Riposo, ripresa, raccolta delle forze. Un tempo necessario, che dobbiamo riprenderci e che rischia di scomparire:
La scomparsa del tempo del riposo dopo una malattia – la convalescenza.
Esisteva un tempo di riposo per il recupero delle forze dopo una malattia o un intervento chirurgico, o un trauma, o un qualsiasi fattore che aveva squilibrato il corpo e la mente di ogni persona: questo tempo era chiamato “convalescenza”, dal latino cum- con e valere- stare bene, ovvero “con la salute”, una salute riguadagnata.
Uso l’imperfetto, perché il termine “convalescenza” sembra rimandarci ad una stagione antica, quasi scomparsa: le frasi più usuali sono da parte del curante “tornerà prestissimo come prima”, “si rimetterà subito in piedi”, “la opero di venerdì così il lunedì è già al lavoro”, come se prescrivere il riposo fosse qualcosa di antiquato e difficile da realizzare. E’ vero anche che gli stessi pazienti, nelle narrazioni dei medici, vivono certi controlli ambulatoriali come una seccatura, qualcosa che ruba il tempo necessario per la cura alla produttività.
E’ vero che quando gli ospedali venivano finanziati non attraverso il pagamento per paziente, o per intervento, ma a mezzo del numero di giornate di degenza, questo in Italia prima del ’95, la convalescenza si faceva lunghissima. Una persona entrava in ospedale circa una settimana prima dell’intervento, con calma si facevano tutte le analisi possibili, e poi dopo l’intervento restava un’altra indefinita quantità di tempo. Il tempo si allungava, e il paziente si annoiava in ospedale, sognando il ritorno a casa e al lavoro. Il pagamento a DRG per tutti i sistemi finanzianti dei paesi Europei e degli Stati Uniti ha accelerato di fatto e imposto una corsa alla dimissione.
Ora per le malattie acute e per gli interventi programmati, come imprevisti dovuti a incidenti e traumi, il tempo del risposo attraverso la convalescenza ospedaliera tende a scomparire.
E anche il riposo a casa, “il dolce far nulla”, il dormire, così fondamentale per il recupero delle forze, oggi con i farmaci sintomatici disponibili che ci rimettono in piedi per affrontare le giornate, sono inazioni vissute con un continuo seno di colpa. Le persone attorno desiderano vederti, molto o troppo spesso, dentro un efficientismo titanico, in piedi, attivo e sorridente, come se non fosse accaduto nulla, come se dalla modalità “off”- malato si dovesse passare immediatamente alla modalità “on”, sano.
In questo codice binario- tra on e off, si insinuano le pubblicità dei farmaci che mostrano inesorabilmente qualcuno afflitto da un tragico mal di testa seduto ad una scrivania con un computer davanti che dopo aver preso un analgesico, torna a sorridere, e anzi, a inventare qualcosa di straordinario, oppure una persona che starnutisce durante una riunione e che si alza, prende una qualche pastiglia bianca per il raffreddore e piacevolmente ritorna seduto con gli altri e continua a discutere di lavoro sorridendo. Il raffreddore pubblicitario dura una manciata di secondi, quando sappiamo che in realtà un vecchio detto recita “il raffreddore dura una settimana prendendo l’aspirina e sette giorni non prendendola”.
Ma il tempo della malattia negli spot televisivi è straordinariamente azzerato, e sempre in questo pensiero dicotomico “on “ o ”off” che va benissimo per il Vivere “Digitale” in programmazione 0-1, ma non per noi, il cui corpo va dalla malattia alla salute in un continuum di momenti di cui si ha diritto e da salvaguardare.
Eppure convalescenza è quasi un parola diventata Tabù: non pronunciabile in questa società in cui stiamo vivendo: Harmut Rosa la chiama Società dell’Accelerazione.
Le persone possono accertarti ammalato o sano. Quello che manca è la pazienza per la convalescenza.
“People can accept you sick or well. What’s lacking is patience for the convalescent.” Alain De Botton.
Ci auguriamo che non vi dobbiate riprendere da malattie importanti, ma solo dalla fatica, lo stress, della vita quotidiana. E allora godiamoci il silenzio e il riposo. E ricordiamo che è uno tra i primi strumenti di prevenzione per stare bene.
Ma che cos’è il riposo oggi? I risultati della ricerca condotta dalla Durham University