Il congresso della SIMEN, Società Italiana di Medicina Narrativa che si è tenuto ad Arezzo dal 10 al 12 maggio, si è chiamato ed è stato effettivamente un “racconto dei racconti”. Infatti, ciascun partecipante medico, infermiere, farmacista, filosofo, antropologo, paziente, scienziato, fisioterapista, assistente sociale, esponente di altre professioni o cittadino, ha portato la sua novella. La sua storia personale e professionale rispetto alla malattia, alla salute alla medicina narrativa.
Giambattista Basile ha scritto nel ‘600 il novelliere “Il racconto dei racconti”, una meta-narrazione composta da plurime storie che s’intrecciano per portare gioia e diletto a una donna incinta che soffre di malinconia. Così, analogamente, le narrazioni della sanità si sono riunite arrivando da tutta Italia e dall’università di Oxford. Se nel “Cunto de li cunti”- il racconto dei racconti di Basile – i cattivi erano orchi, re e regine folli e avidi, persone che non sapevano accettare il ciclo naturale della vita in una pazza pretesa di eterna giovinezza e ricerca affannosa di potere dispotico, così nel congresso ad Arezzo, i cattivi sono stati rappresentati dall’ingiustizia delle malattie, della vulnerabilità e da una certa arroganza di poter curare qualsiasi condizione, senza ascoltare l’Altro, in una carenza di intersoggettività tra curante e curato. Nel Racconto di Basile i buoni sono coloro che ascoltano e che hanno fantasia, creatività, le persone che lavorano senza pretese, senza aspettarsi nulla in cambio. Il dono arriva inatteso e inaspettato e non in modo calcolato. I buoni sono la gente del Popolo, le persone che si vogliono bene, gli innamorati e le fate che intervengono a salvare gli ammalati, i fragili, e i semplici.
Ad Arezzo, ma più in generale, le narrazioni dei malati non sono solo ombre e luoghi di solitudine ma grazie alla cura di tutti i professionisti e del tessuto delle relazioni umane, si riempiono di luci e speranze, anche in prossimità della morte. Il segreto è saper intravedere attraverso il buio, quelle poche parole che riflettono la luce e attaccarsi a queste per far sì che la medicina narrativa non sia solo sofferenza ma i trasformi in diletto, gioia, o addirittura come diceva Basile “intrattenimento per i piccirilli”. È attraverso la storia che si riesce a creare una nuova possibilità d’identità, quando arrivano i traumi che la vita ci pone in maniera più o meno prevedibile e giustificata. Per tessere la tela dei racconti sogniamo l’avvio e la realizzazione concreta di una maggiore complicità tra i narratori, di qualunque origine essi siano, senza autoreferenzialità ma affascinati dall’arte e dalla tecnica dell’ascoltare, osservare, commuoversi di fronte alle storie e nel poter raccontare la propria versione. Così scrive Basile:
“non c’è cosa più ghiotta al mondo che sentire i fatti degli altri: così fu a ragione veduta che il grande filosofo Aristotele pose l’ultima felicità dell’uomo nell’ascoltare racconti piacevoli, poiché porgendo l’orecchio a cose gustose svaporano gli affanni, si sfrattano i pensieri fastidiosi e si allunga la vita. Per questo desiderio vedi gli artigiani lasciare le officine, i mercanti abbandonare i traffici, i dottori non seguire le cause”.
Le persone convenute ad Arezzo di fatto sono affascinati dalle narrazioni: ora però sta a noi tutti partecipanti applicarle nella formazione, nella ricerca, nella pratica clinica, sia nella cronicità e nelle fasi della vita. Dalla nascita alla crescita, dall’essere adulto all’invecchiare e al morire, e nei diversi paesi e continenti di provenienza, secondo un pensiero di Welfare. Buon viaggio narrativo. Auguriamo, dopo questi primi passi nella stesura del Racconto dei Racconti, un vero e riconosciuto successo all’applicazione della Medicina Narrativa in congiunzione e non in opposizione Medicina Basata Sulle Evidenze. Ancora c’è molto da fare fuori da Arezzo per avere quel riconoscimento concreto del nostro Racconto dei Racconti, che, per esempio, è stato negato a Basile con il suo Racconto dei racconti, mai studiato a scuola, tralasciato e dimenticato e riconsiderato solo dopo tre secoli di distanza da Benedetto Croce, da Calvino, come un capolavoro narrativo. La medicina narrativa sapiente e creativa non può rimanere nascosta per tre secoli ma deve far sentire la sua voce strutturata e affascinante, competente e emozionante, fin da subito, trasformandola da Gatta Cenerentola – fiaba di Basile dentro il Racconto dei Racconti, forse il primo a scrivere questa novella, – a Principessa.