Thomas Murphy, reumatologo, recentemente ha pubblicato un libro sul burnout dei medici, “Physician Burnout: A Guide to Recognition and Recovery”, e ha un sito web dedicato all’argomento. Presentiamo qui l’articolo “Physician Burnout: A Personal Story”, pubblicato su Medscape, che vuole essere il primo di una serie di contributi sul fenomeno del burnout.
Il burnout è stato definito come “una erosione dell’anima umana”. Murphy ha voluto esplorare questo fenomeno partendo da se stesso, dalle esperienze di vita che lo hanno portato a rendersi conto di essere impaziente, sarcastico, e a volte sprezzante nei confronti dei pazienti: in breve, infelice.
Appena approfondito il tema del burnout, si è accorto di non essere da solo. Il burnout non è una “anormalità psicologica” di cui non si può parlare pubblicamente, al contrario: una ricerca del 2011 su più di duemila medici statunitensi ha scoperto che l’87% di questi riportava emozioni legate a uno stress moderato o forte.
Ma come può un medico identificare una situazione di burnout? Murphy evidenzia principalmente tre sintomi: esaurimento emozionale, depersonalizzazione, e mancanza di realizzazione personale. Un evidente cambiamento nel comportamento o nel carattere, reazioni spropositate come piangere improvvisamente, cambiare il ciclo sonno-veglia o le abitudini alimentare: anche questi possono essere sintomi di burnout.
Il burnout è insidioso, una marea strisciante che lentamente inonda la vita del medico. Spesso comincia già durante la formazione universitaria, un ambiente che punta molto sulla realizzazione di sé e l’indipendenza. L’immagine che i medici hanno di se stessi spesso fa sì che questi non facciano trasparire alcun segno di debolezza o di sofferenza. Per queste ragioni, inizialmente anche Murphy aveva rifiutato di riconoscere i sintomi del burnout.
Il burnout non interessa solo i medici, ma anche le loro famiglie, le loro relazioni, i colleghi di lavoro e – ovviamente – i pazienti. Secondo Murphy, i pazienti soffrono perché un dottore in difficoltà non può sostenere le cure di cui un paziente ha bisogno, e il paziente ha bisogno di credere nel medico: un tocco empatico può fare la differenza, ed essere la chiave del successo medico.
In Italia e in altri paesi vi è molta letteratura scientifica sul burnout; ciononostante, negli ospedali e nelle altre istituzioni sanitarie c’è una evidente mancanza di figure professionali che si prendano cura dei professionisti sanitari. Spesso medici e infermieri sono lasciati soli a prendersi cura di se stessi dopo una lunga esposizione alla sofferenza dei pazienti. Dovremmo far avanzare un sistema di salute che si prenda cura anche del burnout, e questo dovrebbe essere integrato nel sistema di qualità delle cure.
Partecipa al Workshop “Resiliency in Healthcare” a Milano il 3 novembre 2016, durante l’incontro verrò introdotto ai professionisti sanitari il concetto di resilienza, aiutandoli così a mantenere entusiasmo ed energia per la loro professione, ridurre il rischio di burnout e gestire meglio lo stress. Durante il workshop si tratteranno anche esperienze concrete portate dai partecipanti stessi.