Per iniziare Le chiedo se vuole delineare la sua biografia professionale e Fondazione Onda.
Francesca Merzagora, fondatrice e Presidente di Fondazione Onda ETS un Osservatorio nazionale costituito quasi vent’anni fa con l’intento di promuovere la medicina di genere e di favorire l’accesso a diagnosi e cure prevalentemente per il genere femminile.
Come si estende il pregiudizio di genere all’interno del mondo della medicina e della cura nei confronti dei e delle pazienti?
Il pregiudizio di genere nel mondo della medicina e della cura si manifesta in vari modi, influenzando negativamente tutti i pazienti. Ecco le principali criticità:
1. Sottovalutazione del dolore femminile: le esperienze di dolore delle donne ricevono meno considerazione da parte degli uomini. Vi sono studi che hanno dimostrato che il dolore riferito dalle donne viene spesso considerato come “esagerato” o “emotivo” dai professionisti della salute, con la conseguente prescrizione di trattamenti meno aggressivi o l’attribuzione dei sintomi a fattori psicologici.
2. Diagnosi tardive nelle donne: molte malattie, come le patologie cardiache, vengono diagnosticate più tardi nelle donne rispetto agli uomini. I sintomi femminili possono differire da quelli maschili, ma la ricerca storicamente è stata centrata più sugli uomini, portando a diagnosi errate o ritardate. Questo è particolarmente vero per malattie come infarti o condizioni autoimmuni.
3. Differenze nella ricerca medica: per molto tempo, gli studi clinici sono stati condotti prevalentemente sugli uomini, il che ha portato a una mancanza di dati specifici sulle risposte mediche femminili ai farmaci e alle terapie. Questo limita la comprensione di come certe patologie si manifestano e rispondono ai trattamenti nelle donne, contribuendo a cure meno efficaci.
4. Malattie “femminili” sottovalutate: patologie come l’endometriosi, la fibromialgia e la sindrome dell’ovaio policistico, che colpiscono principalmente le donne, sono spesso trascurate o minimizzate, nonostante il loro forte impatto sulla qualità della vita. Queste condizioni possono impiegare anni per essere diagnosticate correttamente, e le pazienti spesso si sentono invalidate nei loro sintomi.
5. Norme culturali legate alla mascolinità: Al contrario, gli uomini spesso evitano di cercare assistenza medica per problemi di salute mentale o fisica per non apparire vulnerabili o “deboli”, a causa di aspettative culturali legate al loro ruolo maschile. Questo può portare a diagnosi tardive o al mancato trattamento di problemi seri.
6. Salute riproduttiva e maternità: Il focus sulla salute riproduttiva delle donne spesso oscura altri aspetti importanti della loro salute generale. Le donne possono essere considerate principalmente in funzione della loro capacità di procreare, con meno attenzione alla loro salute globale. Allo stesso tempo, problemi come la depressione post-partum possono essere sottostimati o non trattati adeguatamente.
7. Accesso alle cure: esistono barriere economiche e sociali che possono influenzare l’accesso ai servizi sanitari, e queste barriere tendono a colpire maggiormente le donne, specialmente in contesti socio-economici più vulnerabili.
Questo pregiudizio di genere non solo perpetua le disuguaglianze, ma limita anche la capacità del sistema sanitario di fornire cure personalizzate ed efficaci a tutti i pazienti, indipendentemente dal loro genere. Combattere queste disuguaglianze richiede un cambiamento nell’educazione medica, nella ricerca e nella pratica clinica.
Vuole ricordare un progetto di Fondazione Onda in cui è emerso forte il pregiudizio di genere?
Un progetto significativo di Fondazione Onda, in cui è emerso un forte pregiudizio di genere, è “Gli stereotipi di genere in sanità: un percorso culturale”. Questo studio, condotto negli ospedali lombardi, ha messo in luce quattro stereotipi principali: la violenza (soprattutto verbale) contro gli operatori sanitari, la percezione di insicurezza sul posto di lavoro, la maternità vista come un ostacolo allo sviluppo professionale delle donne e la disuguaglianza contrattuale tra uomini e donne.
Uno degli aspetti critici evidenziati è il trattamento differenziale che le donne subiscono in ambito sanitario, non solo come pazienti ma anche come professioniste. La ricerca ha mostrato come le operatrici sanitarie affrontino barriere di genere, che includono discriminazioni legate alla loro carriera, con la maternità spesso considerata un freno alle loro opportunità di avanzamento. Inoltre, la violenza verbale è emersa come una delle problematiche più comuni.
Questa iniziativa ha portato alla stesura di un Manifesto con raccomandazioni rivolte a Istituzioni, ospedali e società scientifiche, per promuovere pratiche più inclusive e rispettose delle differenze di genere, sia per i pazienti che per i lavoratori del settore sanitario.
Dagli studi di Istud è emerso che, persino quando l’argomento da analizzare era l’approccio ad una malattia più prevalente negli uomini, le narrazioni femminili erano più numerose di quelle maschili; Fondazione Onda ha riscontrato gli stessi risultati oppure sono emerse altre evidenze?
Concordo le donne hanno un atteggiamento molto più aperto nei confronti della condivisione delle proprie esperienze e della scrittura.
I Bollini Rosa sono una splendida idea di ONDA: che impatto hanno sulle cure e sull’accoglienza delle donne nei percorsi loro dedicati?
Il Bollino Rosa è il riconoscimento attribuito agli ospedali italiani che hanno un approccio diagnostico terapeutico orientato al genere femminile. è un riconoscimento molto apprezzato dagli ospedali, sono 361 attualmente quelli insigniti di questo riconoscimento che è un esempio concreto di applicazione di medicina di genere in ambito sanitario. Il valore del Bollino Rosa è anche legato alla partecipazione di questi ospedali a iniziative organizzate da Fondazione Onda: in occasione di giornate dedicate a talune patologie questi ospedali aprono la porta la popolazione e offrono servizi diagnostico terapeutici informativi gratuiti avvicinando quindi le pazienti alle diagnosi piu’ precoci e alle cure migliori.
Narrazioni troppo spesso al femminile dei caregiver, cosa si potrebbe proporre alle Istituzioni?
Le narrazioni sul ruolo del caregiver sono spesso al femminile, riflettendo una realtà in cui le donne assumono la maggior parte delle responsabilità di cura, sia per i bambini, gli anziani, che i malati. Tuttavia, questa visione limitata non riconosce appieno il contributo dei caregiver uomini e rafforza gli stereotipi di genere che vedono la cura come una responsabilità quasi esclusivamente femminile. Per promuovere una visione più equa e bilanciata del ruolo del caregiver, si potrebbero proporre diverse iniziative alle Istituzioni.
Le istituzioni dovrebbero promuovere campagne pubbliche che riconoscano il ruolo dei caregiver uomini, valorizzandone il contributo e incoraggiando una più equa distribuzione delle responsabilità di cura. È essenziale infrangere lo stereotipo secondo cui la cura è un compito “femminile” e normalizzare il coinvolgimento maschile. Occorre promuovere una legislazione che incentivi il congedo parentale e di cura equamente distribuito tra i genitori. In alcuni paesi, il congedo parentale è stato strutturato per incoraggiare anche i padri a prendersi cura dei figli, con risorse specifiche destinate esclusivamente a loro. Questo non solo bilancerebbe i ruoli di cura, ma rafforzerebbe anche il riconoscimento del caregiving come una responsabilità condivisa.
Supporto economico e formazione per tutti i caregiver: spesso il caregiving è associato a difficoltà economiche, dato che molte donne riducono le ore lavorative o lasciano il lavoro per assumere il ruolo di caregiver. Le Istituzioni dovrebbero fornire un sostegno finanziario accessibile a tutti i caregiver, indipendentemente dal genere, e organizzare corsi di formazione per garantire che chiunque sia coinvolto nella cura di persone malate o anziane sia adeguatamente preparato.
Integrazione del caregiving maschile nelle politiche sanitarie e sociali: le politiche sanitarie e sociali devono riconoscere esplicitamente i caregiver uomini, offrendo loro supporto psicologico, formazione e opportunità di confronto con altri caregiver, per evitare che si sentano isolati o non riconosciuti nel loro ruolo. Incentivi aziendali per il caregiving condiviso. Le aziende possono essere incoraggiate, attraverso incentivi fiscali, a promuovere politiche interne che favoriscano un equilibrio tra lavoro e caregiving per tutti i dipendenti, maschi e femmine. Ciò potrebbe includere flessibilità oraria, smart working e sostegno specifico per i lavoratori che sono anche caregiver. Queste iniziative mirano a cambiare la percezione sociale del caregiving, non solo come un compito “da donna”, ma come una responsabilità condivisa, che deve essere supportata e riconosciuta da tutti i settori della società