.
Il teatroterapeuta assume il ruolo di guida del singolo e del gruppo, guidandolo e indirizzandolo costantemente in processi di crescita personale attraverso narrative collettive.
Tipicamente, gli impatti delle sessioni di gruppo continuano a generare un dialogo interiore sul singolo, anche oltre la sessione stessa. Questo perché gli stimoli ricevuti diventano parte di un’esperienza profonda che la persona può parzialmente incorporare nella sua quotidianità.
“Fare teatro è come entrare in una palestra per l’anima. Ti allena a esplorare emozioni, a comprendere gli altri e a scoprire parti di te che non conoscevi.”
Peter Brook
Secondo Eugenio Barba, uno dei più importanti registi-pedagoghi del Novecento, il teatro è “Il Luogo Dei Possibili”. Infatti, il teatro offre un ampio ventaglio di scelte, di possibilità: sul palcoscenico, si può diventare un re, una regina, mutare sesso, trasformarsi in uno straccione o in un principe, rappresentare un’idea. All’interno dell’arte teatrale inoltre, sono racchiuse tutte le altre arti: danza, musica, scrittura, arti figurative… in un contesto laboratoriale ben strutturato gli attori sono inseriti in tutte queste attività. La libertà di scelta offerta dal teatro è terapeutica, inserita in un contesto sicuro e protetto, guidato da esperti operatori teatrali: non esiste un unico modo per rappresentare un personaggio, ridere, piangere o manifestare un’emozione. Tramite il teatro ognuno può farlo scegliendo liberamente il proprio canale d’espressione preferito.34
Infatti, noi siamo esseri diversi e poliedrici: la nostra identità è indefinita e multipla, proprio come avviene nello spazio d’azione teatrale. L’io si viene a formare soprattutto nei processi d’identificazione ed assomiglia ad un gran teatro con tanti copioni e tantissimi personaggi che, a volte, si parlano addosso, a volte litigano, a volte si capiscono.
Nel contesto della teatroterapia, questi personaggi hanno l’opportunità di essere espressi e interpretati attraverso il gioco del “facciamo finta che“.
Questo offre un’inestimabile riflessione sull’uomo concreto e sulla sua sfida nel conciliare mente e corpo, fenomeni percettivi e processi creativi, spontaneità e controllo, originalità creativa e convenzioni culturali, molteplicità di copioni e unicità di personalità.35
3.3 I benefici della teatroterapia nel corso della vita
L’innovativa musa curativa del teatro può accompagnare la crescita personale dall’infanzia, all’adolescenza, all’età adulta e nell’anzianità, offrendo benefici adatti per ogni età.
Ogni bambino ha bisogno di essere guidato nella scoperta del proprio valore personale. La Teatroterapia, insieme alla pedagogia condividono obiettivi simili, concentrandosi entrambe sulla persona e sullo sviluppo delle sue potenzialità. La principale differenza sta nel fatto che la Teatroterapia cerca di raggiungere questo obiettivo attraverso lo sviluppo della creatività personale, evitando l’assunzione di comportamenti standardizzati o imitativi, e cercando di contrastare la tendenza alla passività.
I bambini agiscono come attori senza rendersene conto, poiché il loro gioco di finzione è spontaneo: si immergono facilmente nei ruoli di personaggi diversi da loro stessi e gli danno vita con autenticità.
Nelle scuole, i bambini diventano veri artisti del palcoscenico durante le recite, rappresentazioni teatrali che si svolgono in diverse occasioni durante l’anno, come a Natale o alla fine dell’anno scolastico. Le insegnanti, trasformate in talentuose registe, orchestrano l’intero spettacolo, assegnando ruoli, creando scenografie e guidando i giovani attori nel loro percorso teatrale. I bambini, avvolti nella magia dell’arte scenica, si immergono nei loro personaggi assegnati, mentre famiglie e genitori diventano l’entusiasta pubblico di questa performance.
Dietro le quinte, prove, costanza e disciplina alimentano la magia, regalando ai bambini non solo spettacoli da ricordare, ma anche lezioni preziose sul lavoro di squadra, le interazioni sociali e il coraggio di esporsi con fierezza e sicurezza davanti a un pubblico. Inoltre, tramite l’attività teatrale i bambini imparano a riconoscere e distinguere le emozioni. Ciò permette loro di gestirle in modo più efficace. Tutte queste sono preziose gemme per illuminare il futuro dei bambini che abbracciano l’arte del teatro, da adulti.31 36
Negli adolescenti la teatroterapia può anche essere considerata uno strumento per affrontare crisi personali, ansie e le inevitabili contraddizioni tipiche della fase di crescita.31 37
In fase adulta, questa forma di terapia è aperta a chiunque desideri esplorare se stesso all’interno di un contesto di gruppo basato su improvvisazione, giochi, danza, musica e creatività. La teatroterapia aiuta chiunque la abbracci ad affrontare ostacoli come la timidezza e la resistenza ad esprimersi e a migliorare l’adattabilità mentale, la consapevolezza del proprio corpo e le abilità sociali. Recitare inoltre aumenta senza dubbio l’empatia. Infatti, impersonare qualcun altro richiede di studiare e comprendere la personalità dell’altro individuo, vedere il mondo attraverso i suoi occhi, immergendosi nella sua mentalità e comprendendo i suoi pensieri.38 39 40 31
Inoltre, anche se si impersona un personaggio del passato remoto o del futuro lontano, l’azione si svolge nel momento presente e nel luogo in cui ci si trova, nel “qui ed ora”. In questo senso il teatro favorisce la concentrazione aiutando a focalizzarsi completamente sull’attività in corso, e tiene allenata la memoria.
Dunque, la Teatroterapia consente di raggiungere un maggiore benessere e rilassatezza, attraverso la liberazione delle tensioni emotive, la gestione delle tensioni personali e relazionali e lo sviluppo dell’autostima, portando ad un generale miglioramento della qualità della vita.31
Negli anziani la partecipazione a sessioni di teatroterapia può promuovere il benessere emotivo e offre loro un senso di realizzazione personale. Le attività teatrali di gruppo favoriscono inoltre l’interazione sociale, aiutando gli anziani a costruire legami con gli altri partecipanti e a combattere l’isolamento. Gli esercizi teatrali possono coinvolgere movimento fisico, contribuendo alla salute e alla flessibilità del corpo, e memoria, attenzione e concentrazione, contribuendo a preservare queste funzioni negli anziani.
Infine, la componente ludica della teatroterapia può portare a risate e momenti di gioia, migliorando l’umore e la prospettiva di vita.31 41
4. Ricerca evidenze scientifiche
Empatia e Pro-socialità. Alcuni studi pubblicati sul “Journal of Experimental Social Psychology” indicano che la partecipazione ad uno spettacolo teatrale possa svolgere una funzione che supera l’ambito del mero intrattenimento, influendo sull’empatia e sul comportamento pro-sociale. I ricercatori hanno condotto tre ricerche sul campo, somministrando sondaggi a membri del pubblico (1622) scelti casualmente prima e dopo la visione degli spettacoli. Dopo aver assistito agli spettacoli, le persone hanno riferito di aver sviluppato una maggiore empatia nei confronti dei gruppi rappresentati nelle opere teatrali. Inoltre, le loro opinioni si sono allineate maggiormente con le tematiche socio-politiche presentate negli spettacoli, e hanno dimostrato una maggiore propensione a effettuare donazioni a enti di beneficenza, sia correlati agli spettacoli che esterni.42 43
Salute mentale. Numerosi sono gli studi presenti in letteratura che trattano l’effetto benefico della teatro-terapia nel campo della salute mentale, coprendo una vasta gamma di disturbi psichici, tipologie di pazienti e contesti sanitari.
In uno studio pubblicato su “Psychology of Aesthetics, Creativity, and the Arts” e nato dalla collaborazione delle Università di New York, Haifa ed Amsterdam, è stato analizzato l’effetto medio complessivo delle terapie basate sul teatro (in particolare psicodramma e drammaterapia) sulla salute mentale, sia in termini psicologici che comportamentali. è stata quindi eseguita una meta-analisi multilivello contenente 30 studi controllati e 1.567 partecipanti. I risultati suggeriscono che lo psicodramma di gruppo e la drammaterapia sono efficaci nel contribuire alla salute mentale dei pazienti, con effetti complessivi simili a quelli mostrati in altre psicoterapie. Non è stata inoltre riscontrata alcuna differenza statisticamente significativa tra lo psicodramma e la drammaterapia per quanto riguarda l’efficacia del trattamento.44
La University of Malaya e la Shandong University hanno eseguito una meta-analisi per valutare un eventuale impatto positivo del teatro sulla salute mentale durante e dopo la pandemia di COVID-19, che ha provocato un incremento dei disturbi da ansia, depressione, stress post-traumatico e difficoltà cognitivo-funzionali nella popolazione mondiale. Nell’analisi finale sono stati inclusi 25 studi che hanno coinvolto 797 partecipanti di vari continenti quali Asia, Medio Oriente, Europa e America. Lo studio ha rivelato che gli interventi basati sul teatro hanno il potenziale per migliorare la salute mentale, come per i disturbi legati al trauma e per la depressione, ed il benessere psicologico, riducendo i livelli di ansia, aumentando l’autostima e le capacità comunicative.45
Epilessia. Molti interventi non farmacologici possono essere utilizzati per alleviare i sintomi psichiatrici, come paura, ansia e depressione nelle persone con epilessia. La University of Thrace ha reclutato 15 pazienti affetti da epilessia provenienti dalla regione della Tracia, in Grecia, in un programma di terapia occupazionale con attività teatrali (OTDA) di 3 mesi, incentrato sul sollievo dei sintomi dell’ansia e sull’autoregolazione. La qualità della vita di ciascun paziente è stata misurata utilizzando i punteggi medi del Quality of Life in Epilepsy Inventory. Sono stati osservati miglioramenti statisticamente significativi nella paura di avere una crisi epilettica, nel benessere emotivo e nella qualità generale, nelle energie ed infine nel punteggio QOLIE totale.46
Parkinson. Un gruppo di ricerca sperimentale tutto italiano, nato dalla collaborazione dell’Istituto Neurologico Mediterraneo “Neuromed” di Pozzilli, dell’Università La Sapienza di Roma e di PARKIN-ZONE onlus di Roma, dal 2004 ad oggi si è occupato di studiare gli effetti del teatro attivo come valido intervento complementare ai farmaci per il trattamento del Parkinson, dimostrando un significativo miglioramento del benessere dei pazienti-teatranti (12) rispetto a quelli sottoposti a fisioterapia convenzionale (12). Anche se i disagi fisici non riscontrano un miglioramento, i soggetti dell’esperimento hanno dichiarato che i loro sentimenti riguardo alla loro malattia e alla sua evoluzione erano così positivi che non avrebbero più potuto fermare la loro formazione teatrale.47
Alzheimer. Nel Centro Diurno Italian Hospital Group di Guidonia a Roma è in corso ormai da anni un percorso riabilitativo di tipo teatrale per pazienti affetti da malattia di Alzheimer ed altre forme di demenza. Il risultato emerso dall’esperienza del progetto “Teatro Dimenticato” conferma che l’intervento non farmacologico può rappresentare davvero un’arma vincente e promettente nel migliorare, o quantomeno nello stabilizzare, il quadro cognitivo comportamentale, motorio e l’aspetto socio-emotivo nelle persone con Demenza di Alzheimer di grado lieve e moderato.48
La University of Western Sydney ha condotto uno studio pilota di quattro mesi su un gruppo di 13 anziani, principalmente affetti da malattia di Alzheimer, che vivevano in una comunità della costa orientale australiana. Il gruppo di drammaturgia è stato confrontato con un gruppo di controllo che si era limitato alla visione di un film. Tutti i partecipanti sono stati valutati per la QoL utilizzando la scala quantitativa Quality of Life Alzheimer’s Disease (QoL-AD), prima e dopo i 16 incontri di gruppo. Sebbene non fosse statisticamente significativo, il punteggio medio QoL-AD è aumentato per il gruppo di drammaturgia mentre è diminuito per il gruppo di controllo (film). I risultati qualitativi hanno stabilito un’inequivocabile capacità dei partecipanti di esprimere idee e sentimenti attraverso la drammaterapia, nonché una scoperta della consapevolezza cosciente del proprio benessere e quindi un aumento della qualità di vita.49
5. Limiti delle evidenze scientifiche
Sebbene il suo potenziale curativo fu intuito già dai tempi dell’Antica Grecia e negli anni siano state elaborate numerose evidenze a sostegno dei benefici indotti dalla teatroterapia, ci sono aspetti che non possono essere trascurati e che ne costituiscono dei limiti.
Un limite è rappresentato dal fatto che la terapia si mostra efficace se c’è partecipazione attiva e collaborazione da parte del paziente, diversamente non si riesce a trarne lo stesso beneficio.
Altro aspetto da considerare è la compatibilità del paziente con il teatroterapeuta che lo segue.
Va anche posta particolare attenzione al rischio di interpretazione personale dei dati oggigiorno disponibili. Infatti, nella maggior parte degli studi effettuati su pazienti trattati con teatroterapia i dati vengono raccolti per mezzo di interviste registrate e poi trascritte, e sottoposte a giudizio soggettivo degli intervistatori.
La scarsa presenza di prove scientifiche solide e revisioni sistematiche ampie, limita l’accettazione della teatroterapia in alcuni ambiti medici ed accademici.
Ulteriori ricerche sarebbero dunque auspicabili per valutarne i benefici in termini di salute pubblica, ma anche sotto l’aspetto sociale ed economico che l’utilizzo di pratiche teatrali potrebbe apportare alla popolazione.
Affinché si possa godere dei benefici dell’arte teatrale è necessario essere predisposti a recepirli attivamente, non concentrandosi sulla propria apparenza ma su ciò che lo spettacolo ha da offrire.
La predisposizione a godersi un’esperienza teatrale, infatti, può influenzare notevolmente la percezione e l’apprezzamento dello spettacolo. Essere aperti all’arte e alla narrativa può arricchire l’esperienza teatrale, consentendo di cogliere meglio le sfumature e le emozioni che gli attori cercano di comunicare.
L’attenzione rivolta all’abito scelto per andare a teatro può essere considerata parte dell’esperienza complessiva, poiché molte persone lo vedono come un’occasione per presentarsi in modo elegante e rispettoso, tuttavia, è importante ricordare che l’essenza della visita al teatro risiede nell’esperienza artistica e narrativa, e non solo nell’aspetto esteriore.
A volte, invece, l’attenzione sproporzionata sulle questioni esteriori può oscurare l’essenza stessa dello spettacolo teatrale. È importante, però, ricordare che l’arte e la narrativa sono il fulcro di queste esperienze, e dovrebbero essere il punto focale nella discussione pubblica. Concentrarsi sulle prestazioni e sui messaggi dell’opera può aiutare a mantenere viva l’integrità artistica della produzione teatrale.
Ma allora perché oggi solo un ristretto numero di persone praticano teatroterapia? E perché il teatro non fa più parte della nostra vita quotidiana?
Le ragioni sono da ricercare in una serie di cambiamenti storici, culturali, tecnologici e sociali.
Nel sedicesimo secolo, durante il rinascimento, maturarono nuove idee filosofiche che portarono l’uomo ad un radicale mutamento del suo modo di ragionare. Vennero soppiantati i dogmi aristotelici a favore di nuove correnti di pensiero. Nacque la rivoluzione scientifica.50
A partire da questo momento si lasciò sempre meno spazio all’emotività a favore di una visione scientifica, segnando una trasformazione significativa nella concezione della cura. In questo contesto, anche le iniziali intuizioni di illustri personaggi storici come Ippocrate o Aristotele sul potere curativo del teatro hanno progressivamente perso rilevanza a favore di una visione più razionale del modo di intendere la cura, la quale divenne quasi esclusivamente “cura farmacologica”. Ideologia sempre più sostenuta dalle nascenti case farmaceutiche.
Oggigiorno però, stiamo assistendo ad una rinnovata attenzione della collettività sulla naturalità dei farmaci, e la ricerca di trattamenti alternativi a questi ultimi. È importante sottolineare che, da sola, la teatroterapia potrebbe non essere sufficiente per affrontare disturbi mentali o problemi emotivi complessi, e in questi casi dovrebbe essere integrata con altre forme di psicoterapia, o talvolta farmacologiche. Tuttavia, escludendo i casi più gravi, è evidente un eccessivo ricorso ai farmaci, anche per trattare disturbi ansiolitici o periodi depressivi più lievi. In queste situazioni, spesso potrebbe bastare una semplice sessione teatrale per alleviare lo stato d’ansia, migliorare l’umore e promuovere il benessere generale.
Ė per questo motivo che bisognerebbe investire maggiormente su tale pratica.
Anche nel suo ruolo d’intrattenimento, non possiamo dire che il teatro sia stato completamente sostituito dal cinema, ma quest’ultimo ha sicuramente assunto un ruolo predominante nella narrazione visiva. Il motivo è da ricercare nel fatto che il cinema abbia reso l’esperienza visiva e narrativa più accessibile a un pubblico più ampio, tramite la possibilità di replicarla quando e dove lo si desidera, senza la necessità di rappresentazioni dal vivo.
Inoltre, gli sviluppi dell’immagine e del suono, gli effetti speciali, e altri progressi tecnologici hanno contribuito a creare esperienze visive più immersive rispetto al teatro.
Nonostante il successo del cinema però, l’arte teatrale continua ad avere il suo posto e la sua importanza. L’esperienza dal vivo che offre il teatro infatti, il contatto diretto con gli attori, la magia dell’emozione tangibile che volteggia tra palcoscenico e platea, è insostituibile ed immortale. Continua quindi ad essere una forma d’arte irripetibile e vitale che merita di essere preservata e promossa per le sue molteplici qualità ed effetti positivi sulla salute mentale e il benessere emotivo.
“Il Teatro è in 3D da sempre.”
Fabrizio Caruso
6. Individuazione ambiti di applicazione e nuove proposte
6.1 Applicazioni esistenti
Oggigiorno la teatroterapia trova applicazione in diversi ambiti, offrendo un approccio terapeutico creativo e coinvolgente. In questo capitolo si trovano alcuni dei principali ambiti di applicazione di questa speciale tecnica teatrale.31 Il teatro, seppur in diverse forme, sta acquistando popolarità negli ospedali, attraverso i cosplayer: individui che impersonificano personaggi reali o immaginari come Cenerentola o Batman. Si recano nei reparti di pediatria ed intrattengono i bambini, realizzando il loro sogno nell’incontro con il proprio eroe o la propria eroina, dando sollievo a loro e alle famiglie. Anche la clownterapia, che utilizza giochi di prestigio, recite e canti, dona un sorriso ai bambini ricoverati.
Questa terapia è estesa anche alle case di riposo, dimostrando il potere del teatro nell’apportare gioia e conforto in diverse situazioni.
Vestirsi da un personaggio o da qualcosa di completamente diverso lo ritroviamo anche in feste quali Halloween e Carnevale che permettono alle persone di sfuggire alla loro routine quotidiana e alla realtà per un po’. Questo può essere liberatorio e divertente, offrendo l’opportunità di esprimere la creatività e l’immaginazione attraverso il travestimento. Queste festività inoltre spesso coinvolgono la partecipazione di intere comunità, e attraverso il costume si sviluppa un senso di appartenenza e di condivisione tra le persone, specialmente quando partecipano a parate o a feste di gruppo, permettendo nel contempo di rivivere epoche e tradizioni passate.
In contesti di riabilitazione, la teatroterapia è ampiamente utilizzata con gruppi come detenuti, tossicodipendenti, persone affette da disturbi psichici e individui con disabilità fisiche o cognitive. In queste situazioni, il teatro terapeutico supporta l’accettazione di sé e la reintegrazione sociale, riportando il soggetto in contatto con la spontaneità.
Nelle carceri, l’obiettivo dell’attività è far riflettere sulle azioni e sulle motivazioni che hanno portato i detenuti a compiere commettere reato. La teatroterapia in questo contesto mira a trasformare l’esperienza drammatica della reclusione in un’opportunità di crescita personale, con l’obiettivo di preparare l’individuo per un ritorno positivo nella società dopo il periodo di detenzione. Questo intervento è fondamentale nel ridurre la probabilità di recidiva comportamentale.
Nel contesto delle dipendenze, che possono riguardare una vasta gamma di comportamenti d’assuefazione a sostanze come droghe, alcool, cibo, gioco, relazioni, lavoro e altro, la teatroterapia si presenta come un valido strumento per facilitare la condivisione delle proprie esperienze all’interno di un gruppo ed elaborarle. Inoltre questa attività diventa un elemento di gratificazione alternativa all’oggetto della dipendenza. In questo modo, la teatroterapia può svolgere un ruolo significativo nel supportare il percorso di recupero dalle dipendenze.
Nell’ambito della salute mentale la teatroterapia è spesso utilizzata per affrontare disturbi mentali come l’ansia, la depressione, il disturbo da stress post-traumatico ed è utile anche per i soggetti schizofrenici. Attraverso la pratica delle attività teatrali i partecipanti migliorano la loro espressività e le loro interazioni sociali, aumentano la comprensione della realtà e la consapevolezza delle proprie risorse e resilienza.51
“Un manicomio è una rappresentazione totale del male nel mondo.”
Con questa citazione, Franco Basaglia, noto per la sua lotta per la riforma della salute mentale e il suo lavoro per chiudere i manicomi in Italia, pone l’accento sull’importanza di trovare soluzioni alternative ai manicomi. Nella riforma della salute mentale, Basaglia ha promosso il concetto di deistituzionalizzazione, spostando l’attenzione dal ricovero in manicomio alla cura e al supporto comunitario. Questo approccio ha favorito l’integrazione sociale dei pazienti affetti da disturbi mentali, contribuendo a ridurre lo stigma associato alla malattia mentale e a promuovere un trattamento più umano.
“Di fronte a una persona disturbata ci si chiede: di che tipo di follia soffre? Di una nevrosi o di una psicosi? Nel caso di una psicosi, quale tipo? Se è schizofrenia, quale sottospecie? Indaghiamo per capire se i sintomi psichiatrici sono legati a qualche anomalia cerebrale. In realtà non esistono criteri diagnostici inoppugnabili. Ma evidentemente non basta che il cervello funzioni perché gli atti delle persone siano sensati ed adeguati.Con la teatroterapia, come con la musicoterapia e l’arteterapia, cerchiamo di intervenire sulla parte sana della persona. Il nostro compito è di rafforzare ritualità soggettive, rendendole patrimonio condivisibile nel gruppo, anche nel caso siano sintomi psicotici, nella convinzione che il sintomo è quasi sempre positivo in quanto manifestazione di vitalità e quindi di possibile scambio performativo”.
Intervista a Walter Orioli, teatroterapeuta
Per individui affetti da disabilità fisiche o cognitive (come chi soffre di condizioni neurodegenerative -principalmente Parkinson e demenza- e chi soffre di condizioni neuroevolutive -per lo più autismo e disabilità intellettiva-), la teatroterapia valorizza le abilità di ciascun individuo e può rappresentare un prezioso canale espressivo e di interazione con gli altri.
Francesco è un ragazzo nello spettro dell’autismo che da anni partecipa a laboratori teatrali. Questa risorsa così speciale per noi, si è offerta volentieri di essere intervistata per raccontarci cosa sia per lui la Teatroterapia:
Intervista a Francesco, ragazzo di 19 anni che pratica teatro.
Ciao Francesco, come stai? Ti va di rispondere a qualche domanda sul teatro?
Sto bene e tu? Certamente!
Stiamo bene anche noi, grazie! Iniziamo con qualche domanda per rompere il ghiaccio..quanti anni hai?
Ne ho 19
Da quanti anni fai teatro?
Da quando sono alle medie
Chi partecipa alle attività di teatro?
Io, i miei compagni, i volontari e i registi
Qual è il tuo esercizio preferito?
Mi piace quando balliamo e improvvisiamo tutti insieme
Come ti senti quando fai teatro?
Per me il teatro è felicità, amore, stare in compagnia, e state con gli amici. Mi rende una persona felice, mi rende un attore importante, anzi importantissimo, e mi piace stare con i miei compagni.
Questa preziosa testimonianza ci mostra come una persona nello spettro dell’autismo, che tende normalmente a seguire schemi prestabiliti, possa attraverso il teatro scoprire il lato inaspettato dell’improvvisazione e spezzare le catene dei comportamenti ripetitivi, aprendo le porte alla creatività e all’interazione, godendosi un’esperienza creativa e spontanea. In un mondo in cui le barriere sociali possono sembrare insormontabili, le persone con questa o altre disabilità, possono sentirsi spesso emarginate o avere difficoltà a comprendere e partecipare alle dinamiche sociali tradizionali. Il teatro può creare un senso di comunità e appartenenza che respinge l’isolamento sociale.
Tuttavia, non è necessario essere affetti da patologie, disabilità o difficoltà relazionali per intraprendere un percorso di Teatroterapia. Per questo sempre più spesso questa pratica sta prendendo piede per trattare ansia, stress e disagi quotidiani, anche nel mondo delle aziende. Il Teatro Aziendale, ampiamente praticato in Francia e Inghilterra, sta guadagnando popolarità anche in Italia. In questo contesto, la Teatroterapia mira a potenziare l’autostima dei singoli individui e a liberarsi dai pensieri negativi che causano ansia e stress. Inoltre, favorisce la socializzazione e perfeziona le abilità di comunicazione e collaborazione tra i membri del team, creando un ambiente di lavoro più positivo.
In contesti comunitari anche diversi dal mondo aziendale, composti da persone differenti in termini di età, professione, stile di vita e gusti personali, la Teatroterapia fornisce metodi efficaci per rafforzare i legami all’interno di esse, e per promuovere la consapevolezza tra i partecipanti riguardo questioni sociali, come il bullismo, la discriminazione o la consapevolezza sui problemi di salute mentale.
Quale luogo migliore delle scuole per affrontare tematiche del genere?
“Il teatro non solo riflette la società, ma la partecipa e la plasma. Attraverso la pratica teatrale, possiamo diventare attori consapevoli del cambiamento.”
Augusto Boal
Nell’ambito dell’istruzione e della formazione, come ben descritto sopra, la teatroterapia è utilizzata con bambini e adolescenti per migliorare la fiducia in sé stessi, le abilità comunicative, sociali e relazionali, per rimuovere eventuali barriere psicologiche ed esplorare e sviluppare le loro attuali competenze e quelle in fase di sviluppo attraverso l’uso del gioco e dell’improvvisazione. In questo senso la teatroterapia può evolversi in pedagogia teatrale.
La scuola, rinnovata da un approccio psico-pedagogico, si trasforma in un ambiente “partecipato”, dove si abbandona la ripetizione meccanica di conoscenze per abbracciare un mondo in cui l’insegnante assume il ruolo di animatore e gli studenti stessi guidano il percorso della conoscenza.
Intervista a Paola Bua, teatroterapeuta
Paola Bua è una teatroterapeuta sarda che da anni porta la sua arte in svariati contesti. Ha lavorato con ragazzi di scuole elementari, superiori, con adulti, persone affette da vari tipi di disabilità, persone con disagi mentali, case di cura, centri di comunità per ex tossicodipendenti e carcerati, anziani affetti dal morbo di alzheimer.
Ci racconti la sua esperienza. Come si lavora nei diversi ambiti? L’approccio è diverso tra bambini, adulti, disabili, ex-tossicodipendenti…
Più che raccontarti delle differenze io credo che il denominatore comune sia il rispetto ed il non giudizio per le storie ed i vissuti delle persone con cui si ha a che fare. Questo è fondamentale perché spesso le persone che iniziano questi percorsi sono state giudicate in precedenza. Noi viviamo in una società molto giudicante, quindi far partire la regola fondamentale del teatro, il qui ed ora è di cruciale importanza. Nel momento in cui entri in un gruppo si entra in un gruppo di teatro è come se la storia iniziasse da quel momento. In questo modo si da dai alle persone la possibilità di rivivere una seconda volta. Solitamente all’inizio i diversi gruppi devono Li si fa, quindi, abituare abituarsi al nuovo ambiente del teatro, alle luci, al palcoscenico… poi le lezioni si modulano in base ai componenti del gruppo e alla tipologia di problema da affrontare, chiedendo anche aiuto a diverse figure specializzate come assistenti sociali, educatori, psicologi e psichiatri qualora ce ne sia bisogno. Ciò che però porto sempre con me in ogni laboratorio sono appunto il rispetto ed il non giudizio.
Cosa l’ha spinta ad occuparsi di teatroterapia?
Credo l’unione tra l’amore che nutro nei confronti del prossimo e la mia passione per l’arte. Penso che attraverso l’arte ciascuno di noi possa esprimere se stesso. Che sia con il teatro, attraverso il suo canale d’espressione preferito, che sia la pura recitazione, la musica, il canto, la danza, o le arti figurative. Nei miei laboratori infatti cerco sempre di coinvolgere i ragazzi in tutte le attività che stanno anche dietro la messa in scena di uno spettacolo, in modo che ognuno possa scegliere liberamente quello che gli piace fare di più, e al contempo impegnarsi per la riuscita dello spettacolo finale, perchè come dico sempre io, al di là di tutte le difficoltà delle persone che fanno parte dei vari gruppi di teatro, l’applauso del pubblico deve essere meritato!
Ho conosciuto, per esempio, alunni ripetenti che prendevano 2 a scuola ma a teatro erano bravissimi. Questo perché ognuno deve coltivare ciò che lo fa stare bene, che sia il teatro, il basilico o il punto croce. Per questo, secondo me, nel sistema scolastico che ora come ora richiede grande concentrazione e serietà, potrebbero inserire questo tipo di percorsi artistici, per garantire che nella quotidianità ci sia della gioia e della soddisfazione anche per chi non riesce ad essere tra i primi della classe.
Come ci si approccia a soggetti che non sono partecipativi? Succede di frequente?
Sì, può succedere. In questo caso mostro molto rispetto ed invito alla partecipazione, ma liberamente. Se una persona non se la sente, va benissimo. Le persone possono dare 10 o 50 o 100, ma non danno mai 0. Anche se restano seduti a guardare stanno partecipando, d’altronde il teatro non esiste senza spettatori. È fondamentale, però, far capire loro che sono in ambiente protetto. Ci sono ragazzi che fisicamente si allontanano e poi, nel tempo, si avvicinano al cerchio dove si svolgono le attività. Ho avuto un ragazzo, per esempio, che in 10 anni è passato da non interagire ad essere attore protagonista.
I risultati del lavoro svolto sono duraturi nel tempo?
Si, assolutamente. Le persone ne escono più forti e consapevoli delle loro capacità. Durante i laboratori si gettano semi che poi germogliano. Questo è successo anche a me quando da alunna ho fatto le mie prime esperienze di teatro: hanno piantato in me dei semi che ora germogliano nella mia quotidianità. Vedo continuamente persone che si avvicinano all’arte del teatro e attraverso questa disciplina, anche fuori dal palcoscenico affrontano le sfide quotidiane con più consapevolezza e grinta. Ci vuole sicuramente tempo, però, per raccogliere i frutti del lavoro svolto durante i laboratori bisogna dare il giusto respiro, ma il risultato è assicurato. Certamente però c’è bisogno di tempo per vederli. Quindi tempo e continuità sono due fattori cruciali.
A tal proposito ricordo con tristezza che a me è capitato di seguire un laboratorio in un centro di salute mentale del mio paese con ragazzi che erano usciti dalle loro case e stavano imparando ad interagire e a socializzare. Purtroppo dopo poco il progetto è finito e non essendoci stata continuità queste persone sono rientrate nelle loro case, nella loro solitudine, nella loro malattia. A dire il vero mi è capitato spesso che progetti iniziati per persone bisognose finissero per mancanza di fondi, ma poi a rimetterci sono proprio le persone per cui i laboratori sono stati ideati e creati. Purtroppo non sempre gli ultimi saranno i primi, a volte gli ultimi restano ultimi, ma queste persone non possono essere lasciate da sole. Per questo credo ci vogliono istituzioni che credono nel potere dell’arte e soldi da investire nel sociale, nella cultura e nel pubblico, perché l’effetto boomerang è tremendo.
I pazienti continuano anche dopo aver raggiunto l’obiettivo che vi eravati prefissati?
Solitamente si. Chi si avvicina a questa pratica, che sia per necessità o piacere, tende a non abbandonarla più. Infatti è un’esperienza estremamente arricchente, coinvolgente, di apertura su se stessi e sul mondo.
Consiglia di affiancarlo alla psicoterapia?
Dipende dal gruppo. Io lavoro sempre in equipe, con volontari, talvolta educatori e anche psicologi e psichiatri, con cui ci si aggiorna frequentemente sul necessario per il benessere dei pazienti.
Secondo voi ciascuno di noi può essere un attore?
Io faccio teatro tra la gente e per la gente. Mi piace che le persone si mettano in gioco e ci provino. Mi piace quando il sipario si apre e sopra c’è la casalinga, il meccanico, l’infermiera, persone che nella vita reale ricoprono un ruolo, ma che sul palcoscenico si immedesimano in altri. Se nelle foreste cantassero soltanto gli uccelli che hanno il canto più melodioso ci sarebbe un gran silenzio. Quindi di certo per me quello dell’attore è un mestiere, ed è un mestiere serio, e penso che non tutti possano fare gli attori come mestiere, ma tutti possono provare il gioco del teatro, anche temporaneamente, portandosi a casa tutti i benefici che ne derivano. Io per esempio non penso di essere una brava attrice, penso di essere una persona che cerca ogni giorno di fare bene il suo mestiere, studiare e aggiornarsi per poterlo fare al meglio e credo che la cosa più importante in quello che faccio non sia essere un’attrice o una regista coi fiocchi, ma di riuscire a comunicare ai miei alunni che credo in loro e che li amo. Io incoraggio sempre tutti a trovare l’attore che c’è in loro e a fare teatro, perché so quanto è importante a volte poter rendere la realtà reversibile, per sfuggire da situazioni spiacevoli nella vita reale, e so anche quanta soddisfazione e gioia derivi da un percorso di crescita all’interno di un laboratorio teatrale. Spero che sempre più persone abbraccino l’arte del teatro e che ci siano sempre nuovi attori per applaudirli ed emozionarmi con le loro storie.
6.2 Nuove proposte
Nuovi ambiti di applicazione che sfruttano la teatroterapia come supporto, potrebbero essere legati alle dinamiche familiari che possono essere migliorate attraverso il gioco dei ruoli. Ad esempio, nella vita di coppia, il partner si immedesima nell’altro per comprendere meglio i suoi bisogni e stati d’animo. Una madre può recitare il ruolo del figlio adolescente e viceversa per comprendere punti di vista distanti. Questi esercizi possono aiutare a creare un ponte di comunicazione tra persone, avvicinandole attraverso l’impersonificazione nell’altro.
La mancanza di questo elemento solleva barriere, che portano all’isolamento delle persone che percepiamo diverse da noi. Gli extracomunitari, per esempio, si ritrovano isolati da barriere linguistiche e pregiudizi. In questo caso, l’implementazione di laboratori di teatroterapia in centri di accoglienza potrebbe favorire la creazione di una comunità più accogliente, inclusiva e aperta all’integrazione.
Dati i benefici del teatro, consideriamo che l’introduzione di questa pratica in luoghi insoliti, come parchi, musei o strade, potrebbe ampliare la portata dell’arte teatrale ed essere al contempo utilizzato come potente strumento di sensibilizzazione su questioni sociali cruciali, come la sostenibilità ambientale, l’uguaglianza di genere o la salute mentale. Questo avvicinamento al pubblico renderebbe più accessibile e coinvolgente quest’arte che via via sta scomparendo.
Infatti, con l’avvento della tecnologia abbiamo perso il contatto con le radici teatrali, quelle radici che attingono al cuore stesso della nostra umanità. Il teatro dal vivo è stato sopraffatto da una cultura dell’istantaneità. La comodità dell’ingresso virtuale ha oscurato l’esperienza del teatro, il calore dell’applauso dal vivo e il respiro degli spettatori condivisi. La profondità dell’interpretazione, il sudore degli attori e il cuore del dramma sono stati trasformati in immagini pixelate e frammenti digitali, privandoci della carne e del sangue dell’arte teatrale.
Tuttavia, possiamo chiederci se, in mezzo a questa innovazione digitale, il teatro non possa trovare una nuova forma di espressione. Forse la tecnologia può essere vista come sfida che ci spinge a esplorare nuove possibilità di fusione tra il mondo virtuale e il mondo reale, tra l’antico e il moderno. Il teatro può reinventarsi, utilizzando la tecnologia per raggiungere nuovi pubblici, essere un ponte tra il passato e il futuro, una via per riscoprire la sua essenza in un mondo in costante mutamento.
“Sei pezzi facili” opera teatrale di Mattia Torre ad esempio, è stata mandata in onda su Rai Tre con la regia di Paolo Sorrentino. Il punto di forza è dato dall’ibridazione tra teatro, cinema e intrattenimento.
“Quel famoso ‘teatro in televisione’ aveva bisogno proprio di questo per essere fruibile, cioè che la grande macchina cinematografica entrasse dentro lo spazio dello spettacolo insieme agli attori. È stata un’assenza-presenza, uomini e donne di cinema ci sono stati accanto come ombre silenziose”
Paola Calabresi
Sei pezzi facili esamina la realtà contemporanea con osservazioni acute e con luoghi comuni della vita. Questo tipo di cinema si basa principalmente sulla parola ed è caratterizzato da un susseguirsi di dialoghi, psicoanalisi teatrali, delusioni e critica acuta verso la realtà. Si nutre del linguaggio cinematografico e riflette l’ipocrisia delle nostre vite e la difficoltà di rivelare una verità che rimane come un grido solitario nell’attuale contesto sociale.
Sulla scia di Sorrentino, si potrebbe dunque sfruttare l’arte cinematografica come mezzo potentissimo per far rivivere il teatro, “portandolo direttamente a casa” e consentendo una conoscenza più profonda, soprattutto tra i giovani, dei grandi colossi teatrali che hanno accompagnato l’umanità nei secoli.52 Quindi si potrebbe incrementare l’uso di piattaforme streaming online, per rendere disponibili opere teatrali autentiche, andando oltre le comuni trasposizioni cinematografiche, come accade per l’opera teatrale “E Fuori Nevica”con attori del calibro di Vincenzo Salemme, Maurizio Casagrande, Carlo Buccirosso e Nando Paone, disponibile in streaming su YouTube.
“[…] e basta con questo mandolino! Il signore sta mangiando, non lo disturbare! È finito il teatrino! Scemo! […]”
E fuori nevica, Salemme
Per noi, al contrario di quanto accade guardando gli stessi film diverse volte comodamente dal divano di casa propria, ogni performance teatrale è unica. La condivisione di uno spazio fisico durante una performance instaura un senso di comunità ed esperienza condivisa tra la platea, e crea una connessione diretta e spesso interattiva tra il pubblico e gli attori, che esibendosi dal vivo trasmettono uno speciale senso di autenticità.
In sintesi, il teatro offre un’esperienza umana unica che arricchisce e migliora la nostra vita, come altri mezzi di intrattenimento non riescono a fare. Conservare e valorizzare il teatro è preservare una forma d’arte che ci connette profondamente con la nostra storia e i nostri valori umani.
Noi reputiamo quindi che sarebbe utile diffondere maggiormente la conoscenza di questa pratica e incoraggiare tutti a sperimentarla il più possibile.
E voi che ne pensate?
Se siete curiosi di come potrebbe essere iniziare a fare teatro, abbiamo pensato di descrivervi come si svolgono i laboratori di teatroterapia, e suggerirvi qualche esercizio che potete tranquillamente sperimentare anche a casa, da soli o in compagnia!
7. Pratiche di teatro
Abbiamo visto quanto praticare teatro possa essere utile per raggiungere uno stato di benessere generale, praticarlo offre infatti un’opportunità unica di esprimere liberamente la creatività, sviluppare abilità comunicative, esplorare e gestire le proprie emozioni.
In questo paragrafo vorremmo fornirvi qualche spunto per esercizi teatrali che ognuno può svolgere in autonomia per trarne beneficio.
Come illustra Alessandro Cecchini sul suo canale YouTube “Il Teatro in casa” (https://www.youtube.com/c/AlessandroCecchiniCompagniaLaDivinaToscana), un punto di partenza consigliato per gli esercizi espressivi è davanti ad uno specchio. Si può iniziare con respirazioni profonde e controllate per rilassarsi e migliorare il controllo della voce.
Si passa poi al movimento libero del viso con velocità crescente per rilassare i muscoli.
Successivamente, ci si concentra sulla voce: si può iniziare con esercizi di torsione della lingua utili per l’articolazione delle parole e per migliorare il ritmo del linguaggio.
Si possono enfatizzare le singole parole pronunciandole con emozioni diverse, declinandole tra rabbia, gioia, tristezza, paura, disgusto e sorpresa, abbinate con le corrispondenti espressioni facciali.
Una volta allenata la voce, si possono scegliere dei monologhi da un’opera teatrale o un film, e interpretarli concentrandosi sulle espressioni facciali, i gesti e l’intonazione della voce. Lo stesso esercizio può essere fatto con frammenti di libri, poesie o sceneggiature.
Il testo teatrale, concepito per essere rappresentato da attori dinanzi a un pubblico di spettatori, presenta delle caratteristiche che lo differenziano notevolmente da qualunque altro tipo di testo. È destinato a una rappresentazione, non prevede un narratore e ricostruisce le vicende per mezzo delle parole, gesti e movimenti dei personaggi che agiscono sulla scena.
La lettura di opere teatrali, quindi, è un modo eccellente per apprendere le modalità di messa in scena ma anche in cui perdersi attraverso l’immaginazione.
Dopo aver scaldato il corpo, si possono sperimentare movimenti e posture diverse, anche senza usare le parole, avvicinandosi all’arte della mimica.
I più audaci si possono lanciare in scenari improvvisati e giocare con le situazioni, favorendo velocità di pensiero, fantasia e creatività.
Familiari ed amici possono essere coinvolti in questi esercizi tramite giochi di ruolo, per un divertimento assicurato.
Proposta gioco in classe: “Espressioni Emozionali”
L’obiettivo di questo gioco è esplorare e rappresentare diverse emozioni (gioia, rabbia, paura, vergogna, tristezza) attraverso espressioni facciali e parole.
Il gioco inizia invitando ognuno dei partecipanti a mettersi in piedi. Una volta in piedi si invita ciascun partecipante a sedersi, rappresentando contemporaneamente l’emozione assegnata attraverso un’ espressione facciale e una parola o una frase che rappresenti quell’emozione. Si ripete il processo con tutte le emozioni.
L’obiettivo di questo gioco è incoraggiare gli spettatori a prendere consapevolezza delle emozioni e della comunicazione non verbale.
8. Conclusioni e considerazioni personali: si chiude il sipario
In questa esplorazione affascinante e coinvolgente del mondo del teatro e della teatroterapia, ci siamo immersi in un viaggio attraverso le profondità dell’espressione umana e della trasformazione personale. Il teatro si è rivelato un potente veicolo per l’autoesplorazione, la connessione emotiva e la guarigione, offrendo esperienze di creatività e autenticità. In particolare, il seguente elaborato ha messo in evidenza la forza ed il potere e l’efficacia delle pratiche teatrali sulla salute ed il benessere di chiunque si avvicini ad esse. In particolare, ha evidenziato come i suoi benefici fossero già stati intuiti fin dall’antichità e di come, in tempi più moderni, essi si stiano gradualmente riscoprendo.
L’analisi della letteratura suggerisce che il teatro possa contribuire a fronteggiare il manifestarsi di disturbi psichici come ansia e depressione, e che possa migliorare, o quantomeno stabilizzare, il quadro cognitivo comportamentale e l’aspetto socio-emotivo nelle persone che soffrono di malattie neurodegenerative quali Alzheimer e Parkinson. In ambito sanitario tali pratiche possono offrire sostegno nella gestione e cura di condizioni difficili e dolorose. A livello comunitario, il teatro emerge come un ottimo strumento per instaurare relazioni interpersonali positive, promuovere la connessione tra i diversi enti della comunità e costituire un mezzo particolarmente efficace per la comunicazione su temi sensibili.
In conclusione, il teatro non è solo un’arte scenica, ma un’esperienza di condivisione, un portale per la comprensione più profonda di noi stessi e degli altri, che apre le porte a nuovi orizzonti di consapevolezza e di possibilità di cambiamento.
In base ai dati raccolti, risulta auspicabile lo sviluppo di programmi teatrali, sia come supporto e complemento alle terapie farmacologiche, sia all’interno della collettività, con l’obiettivo di promuovere uno stato di salute e benessere generalizzato.
Che il sipario cada su questo capitolo, con la speranza di avervi dato degli spunti di riflessione su di esso e di aver suscitato in voi la voglia di sperimentarlo di persona.
“La vita è un teatro che non ha prove iniziali. Canta, ride, balla, piangi, ama, vivi ogni momento prima che cali il sipario e il tuo spettacolo finisca senza applausi.”
Charles Chaplin
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