Project Work realizzato nell’ambito del Master in Medicina Narrativa Applicata Ed. XII
di Alessandra Cecchonello, Ortodontista, e Angela Micheli, Educatrice Professionale
introduzione e metodo
“Generazione Z” è il report di un piccolo progetto di ricerca che ha utilizzato gli strumenti della medicina narrativa per indagare un gruppo di adolescenti tra gli 11 e i 18 anni che frequentano i servizi di studio assistito e doposcuola di Alinsieme, una cooperativa sociale di Vicenza.
Con una traccia semi strutturata è stato chiesto loro di raccontarsi. Come hanno attraversato questi ultimi due anni scolastici tra lockdown, DAD e restrizioni? Cosa hanno perso e cosa hanno scoperto? Sono davvero irrimediabilmente imprigionati nel mondo virtuale, incapaci di riprendere relazioni concrete e reali?
Allo stesso tempo, si è deciso di indagare anche il punto di vista degli adulti che sono a contatto con loro, genitori, insegnanti educatori, per capire come le due generazioni si “vedono” e si percepiscono.
Da tutte le narrazioni è emerso che la pandemia è stata, ed è, tuttora, un trauma individuale e collettivo che ha lasciato tracce profonde e non ancora risolte in molti individui, perché ha determinato una frattura nella linearità biografica.
In questo specifico contesto, la medicina narrativa ha consentito a tutti di dar voce a pensieri e stati d’animo che altrimenti non avrebbero trovato altre possibilità di espressione. In sostanza, ha aperto una finestra su vissuti che non vengono indagati in altri modi, che non trovano strumenti adeguati a esprimersi e soprattutto, orecchie interessate ad ascoltarli.
Al progetto hanno aderito in 41, di cui 16 ragazzi, 6 genitori, 13 insegnanti e 6 educatori. L’età media più rappresentata dei ragazzi va dai 14 e i 17 anni, per gli educatori è di 25 anni, per genitori e insegnanti tra i 50 e i 60 anni.
Il materiale raccolto è ricco e offre lo spunto per molti approfondimenti, ma in questo contesto ci interessa concentrarci sui racconti dei ragazzi. Pur nella limitazione dei numeri, l’insieme delle narrazioni ci restituisce un’immagine fresca, viva e fortunatamente sorprendente degli adolescenti.
In generale, il quadro corrisponde a quanto riportato dall’ISTAT nella sua recente indagine “I ragazzi e la pandemia: vita quotidiana a distanza” pubblicato a maggio 2022, ma l’uso della narrazione fa emergere le sfumature personali e i pensieri originali di chi ha scritto, contenuti che non affiorano in un questionario.
I testi, per la maggior parte, sono costruiti con un linguaggio descrittivo, semplice ed essenziale anche se alcuni dei ragazzi dimostrano una gran capacità di riflessione e introspezione con l’uso di un linguaggio più articolato ed espressivo.
le narrazioni raccolte
Sono state tutte scritte a mano con mezzi differenti, grafie minute o ampie e slanciate, organizzate in paragrafi estesi a coprire tutto lo spazio disponibile o concentrati in una riga e mezza. Correzioni, punti esclamativi, parentesi. Pensieri, osservazioni, desideri, sogni, certezze, un mondo cangiante e vivace.
Prima del Covid si stava molto bene ed ero più libera, si poteva fare più cose all’aperto. Poi è cambiato tutto e mi sentivo in gabbia non potevo più divertirmi come prima… mi manca uscire con gli amici e passare il tempo con loro o andare visitare mia nonna.
Adesso a scuola…dai, molto meglio di prima anche se a volte è noioso. È più facile perché se ho bisogno c’è qualcuno che mi può aiutare o posso studiare in tranquillità. Mi piace uscire con gli amici in centro, abbracciare tutti, andare in vacanza, è estate quindi si va in piscina/mare.
E cosa ci hanno raccontato? Che il loro benessere nasce dalla possibilità di creare e coltivare relazioni, dalla possibilità di “essere” fisicamente con i propri amici, di seguire i propri interessi e praticare le proprie passioni. Questi adolescenti desiderano e hanno bisogno di vivere le relazioni fisicamente, di avere libertà di movimento per spendere l’energia fisica ed intellettuale tipica dell’età, che ha curiosità, passioni da seguire e coltivare, sogni da realizzare.
Io prima del Covic ero felice, perché avevo incominciato il primo anno di superiori. Potevo fare un sacco di cose, anche se ora come ora sono riuscito a riprendere ciò che mi era stato tolto. A stare a casa mi sentivo annoiato, soprattutto dopo un mese, perché questo nuovo stile di vita in cui tutti noi avevamo a che fare mediante il lockdown, è passato da novità ad abitudine, fino alla noia…
Adesso a scuola posso rivedere i compagni e non più davanti a uno schermo per metà. Almeno ora le lezioni sono più semplici da seguire e posso stare meno ore dietro gli schermi. Studiare è utile e indispensabile per crescere e maturare nelle proprie scelte di vita.
Mi far stare bene stare con persone vere che non mi facciano sentire solo, seguire le mie passioni ed essere me stesso al 100% senza filtri, ma soprattutto sognare ed inseguire i propri sogni!
Nei loro racconti il mondo digitale è menzionato molto poco e prevalentemente in relazione all’uso della DAD, aspetto che fa riflettere, dal momento che gli adulti hanno la percezione di una presenza pervasiva di strumenti digitali nella vita dei ragazzi.
Molti degli adulti che hanno scritto descrivono i ragazzi come dipendenti da cellulari, pc, tablet, play station, apparentemente indifferenti a quanto accade nel mondo attorno a loro, senza voglia di studiare e far fatica. E, a proposito di fatica, ci siamo interrogate su quanto questa sia dovuta a reali difficoltà o alla mancanza di volontà a impegnarsi o, piuttosto, alla percezione dei ragazzi, anche inconsapevole, ma precisa, che i modelli di apprendimento, il tipo di studio e i contenuti proposti dalla scuola siano molto lontani da sensibilità, curiosità e meccanismi di apprendimento cognitivo nuovi e differenti di questa generazione.
Per quanto riguarda la scuola e lo studio, infatti, unanime la difficoltà percepita dagli adolescenti con la DAD. E non tanto, o non solo, per il mezzo in sé, ma per quello che toglie alla didattica normale: la vicinanza. la relazione, l’essere fisicamente insieme anche a studiare. Gli aggettivi più ricorrenti utilizzati per descrivere lo studio sono stati difficile, complicato, noioso, faticoso, stancante, spesso con l’aggiunta del “più”.
Studiare era:
Molto più difficile rispetto a quando eravamo a scuola
Stancante, faticoso e non necessario.
Difficile e faticoso e non ti potevi concentrare tanto soprattutto avere due fratelli che fanno la DAD allo stesso momento…
Difficile perché non avevo i professori con me
Complicato, nelle lezioni online non sempre riuscivi a capire cosa stava spiegando il professore e quindi ti toccava studiare da sola.
impossibile, non riuscivo a concentrarmi e non avevo voglia
E ora? Studiare è differente, i termini che ricorrono con maggiore frequenza sono facile, impegnativo, semplice, utile. E spesso ancora con il più davanti.
Studiare è:
Ritornato ad essere normale
Molto più semplice
Faticoso, specialmente per alcune materie, ma con il giusto metodo lo faccio senza troppi problemi.
Più facile perché se ho bisogno c’è qualcuno che mi può aiutare o posso studiare in tranquillità
Migliorato rispetto alle medie, grazie alla quarantena ho imparato a studiare da sola senza il bisogno di chiedere aiuto
Non tutti, però, sono riusciti ad attraversare tranquillamente questi due anni. Tre delle sedici narrazioni descrivono infatti situazioni di disagio personale importanti che la pandemia ha scatenato o peggiorato. Sono testimonianze lucide che descrivono con parole semplici, ma appropriate, un vissuto di ansia così importante da richiedere un supporto psicoterapico, la perdita di motivazione e di senso per lo studio che persiste tutt’ora, il bisogno di “nascondersi” dietro la mascherina per aggirare la difficoltà di esporsi nelle relazioni in presenza.
Ero vuota, apatica, stanca. Ero strana, come se dentro avessi un minestrone di emozioni, era molto difficile riconoscerle singolarmente e questo mi causava molta angoscia. Avevo un perenne nodo in gola.
Raccontano delle fragilità dell’adolescenza con linguaggio diretto e rivelano una consapevolezza della propria situazione che molti adulti non hanno saputo dimostrare.
Colpisce poi nei ragazzi l’attenzione ai problemi dell’ambiente e, in generale, del mondo contemporaneo (guerra, pandemia, cambiamenti climatici). Per alcuni il futuro è incerto e genera incertezza e apprensione, ma la maggior parte, per fortuna, racconta i propri sogni che non aspettano altro che di essere realizzati, molto più di quelle degli adulti, che per il domani aspirano “solo” a tornare alla normalità.
Per il futuro vorrei un mondo tranquillo senza razzismo, un mondo più (pulito) e cercare di diventare un dottore.
Non vedo molto futuro, con cambiamenti climatici, covid e molti altri problemi non so dove finiremo. Ho paura ad avere figli perché non posso assicurar loro il futuro che meritano.
Per il futuro vorrei una vita piena di avventure e stare molto all’aria aperta. praticare tanto sport, fare molte esperienze, avere una famiglia stabile con un lavoro onesto, dinamico, che sappia soddisfare le mie esigenze.
Il che ristabilisce l’ordine naturale delle aspettative rispetto all’età con i giovani proiettati al domani da conquistare e gli adulti impegnati a conservare il presente costruito con fatica negli anni.