Languages of Care, di Maria Giulia Marini: la visione accurata ed equilibrata della Medicina Narrativa nell’ecosistema sanitario. By Susana Teixeira Magalhães, Ricercatrice presso l’Istituto di Bioetica dell’Università Cattolica Portoghese
e professoressa all’Università Fernando Pessoa
Maria Giulia Marini ha scelto il quadro di Johannes Vermeer “Una donna in equilibrio” come copertina del suo libro “Languages of Care in Narrative Medicine: Words, Space and Time in the Healthcare Ecosystem“. La ragione di questa scelta sta nel senso di stabilità e ritmo che questo dipinto propone, con la protagonista, la donna in giacca blu che tiene la bilancia in equilibrio, alla ricerca dell’equilibrio che anche questo libro vuole e riesce a raggiungere. Scrivendo di questo libro straordinario, ho ricordato l’Albero della vita di Gustav Klimt, perché l’integrazione della narrazione verbale e non verbale nella pratica, nella teoria e nella ricerca nel campo della sanità è perfettamente e poeticamente realizzata da Maria Giulia Marini. Le branche della Evidence-Based Medicine si collegano con quelle della Narrative Medicine ed entrambe si radicano sulla terra e raggiungono il cielo, cioè entrambe realizzano ciò per cui sono necessarie: prendersi cura della persona nel suo contesto culturale, sociale, personale, professionale e ambientale.
La pittura di Klimt ha anche la qualità di sfidarci a trascorrere del tempo – da un approccio Kairos, all’interno della nostra vita limitata Chronos – alla ricerca di tutti gli strati di significato che ritrae. Pur richiamando la nostra attenzione sui molteplici simboli sulla tela, ci ricorda anche la nostra comune vulnerabilità, la nostra mortalità, ponendo al centro un uccello nero, simbolo di morte per molte culture. Languages of Care fa lo stesso: ci fa lasciare la zona di conforto delle certezze, per poter viaggiare nell’incerto campo dei dubbi e delle domande, degli errori e degli sbagli, della nostra immagine allo specchio. Questo movimento dalla zona di benessere a quella di disagio è reso possibile dall’uso di esempi pratici e dai suggerimenti forniti nelle sezioni del tempo di pratica (che in realtà è la stanza di riflessione di ogni lettore, che rispecchia la stanza di scrittura di ogni operatore sanitario e di cura).
Ciò che va sottolineato è la conoscenza e l’esperienza di Maria Giulia Marini nel campo della narrazione sanitaria che ci permette di:
– ottenere definizioni chiare dei principali concetti, teorie e approcci utilizzati in Medicina Narrativa;
– capire come la medicina narrativa può essere efficacemente messa in pratica, non solo con risorse letterarie e non solo artistiche, ma anche ricorrendo allo strumento e alla caratteristica più umana: il linguaggio nella sua dimensione minima (il Natural Semantic Metalanguage), il ponte che colma il gap all’interno di tutti i diversi contesti culturali della medicina narrativa;
– integrare Evidence-Based Medicine e Narrative-Based Medicine all’interno di questo brillante concetto di linguaggi di cura, che sono la radice della Narrative Healthcare;
– mettere in discussione le nostre parole, lo spazio e il tempo in cui ci prendiamo cura degli altri e siamo curati dagli altri.
Raccomando vivamente la lettura di questo libro da parte di tutti gli operatori sanitari, studenti di salute, assistenti, politici e decisori nel campo dell’assistenza sanitaria.
L’equilibrio dell’ecosistema sarà raggiunto solo se saremo in grado di comprendere l’anatomia delle storie che raccontiamo e che ci vengono raccontate quando ci ammaliamo e quando ci prendiamo cura di coloro che soffrono l’esperienza della malattia.
Silvio Garattini, Presidente Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS
The languages of care in narrative medicine: words, sounds and space”
La medicina è in continua evoluzione attraverso ciò che viene etichettato come “evidence based medicine”, cioè l’impiego per l’ammalato solo di ciò che i risultati della ricerca scientifica ritengano avere un rapporto favorevole benefici-rischi. Il tutto dovrebbe poi essere riportato a livello della “medicina personalizzata” o “medicina di precisione”, che adegua le conoscenze scientifiche alle caratteristiche individuali. L’applicazione di questi sacrosanti principi – frequentemente ostacolati dal “mercato della medicina” – richiede l’applicazione di tecnologie spesso complesse che tendono a monopolizzare l’attenzione del medico. Così si tende a scordare che l’ammalato non è solo una struttura biologica, ma una persona alla quale la malattia pone problemi di relazione con gli altri nonché paure e senso di impotenza di fronte alla sua malattia. Il racconto di come gli ammalati vivono la loro malattia – spesso con un carico di sofferenze, di menomazioni e preoccupazioni – è in grave contrasto con la denominazione di “cliente” o “utente” che viene utilizzata in medicina. Questo aspetto della malattia vissuta dall’ammalato, denominata “medicina narrativa”, non è in contrasto con la medicina basata sull’evidenza, ma ne è una utile integrazione che, se presa in considerazione, può giovare ad un miglior rapporto medico-ammalato. Questa tematica è l’oggetto di un bel libro dal titolo “The languages of care in narrative medicine: words, sounds and space” scritto dalla Professoressa Maria Giulia Marini, edito da Springer, che dovrebbe essere portato all’attenzione di quanti ruotano intorno all’ammalato: medici, infermieri, farmacisti ma anche ai non addetti ai lavori. Ne deriverebbe per tutti più studio, più impegno, più solidarietà e un pizzico d’amore per chi soffre.
Neil Vickers, Professore di letteratura inglese e scienze umane della salute, King’s College London
Finora esisteva una tensione tra i sostenitori della medicina basata sull’evidenza e gli approcci narrativi. In questo libro coraggioso e originale, Maria Giulia Marini utilizza la disciplina relativamente nuova del Natural Semantic Metalanguage come ponte tra queste due aree. Il linguaggio della cura, sostiene, è condiviso da professionisti, pazienti e caregiver. Una particolarità di questo libro è il suo fascino per le opere d’arte come naturale estensione del linguaggio della cura. Marini legge due romanzi classici di Virginia Woolf per esplorare il modo in cui il tempo è vissuto diversamente dai malati e dai loro parenti, ad esempio, dai professionisti clinici. Esplora la musica, le arti visive e l’architettura come sistemi comunicativi in grado di strutturare e contenere esperienze di malattia. E in questo processo rivede i fondamenti intellettuali della medicina narrativa. Quando i sistemi sanitari diventano dei coleotteri carichi di gergo, alienano i pazienti e i medici. Questo libro ci riporta a qualcosa di fondamentale. Cerca di colmare il divario tra pazienti e clinici sfruttando il loro impegno comune per la speranza, la capacità di affrontare e la gentilezza, insegnando nuove lingue di cura. Un libro da leggere per umanisti della salute, clinici e linguisti.
Trisha Greenhalgh, professoressa di Primary Care Health Sciences and Fellow, Green Templeton College, Oxford
Questo libro porta un nuovo e rinfrescante punto di vista all’antico tema della narrazione in medicina e sanità. La medicina ha sempre valorizzato e ha sempre avuto bisogno delle scienze umane. Oggi più che mai, gli operatori sanitari e gli accademici hanno bisogno di comprendere e valorizzare le storie dei loro pazienti – e anche di usare le storie nella riflessione personale.
John Launer, Tavistock Clinic, London
La medicina narrativa si è evoluta dai suoi primi anni ed è diventata un campo internazionale molto diversificato, offrendo nuove prospettive sui pazienti, sugli operatori sanitari e sulla pratica medica. In “Languages of Care”, Maria Giulia Marini intreccia insieme una rassegna di metodologie narrative con la linguistica, gli studi culturali, le scienze umane mediche, le neuroscienze e la comprensione dell’ecosistema sanitario per offrirci un affascinante arazzo di idee su come trasformare il nostro approccio alla cura. Scritto con passione, questo è un contributo molto originale al settore.
Anna Wierzbicka, Australian National University, Canberra
Questo è un libro pionieristico, che avvicina l’assistenza sanitaria e la “comprensione umana” come mai prima d’ora. Una caratteristica chiave del libro è l’uso di concetti umani condivisi (il “Metalinguaggio Semantico Naturale”) che possono aiutare a umanizzare le relazioni tra i malati e le professioni assistenziali offrendo un nuovo “linguaggio dell’assistenza”: Fondamentalmente umano. È un linguaggio che facilita l’empatia e la profonda connessione umana. Questo è il primo libro che prende in considerazione questa prospettiva sulla malattia e la cura. Raggiungere gli altri attraverso concetti condivisi è un’arte che può aiutarci in molte occasioni, ma forse soprattutto quando siamo malati, o ci prendiamo cura dei malati. Raccomando vivamente questo libro.
Carol Ann Farkas, Massachussetts College of Pharmacy and Health Science, Boston
In Languages of Care, Maria Giulia Marini presenta sia una teoria che un metodo per applicare la narrazione al fine di promuovere la salute e la guarigione. Questo studio ha rilevanza per una varietà di relazioni, ma l’attenzione particolare della Marini si concentra sull’incontro clinico, dove le lacune di conoscenza, autorità ed esperienza tendono ad esacerbare lo stress e la sofferenza. (…..) Ciò che rende così convincente l’argomentazione della Marini a favore di questo ponte umanistico è il modo in cui l’intero testo è radicato nelle scienze umane, applicate come teoria, logica e dimostrazione.
I Linguaggi (e la Luce) della cura. Prof. Stefania Polvani, Sociologa, Azienda Usl Toscana Sud Est, Presidente SIMeN.
Molte persone. Molti libri. Molto impegno quotidiano è necessario, in questo momento, per la nostra Medicina Narrativa.
Molte persone leggono i molti libri per sostenere l’impegno necessario a diffondere la nostra Medicina Narrativa nella pratica di Cura.
Si incontrano, si formano, si scambiano esperienze.
La ricca progettazione raccontata a Maggio 2018 durante il Secondo congresso della SIMeN “La complicità della cura”, sta producendo cambiamenti e osmosi nei reparti, negli ambulatori, nelle dimore in cui la malattia è “IL” tema, in cui quell’ ”armonia nascosta” che è la salute, per dirla con Gadamer, si rivela il desiderio più grande da realizzare.
In questo tempo e in questo scenario ha vita Languages of Care in Narrative Medicine. Words, Space and Time in the Healthcare Ecosystem, il lavoro di Maria Giulia Marini edito da Springer. Uno di quei libri che le persone hanno letto o sfogliato o desiderato leggere per diffondere la nostra Medicina Narrativa.
Credo che Maria Giulia abbia avuto molti motivi di pubblicare anche questo lavoro in inglese; forse l’impegno a riconoscere tutti gli innumerevoli soggetti con cui l’autrice ha creato relazione e che sono rappresentati nelle pagine dei ringraziamenti; forse l’impegno a produrre uno strumento che sia patrimonio di operatori, pazienti, studiosi, residenti non importa dove, nel mondo, senza confini. E’ uno Strumento. Languages of Care in Narrative Medicine rappresenta un vero e proprio prezioso strumento per la Medicina Narrativa, che oggi ci chiede di non essere più solo coraggiosi e visionari, ma competenti, operativi ed efficaci. Per questo il lavoro di Maria Giulia ci indica come praticare la creatività, creare complicità, sfidare le organizzazioni. Lo fa attraversando la prateria delle parole, dei colori e delle emozioni, nel complesso mondo dell’esperienza e del vissuto, nella Cura. Ci porta a sorpresa fino alla speranza, la com-passione, le percezioni. E si prova stupore di come i temi ritenuti soft, non tecnici, nello scorrere dei capitoli restino in contatto con temi grandi e solidi, come Cronicità e Salute.
Come Maria Giulia sa, sono rimasta molto colpita dalle conversazioni, il prof Garattini dice “Narrative Medicine does not have good reputation”, il seguito è imperdibile.
Ma sono rimasta particolarmente rapita dal capitolo che parla di Curing the Language of Care. Il gergo prescrittivo e la musica e il suono e i colori sono un unicum: nel capitolo, così come talvolta lo sono in un preciso momento del dialogo, della relazione, della terapia. E altro stupore arriva con le pagine del Practice Time, che sono in tutti i capitoli e sono sempre le mie preferite, ma in questo capitolo è particolarmente originale dal mio punto di vista.
Non so se ho raccontato bene l’anima ricca e complessa di Languages of Care in Narrative Medicine. Words, Space and Time in the Healthcare Ecosystem, perché non è semplice, ma credo che avete capito l’idea che me ne sono fatta: non si può non leggerlo. E’ un lavoro che anzi, va studiato e tenuto sulla scrivania, materiale o virtuale che sia. Perché il lavoro con la Medicina Narrativa è un lavoro che dura tutta la vita. E’ sempre solo appena cominciato, è un divenire costante.
Per me che faccio la sociologa, trovare nell’anima di qualcosa o di qualcuno l’idea del cambiamento, fa sì che si accenda una Luce. Il libro di Maria Giulia è strumento di formazione e di cambiamento e accompagnandomi nel percorso, attraverso il mondo del Linguaggio, mi ha veramente illuminato. E tutto è ancora solo appena cominciato.
Lo stesso auguro a Voi.
Reverendo June Boyce Tillman, MBE, PhD, MA, LRAM, FRSA, FHEA, Professore di Musica Applicata e Coordinatore Artistico per il Centro delle Arti e del Benessere presso la University of Winchester, Professore Straordinario presso la North-West University di Potchefstroom (Sud Africa).
The Languages of Care in Narrative Medicine è un libro importante, che aggiunge una nuova dimensione alla letteratura contemporanea sulla salute. L’ossessione contemporanea per la Evidece-Based Medicine (EBM) viene qui bilanciata dal bisogno di ascoltare le voci dei pazienti. Questo viene attentamente supportato da un ricco insieme di evidenze. Dietro, vi è il linguaggio, che rende possibile raccogliere le narrazioni. Questo modo di raccogliere le narrazioni permette di compararle e analizzare con maggiore facilità, rispetto alla tecnica dell’intervista libera.
Sebbene la Medicina Narrativa si batta per un approccio all’umanità meno tecnologico, questo libro mostra come la tecnologia possa servire i suoi scopi, tramite l’affidamento a un software di mappatura semantica che analizza parole, sinonimi, espressioni e metafore. Questo software permette l’organizzazione e l’analisi dei dati non-numerici o non strutturati delle storie dei pazienti, per ottenerne una misurazione. L’allineamento semantico permette una co-costruzione iterativa col paziente. È uno strumento che può ridurre le ambiguità nella relazione medico-paziente. L’allineamento, inoltre, permette la comprensione e la condivisione di identità — seguendo un processo di ascolto, accettando la non-linearità del pensiero del paziente, e i sentimenti dell’alterità. Il libro mostra come arrivare a un senso condiviso dell’ascolto attivo, dello scrivere, della riflessione e dell’interpretazione della storia del paziente.
L’evidenza delle interviste che sorregge questo libro è che medici e infermieri partono dai manuali diagnositici invece che dall’esperienza dei pazienti. Questo, si afferma, distorce il processo diagnostico e porta a una diagnosi che potrebbe non riflettere accuratamente l’esperienza del paziente. Questo richiede che medici e infermieri imparino nuove tecniche, in particolare quelle dell’ascolto. Mi piace la discussione del tempo, basata sulle idee della Grecia antica, in particolare il contrasto tra Chronos e Kairos, e come queste si relazionino alla modalità standard con cui vengono organizzati gli appuntamenti. La rivendicazione è che abbracciare un tempo più intuitivo, quello di Kairos (vicino ai concetti di fluidità), non prenda più tempo.
Le questioni del tempo e del riposo nella cultura occidentale contemporanea sono perfettamente analizzate con una chiamata al ritorno a un tempo più ciclico – più in sintonia con il ruotare delle stagioni (incluso il cambio di rapporto tra la luce e il buio) e i ritmi del mondo naturale. Ci sono critiche all’assenza della convalescenza nelle pratiche di ricovero contemporanee e all’assoggettamento del benessere all’aumento della produttività.
Queste sono solo alcune delle aree della medicina contemporanea che sono problematizzate in questo volume significativo, che raccomando caldamente a tutti coloro che sono a disagio riguardo ai progressi delle correnti principali della medicina europea contemporanea, e che desiderano interrogarsi dal punto di vista del paziente. Il libro supporta un approccio basato sull’evidenza, ma che parta dall’esperienza del paziente. Questo ha il potenziale per illuminare ampiamente la pratica corrente.
Complimenti! Complimenti! Complimenti a Maria Giulia.
.. e grazie infinite.