Marco Trabucchi, già professore ordinario di Neuropsicofarmacologia nell’Università di Roma “Tor Vergata”, specialista in psichiatria, è direttore scientifico del Gruppo di Ricerca Geriatrica di Brescia, presidente dell’Associazione Italiana di Psicogeriatria, Consigliere della SIGG (Società Italiana di Gerontologia e Geriatria).
Da un nostro report sulla qualità della vita nelle organizzazioni sanitarie risulta che i professionisti sanitari traggono le loro energie e trovano la loro motivazione nel rapporto con i colleghi e con i pazienti, mentre il vero problema sembra essere il confronto con la struttura dirigenziale. Nello specifico il punto sembra essere una mancanza di riconoscimento da parte dei superiori, quindi la domanda che vorrei farle è: perché il riconoscimento, secondo Lei, è così importante in ambito professionale?
Parlo della mia esperienza personale. Fondamentalmente le strutture residenziali dove lavoro sono dei luoghi dove si passano 365 giorni all’anno e 24 ore al giorno, quindi l’atmosfera che si crea all’interno di queste strutture è fondamentale a tutti i livelli; è fondamentale per il benessere degli ospiti che devono percepire di non essere una prigione ma di essere appunto in una casa dove ci si occupa di loro con varie intensità, rispondendo ai loro bisogni. Così come è molto importante per gli operatori, che sono degli abitanti di questa casa, perché per uno che passa lì 7 ore al giorno l’atmosfera è importantissima. Allora mi pare giusto quello che lei mi dice sulla sulla ricerca che avete fatto- Mi pare più che giusto, mi pare comprensibile che i lavoratori delle strutture dicano: “Certo ci piace il rapporto con con gli ospiti, ci piace il rapporto tra di noi, ma spesso da parte dell’organizzazione non c’è altrettanto sensibilità”.
Nella mia esperienza l’attenzione da parte delle direzioni dei Consigli d’amministrazione è sempre molto forte, oggi non è più come 10-15 anni fa: è cambiato molto perché stanno capendo che l’atmosfera non è data dalla qualità dei pasti o dal numero dei farmaci distribuiti, né da come sono fatti i letti, ma viene data da come si instaura con gli ospiti un rapporto significativo, che è sia di cura che di accompagnamento che di amore.
Ecco oggi la gran parte delle direzioni si rende conto che è doveroso da parte loro creare un’atmosfera di vita piacevole in cui le tensioni sono ridotte al minimo perché così si permette agli operatori di agire con lo stesso livello di attenzione, di accuratezza, di amore verso i gli ospiti.
Poi ci sono sempre le situazioni difficili, ci sono sempre i comportamenti non idonei. Però nella gran parte dei casi oggi io registro un’atmosfera di comprensione reciproca. Teniamo conto delle drammatiche difficoltà economiche che oggi stanno vivendo le strutture, le drammatiche difficoltà nel reperimento del personale e nella formazione del personale. Ecco, tenendo tutto conto di tutto questo, io ritengo che oggi si stia facendo il possibile per valorizzare al massimo gli operatori e in particolare gli OSS che sono la struttura portante delle residenze.
Quindi nella sua esperienza personale Lei riscontra comunque una situazione virtuosa da questo punto di vista. Allora mi viene da chiederLe secondo Lei qual è la ricetta per avere un ambiente di lavoro sano da questo punto di vista? Perché noi abbiamo riscontrato che spesso ci sono delle difficoltà legate da un lato all’aspetto economico, dall’altro a tempistiche troppo stringenti, ma a volte c’è proprio una difficoltà nel rapporto interpersonale, nella relazione che che manca tra medico e dirigente.
Innanzitutto dobbiamo tener conto che oggi come oggi gran parte degli operatori sono sottopagati per quello che fanno. Sono sottopagati non per scelta delle singole amministrazioni ma per condizionamenti economici esterni, per i contratti nazionali e via dicendo. Quindi bisogna avere il coraggio di dire che questo è il punto di partenza. Ma da qui dobbiamo però costruire delle relazioni positive: ad esempio ritengo che sia importante che il direttore della struttura o il Presidente siano presenti nei luoghi di lavoro, si facciano vedere. La presenza fisica nei reparti è fondamentale per far capire che c’è un’attenzione da parte dei vari livelli dell’amministrazione per il lavoro che si fa tutti i giorni con il malato; ed è sempre un lavoro pesante, difficile, stressante.
Poi è fondamentale la gentilezza nei rapporti: si vive in una comunità, in una famiglia, si viene incontro ai bisogni delle persone. Creare un’atmosfera di gentilezza, di attenzione, di tutela premiale. Concedere permessi quando possibile perché dietro al professionista sanitario, c’è una persona che può avere mille esigenze familiari o personali. Organizzare corsi di formazione per far capire che la loro formazione e la loro bravura professionale viene stimata, non è una cosa secondaria, per cui c’è tutto questo insieme di cose che creano un’atmosfera nella quale si lavora più volentieri.
L’ultima domanda che le volevo fare riguarda il nostro sistema sanitario nazionale. Guardando non solo alla struttura specifica in cui lei lavora, ma in generale, e proiettando lo sguardo al futuro, qual è la sua visione?
Sono per natura ottimista. Credo che ci sarà una ripresa dell’orgoglio da parte dei professionisti, in particolare dei medici. Arriverà il tempo in cui la politica verrà presa a calci. Perché? Perché non è capace di far nulla, non è capace di programmare, non è capace di organizzare, non è capace di capire quali sono le cose importanti per per la salute delle persone (in particolare le persone più fragili). E allora confido molto nei medici i quali – ne sono certo – abbandonano qualsiasi atteggiamento corporativo e qualsiasi atteggiamento legato all’interesse personale e si metteranno a disposizione della comunità. Io questo questo passaggio lo vedo, lo vedo anche relativamente a breve, perché quando ci stuferemo definitivamente dell’attuale capacità gestionale della politica qualcosa dovrà pur venir fuori. E i medici oggi credo siano particolarmente sensibili a questo (soprattutto i giovani medici). Io confido in loro perché vedo che vogliono assumersi delle responsabilità forti anche sul piano organizzativo e se questo avverrà vedremo che ci saranno dei momenti migliori anche per il nostro sistema sanitario.
Quindi ritiene che il nostro SSN riuscirà a gestire anche questa sempre maggiore percentuale di popolazione anziana?
Ci riusciremo. Riusciremo a gestirla. Continuiamo a ripetere le stesse cose sull’invecchiamento della popolazione nel 2050 eccetera eccetera. Ecco cominciamo a pensare che i numeri, le statistiche sono importanti, ma è anche più importante la nostra capacità di pensare a soluzioni. Abbiamo attraversato momenti ben più difficili nella storia dell’umanità, supereremo anche questo. Purché ci sia gente che si metta a pensare a soluzioni di lungo termine. Pensare sistematicamente al bene dell’uomo, al bene in particolare delle persone più fragili come sono gli anziani. Ma io sono ottimista.