Ospitiamo il commento di Stefania Polvani sul libro “Narrative Medicine. Bridging the Gap between Evidence-Based Care and Medical Humanities” di Maria Giulia Marini. Stefania Polvani è sociologa presso l’Azienda USL Centro Toscana, presidente eletto della SIMeN (Società Italiana di Medicina Narrativa), e fa parte del coordinamento scientifico presso l’OMNI (Osservatorio di Medicina Narrativa Italiano).
Può un libro incidere sulla salute delle persone? Una audace risposta positiva arriva da “Narrative Medicine. Bridging the Gap between Evidence – Based Care and Medical Humanities” di Maria Giulia Marini, edito da Springer in una prestigiosa veste grafica, scritto in lingua inglese. Un libro che va al cuore di una questione: intervenire sul benessere, lavorando con le storie di malattia e di cura. Per questo il libro della Marini ha un altissimo valore per i contenuti, ma ha anche il grande merito di portare la Medicina Narrativa fuori dagli ambienti circoscritti, comunicando potenzialmente con chiunque, in Italia e nel Mondo.
Quello che caratterizza “Narrative Medicine. Bridging the Gap between Evidence-Based Care and Medical Humanities”, rispetto ad altri lavori che negli ultimi anni sono stati editati nel nostro Paese in tema di Medicina Narrativa, è la sfaccettatura di punti di vista sull’argomento. E così ogni capitolo può essere considerato un lavoro a sé, letto e riletto separatamente dagli altri, e il lettore – professionista della salute, ma anche cittadino o paziente – può scegliere di soffermarsi sul rapporto tra medicina basata sulla narrazione o sull’evidenza, sulla Mitologia e la cura, su temi centrali quali l’empatia, la comunicazione, la personalizzazione dell’assistenza.
Il libro si sviluppa facendo narrare pazienti e curanti attraverso una selezione di storie così diverse, ma anche così intersecate tra loro attraverso il comune potere dei vissuti. Si apprezza tanto il fatto che la pubblicazione sia permeata ed arricchita dall’esperienza del Master in Medicina Narrativa Applicata della Fondazione ISTUD, di cui la Marini è direttore, che è il maggior artefice ad oggi in Italia della formazione degli operatori in Medicina Narrativa.
“Narrative Medicine. Bridging the Gap between Evidence-Based Care and Medical Humanities” è un lavoro unico per l’analisi della sostenibilità di un approccio umanistico, originale in epoca di medicina basata sull’evidenza, ma che promette risultati di valore sia in relazione ai bisogni e i diritti dei pazienti che delle organizzazioni per la Salute.
È un libro che ci auguriamo che sia letto dai pazienti, dai caregivers, dai medici, dagli infermieri, dagli assistenti sociali, dagli psicologi e da tutte le professioni di cura come facilitatore, per dirla con John Launer, del ricongiungimento delle parti frammentate della cura.