L’assistenza sanitaria dovrebbe basarsi su quelle che io chiamo le tre R: relazione, rispetto e riflessione. Partendo dal presupposto che la difficoltà di comunicazione e di relazione con l’altro è radicata nella singolarità della propria visione del mondo, ritengo che i corsi di scienze della salute e la formazione permanente degli operatori sanitari richiedano di sapere come essere e non solo di sapere cosa fare e come pensare. È urgente ripensare il luogo e il tempo della cura ed è essenziale integrare nella routine professionale Storie che curano, cioè storie che ci permettono di vedere la realtà attraverso prospettive diverse, dando spessore alla nostra umanità.
Il 6° Simposio Dash Il medico come umanista ha svelato e sottolineato le lacune che si possono trovare nel contesto chirurgico e che vanno ben oltre le mura della sala operatoria. Ha riunito relatori provenienti da diverse parti del mondo, con varie specializzazioni mediche e infermieristiche, nonché esperti di arti, scienze umane e sociali – tutti con esperienze singolari sia come operatori sanitari che come pazienti. L’allineamento tra tutti coloro che hanno preso parte a questo simposio di tre giorni è stato di fatto una casa in cui tutti i partecipanti e i relatori hanno potuto incontrarsi per riflettere su ciò che ci rende umani e su come preservare la nostra natura umana quando ci troviamo di fronte a malattia/disagio/malattia. L’allineamento non è stato raggiunto solo tra i singoli relatori e il pubblico, ma anche tra gli organizzatori: Il medico come umanista (Jonathan McFarland); i3S/Università di Porto | Gruppo di Studi e Riflessione in Medicina Narrativa – GERMEN (Susana Magalhães); e la Società Europea di Medicina Narrativa – EUNAMES (Maria Giulia Marini).
La condivisione di esperienze (vissute da chirurghi, pazienti, diversi professionisti della salute che interagiscono al confine dell’ambiente chirurgico ed esperti di scienze umane della salute) è stata illuminata dall’eccellenza dei contributi di tutte le sessioni plenarie, delle comunicazioni brevi e delle tavole rotonde.
Alcuni dei temi discussi al simposio, che sicuramente dovranno essere rivisitati nel prossimo futuro, sono elencati di seguito:
- Strategie per far sì che le narrazioni individuali vengano integrate come parte della diagnosi, degli interventi terapeutici e del piano di cura avanzato;
- mancanza di alfabetizzazione sia da parte di chi cura che di chi è curato;
- fattori sistemici che portano a interventi chirurgici non necessari e a trattamenti eccessivi;
- la necessità di una medicina basata sul valore e su risultati importanti per i pazienti;
- colmare il divario tra ospedale e comunità;
- dare visibilità all’invisibile nel regno della malattia e prendersi cura anche degli operatori sanitari.
- Decostruire il ragionamento binario non solo nelle questioni legate all’assistenza sanitaria, ma anche nel pensare e nel pensare con la medicina narrativa.
L’ultimo giorno del Simposio, ospitato da EUNAMES, ha fornito un quadro importante per il futuro delle arti e delle scienze umane nella salute, non solo come strumenti essenziali di cura, ma anche come pilastri terapeutici della nostra umanità e come impalcatura per l’educazione e la ricerca nelle scienze della salute.
Il medico come umanista sta piantando semi che certamente cambieranno il modo in cui l’assistenza sanitaria viene percepita non solo nei contesti educativi, ma anche in ogni luogo di cura. Fa la differenza nel nostro mondo attuale, superando le frontiere e cambiando la mentalità.
GERMEN fa parte di questo percorso e continuerà a condividere per curare e a curare per condividere, collegando la bioetica narrativa, la medicina narrativa e il Dialogismo transdisciplinare nella comunità, dove tutti siamo invitati a partecipare attivamente alla fornitura di assistenza sanitaria, alla formazione/educazione e alla gestione.