La scrittura autopatografica come strumento narrativo a supporto dei processi di engagement ed empowerment del paziente – Di Francesca Canton

La medicina narrativa rappresenta l’occasione metodologica per ristabilire una connessione tra l’odierna pratica clinica e i principi fondativi della techné medica Ippocratica che recava come principale strumento d’indagine diagnostica quello dell’ascolto della narrazione del malato. Il modello terapeutico narrativo riesce sia a dare voce alla richiesta del paziente di ristrutturazione dei significati biografici che l’esperienza di malattia ha reso obsoleti sia a fargli recuperare quelle risorse spontanee da utilizzare al fine di ottimizzare l’individuale soglia di benessere raggiungibile (patient empowerment).

La Medicina Narrativa propone dunque un’umanizzazione delle cure a partire dal ruolo attivo assegnato al paziente (patient engagement), il quale viene ascoltato in quanto esperto della sua storia sintomatologica, eticamente riconosciuto nel suo diritto a ricevere un’adeguata ed esaustiva spiegazione sul suo stato psico-fisico, responsabilmente coinvolto nella condivisione dell’iter terapeutico, e deontologicamente rispettato come soggetto portatore di specifiche volontà di trattamento.

Questa la cornice teorico-concettuale all’interno della quale s’inserisce il progetto, il quale verte sulla problematizzata analisi dei topoi di patient engagement e di patient empowerment presenti all’interno di narrazioni auto patografiche riguardanti percorsi terapeutici orientati al cambiamento. Le narrazioni prese in esame sono quelle di pazienti con intolleranza primaria genetica al lattosio in forma omozigote, le quali si rivolgono ad un medico specializzato in Allergologia che pratica la professione clinica applicando il paradigma PNEI (Psico-Neuro-Endocrino Immunologia).

In questo scenario clinico-assistenziale il punto di vulnerabilità che impedisce alle persone di realizzare compiutamente il processo di cambiamento coincide con la mancanza di quel quantum di consapevolezza necessario ad attivare la svolta definitiva in grado di circoscrivere stabilmente un tempo del “prima” e del “dopo” nella cura. Si ritiene che l’utilizzo della scrittura autopatografica declinata secondo il modello della medicina narrativa possa costituire un supporto significativo in grado di spianare la strada ad un percorso di cura autenticamente personalizzato e intrinsecamente motivato.

La scrittura riflessiva, infatti, fissa le informazioni, le implicazioni dei vissuti e dei comportamenti conferendo solidità alle consapevolezze raggiunte. Si ritiene dunque che il suo utilizzo in sede clinica possa attivare e soprattutto mantenere la cognizione degli effetti positivi legati agli agiti del cambiamento permettendo così a ognuno di diventare artigiano della propria salute, soggettivando l’esperienza terapeutica e concependola come una serie di azioni che testimoniano la volontà di prendersi cura del proprio corpo e quindi della propria vita.

La traccia narrativa utilizzata è stata la seguente: “Racconti la sua storia partendo dai momenti di maggior disagio causati dai sintomi riflettendo poi sulle fasi del percorso di cura, e su come queste abbiano ad oggi interagito con la sua persona”. Coerentemente con l’indirizzo di tale stimolo, il quale esorta a soffermarsi sulle fasi fondamentali del percorso terapeutico, si è rilevato come le dieci storie di cura oggetto di analisi siano caratterizzate da una struttura triadica comune in cui i temi ricorrenti corrispondono proprio ai tre diversi momenti che scandiscono la sequenza cronologica dell’esperienza di malattia: la percezione del passato, la percezione del percorso di cura e la percezione del futuro.

L’analisi qualitativa effettuata sulle dieci parti narrative riguardanti il tema ricorrente della percezione del passato hafatto emergere due diverse macro-tendenze espressive riferibili a due diversi paradigmi di cura: quello biomedico (EBM)della medicina tradizionale e quello della medicina basata sulla narrazione (NBM). Quattro sono le narrazioni che tradiscono la pervasività dell’approccio clinico tradizionale sul percepito delle pazienti, le quali restituiscono delle storie di malattia alfabetizzate secondo canoni descrittivi prevalentemente o esclusivamente biologici.

Le restanti sei narrazioni, invece, esemplificano nei contenuti un caposaldo dell’approccio narrativo, ovvero quello che concepisce la malattia come un’esperienza multicomponenziale caratterizzata da aspetti biologici, psicologici (di ordine emotivo, cognitivo e metacognitivo) e sociali tra loro interagenti. Queste sei narrazioni, infatti, sono accomunate dalla focalizzazione sull’identità di colei che vive la sofferenza. La forza di questa scelta narrativa si esprime nell’inversione del convenzionale ordine espositivo proprio della clinica centrata sul sintomo in favore di un racconto della natura del disturbo sviluppato a partire dalla descrizione dell’identità di chi ne ospita le manifestazioni.

Prima di andare a dettagliare il quadro sintomatologico che le ha portate a rivolgersi allo specialista in questione, due narratrici iniziano la loro storia con riflessioni legate alla loro età anagrafica da cui scaturiscono altrettante considerazioni esistenziali, altre invece aprono il loro scritto illustrando l’impatto psicoemotivo della patologia sulla loro vita interiore e/o relazionale. Si sottolinea, inoltre, come metà delle narrazioni presentino riferimenti a precedenti esperienze di cura, le quali vengono connotate negativamente. Il tempo del passato si configura dunque anche come potenziale spazio di ricordi negativi associati a precedenti tentativi di cura non andati a buon fine.

Dall’analisi effettuata sulle dieci parti narrative riguardanti il tema ricorrente della percezione del percorso di cura, invece, un primo dato rilevato è quello relativo all’alleanza terapeutica con il curante, una relazione che in più della metà delle narrazioni viene menzionata come imprescindibile elemento di avvio del cambiamento che ha consentito alle narratrici di sentirsi attive e responsabilmente coinvolte nel processo di cura (attributi del concetto di patient empowerment). Secondo elemento emerso è quello relativo all’elaborazione emotiva e all’auto-consapevolezza(attributi del concetto di patient engagement), di cui si rintraccia la presenza in più della metà delle narrazioni. Infine, in tre diverse narrazioni al riconoscimento della difficoltà insita nel processo di cambiamento segue una consapevole scelta di salute originata da una forte attivazione della motivazione intrinseca (attributo del concetto di patient engagement).

L’analisi dell’ultimo tema ricorrente riguardante la percezione del futuro ha messo in luce la forza della relazione esistente tra la spinta motivazionale al cambiamento e i livelli di consapevolezza presenti nelle percezioni di ordine cognitivo, emotivo e comportamentale delle protagoniste delle narrazioni prese in esame. Nel secondo livello di analisi narrativa si è scelto di mantenere la suddivisione in temi ricorrenti per poi utilizzare la categorizzazione di Kleinman in chiave intratestuale, in cui confrontando le parti relative alla percezione del passato con quelle riferite alla percezione del percorso di cura si è rilevato come nei casi in cui l’illness fosse già presente, esso si rinforzi; in quelli in cui vi fosse compresenza di disease e illness quest’ultimo permanga; infine, laddove non vi fosse traccia di illness esso venga introdotto in misura esponenziale, la misura della salienza di tale tendenza si traduce nella totale ed unanime corrispondenza tra stile illness e racconto della percezione del futuro.

Ulteriore livello di analisi è stato quello linguistico incentrato sulle metafore che ha permesso di mettere a fuoco diversi aspetti altamente connotativi dell’individuale ecosistema simbolico scaturito dall’atto di narrare il proprio stato psicofisiologico situandolo nella timeline dei temi ricorrenti. L’utilizzo di un linguaggio metaforico all’interno delle narrazioni auto-patografiche si connota come una risorsa in grado di mettere in contatto il narratore con le proprie possibilità immaginative di visione, scoperta e rappresentazione, permettendo alla grammatica autobiografica di manifestarsi in tutta la sua potenza rivelatrice.

In conclusione, la pratica autopatografica converte il corpo da luogo colonizzato dalla malattia ad organismo narrante. La scrittura della propria storia di malattia consente di affrontare la realtà analizzandola secondo criteri di complessità in grado di ri-elaborare attivamente il contenuto dell’esperienza e la multifattorialità delle dinamiche da essa innescate. Utilizzando la grammatica della narrazione espressiva, le narratrici e i narratori conferiscono nuovo trofismo alle proprie radici motivazionali permettendo così la gemmazione di un adattamento positivo alla diagnosi in grado di far fiorire un processo di cambiamento che soddisfi i soggettivi bisogni di salute.

Francesca Canton
Dott.ssa in Scienze Psicologiche per la Formazione

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