In data 26 febbraio, abbiamo deciso di rimandare l’avvio del Master in Medicina Narrativa, cercando di preservare la possibilità dell’effettuare in presenza il primo modulo. Il 26 febbraio, però, appartiene ormai a un’epoca storica antica: annunciamo quindi che inizieremo il Master effettuando il primo modulo del 7, 8 e 9 maggio in modalità “Distance Learning – Live Streaming” con interazione real time con i docenti e gli altri partecipanti.
Nel frattempo, ci siamo attrezzati su due fronti: il primo, è quello di preservare il contatto umano e l’empatia anche attraverso questa nuova formula. Il primo modulo sarà un susseguirsi di lezioni in presenza, gruppi di lavoro (grazie a Zoom potremo dividere la classe in sottogruppi) e materiale disponibile sulla piattaforma della formazione a distanza che potremo utilizzare sia in modo propedeutico che durante quelle giornate, e persino successivamente. Tutte le lezioni saranno registrate per chi sarà impossibilitato a seguire il programma.
Il secondo fronte riguarda i contenuti: benché i docenti siano gli stessi, è chiaro che tutti i professionisti sanitari italiani, tra medici e infermieri, hanno vissuto la velocissima conversione di posti letto, ambulatori, e altri luoghi di cura in centri COVID-19. È come se l’Italia – con la Lombardia come situazione più drammatica – si fosse riconvertita in un gigantesco ospedale da campo, o in rifugi antiaereo dove stare in quarantena. E ora, anche il resto del mondo occidentale si è fermato.
Andare oggi in aula, quindi, significa avere una responsabilità immensa: significa parlare e insegnare l’importanza delle storie e dei fattori di “cicatrizzazione” e “cura” anche dei professionisti che hanno vissuto quotidianamente, con straordinario senso di missione e sull’onda di un’adrenalina che li ha tenuti in piedi, la morte in corsia – così come non si era mai vista. Una morte che è arrivata non unendo le persone, ma tenendole distanti: una morte ai limiti dell’umanità.
Non potremo parlare di semplice burn-out, ma di stress post-traumatico: gli operatori hanno vissuto – e stanno vivendo tutt’ora – un trauma; e anche noi cittadini, insegnanti, studiosi siamo portatori del trauma delle nostre vite interrotte e spezzate. Anche se assistiamo all’eroismo del volontariato, a un diffuso sentimento di altruismo e di prospettiva per il bene comune, gli slogan rimangono “Nessuno incontri nessuno”, “Ognuno è un possibile infetto”, “Tutti a casa”: oltre ai danni economici, quanto grande è lo sconvolgimento psicologico?
I temi su cui lavoreremo, quindi, saranno sì dedicati alla lettura di narrazioni antecedenti all’emergenza COVID-19, ma anche alla comprensione di storie ai tempi del COVID-19: disporremo di una banca dati di narrazioni autentiche, dal momento che, come Fondazione ISTUD, abbiamo lanciato una ricerca cross-generazionale il 23 febbraio.
Nei linguaggi di cura, al primo posto vi sono narrazioni di come possiamo prenderci cura degli operatori: perché molto probabilmente, quando arriverà un paziente lamentandosi per una dolorosa lombalgia, diversi medici e infermieri usciti dalla battaglia lo guarderanno in modo forse “assente”, ricordando tutti quei letti in terapia intensiva e i pronati, e con gioia i guariti, il cui primo grande passo è l’estubazione. Come risponderanno alla dolorosa e invalidante lombalgia, non lo sappiamo: vale la pena di costruire insieme questa risposta.
Vi aspettiamo in tutti i modi possibili, iscritti e non ancora iscritti: saremo tutti uniti a distanza i primi di maggio.