Intervista al team Janssen dello studio DIAMANTE
Lo studio clinico DIAMANTE, è uno studio osservazionale che l’Azienda Janssen sta portando avanti con la collaborazione dell’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD che, per la prima volta, integra ai questionari quantitativi, tipici degli studi clinici, un’indagine narrativa sul vissuto di malattia. In particolare, lo studio è rivolto a persone con forse una delle diagnosi più stigmatizzanti del mondo moderno, l’HIV.
In merito a questo approccio innovativo, integrativo fra metodologie quantitative e qualitative, abbiamo il piacere di presentare ai nostri lettori un’intervista non solo ad uno dei referenti del progetto, bensì all’intero team Janssen coinvolto nello studio DIAMANTE.
1) Come prima domanda, vi chiedo di presentarvi brevemente ai nostri lettori, dal vostro ruolo in azienda all’interesse per la medicina narrativa?
Roberta Termini, Therapeutic Area Medical Manager di Janssen Italia.
Daniela Mancusi, Medical Affairs Manager HIV, Janssen.
Alessia Uglietti, Medical Affair Manager Infectivology, Janssen.
Maria Palma, Medical Affair Manager, Janssen.
Roberta Termini: Ho scoperto la medicina narrativa partecipando ad un Convegno che aveva organizzato Maria Giulia Marini qualche anno fa. Sentendo parlare persone che se ne occupano da anni e che riportavano il percepito dei pazienti, ho scoperto che era non solo era possibile ma che un progetto di medicina narrativa era già stato effettuato in HIV, patrocinato da un’altra Azienda. Sulla base di questa esperienza, abbiamo cominciato ad interessarci alla metodica, per capire se questo approccio potesse essere applicato anche ad uno studio clinico.
Daniela Mancusi, Alessia Uglietti, Maria Palma: Abbiamo scoperto la medicina narrativa grazie alla nostra collega Roberta che ci ha parlato di un Convegno a cui aveva assistito dove era venuta a conoscenza di questo nuovo approccio, e da lì abbiamo pensato a quale potevano essere le applicazioni nella nostra area terapeutica e nei nostri studi.
2) Ci descrive come è nata l’idea di integrare l’indagine narrativa in uno studio clinico?
Maria Palma: L’idea di applicare la medicina narrativa ad uno studio clinico ci ha entusiasmate; in passato avevamo già avuto un’esperienza di utilizzo di questionari in uno studio osservazionale, per catturare quello che era il punto di vista dei pazienti. L’idea di far scrivere dei narrative plot ai pazienti sulla loro esperienza, ci è parso un andare ancora più in profondità sul tema e di mettere ancora di più il paziente al centro dello studio stesso.
Roberta Termini: Janssen ha infatti una serie di attività che sono volte alla patient centricity poiché considerato come un vero e proprio valore aziendale.
3) Quali aspettative avete al riguardo di un progetto così all’avanguardia? Quale valore aggiunto porterà a vostro avviso la narrazione allo studio clinico?
Alessia Uglietti : I pazienti sono diventati, come diceva Roberta, la centralità della nostra attività, in tutte le fasi dello studio clinico in sé. Di conseguenza, si cerca di dare maggior spazio alle loro percezioni e al loro sentire, soprattutto quando, come in questo caso, ci raffrontiamo con una patologia come l’HIV, che ancora oggi viene considerata il “cigno nero”. Alcuni pazienti infatti hanno ancora problemi a schierarsi e non ne parlano. Con la medicina narrativa possono sfogarsi e quindi auto-descriversi, descrivere le loro sensazioni, i loro sentimenti, episodi di vita vissuta con questo segreto che si portano dentro.
Roberta Termini: Lo studio DIAMANTE è uno studio “osservazionale”, di pratica clinica; non è dunque di tipo interventistico-registrativo. Da questo punto di vista la medicina narrativa di fatto aggiunge alla pratica clinica un pezzetto che, fa sì parte della pratica clinica, ma che finora è sempre stato un po’ negletto. Di fatto, di che cosa pensasse veramente il paziente probabilmente se ne sono occupati in pochi ad oggi e sicuramente nessuno prima d’ora si era occupato del percepito del paziente in uno studio clinico. In alcuni casi il paziente viene addirittura “inascoltato”: ad esempio, spesso nel tentativo di convincere il paziente a fare una cosa che si pensa la migliore per loro, si tralascia l’ascolto delle loro perplessità. L’approccio narrativo probabilmente porta ad un passo avanti, e anche i medici che hanno partecipato finora allo studio in questione, senza conoscere per il momento i risultati, si sono già espressi in modo positivo sull’aggiunta della medicina narrativa.
4) Come è stata percepita la novità dell’indagine qualitativa dai vostri collaboratori, medici e pazienti coinvolti, abituati al mondo evidence-based medicine?
Daniela Mancusi: Per quanto riguarda i medici, all’inizio ci sono state delle reazioni un po’ contrastanti: alcuni già conoscevano lo strumento, pertanto lo hanno accolto assolutamente con entusiasmo; altri erano un po’ scettici perché temevano che, trovando già difficile far compilare ai pazienti un questionario, non avrebbero accettato la compilazione della narrazione poiché forse un po’ più complessa. Tuttavia, ponendo lo sguardo a come sta andando ad oggi lo studio, abbiamo 93 pazienti arruolati e di questi oltre il 40% ha già compilato anche la parte narrativa nel primo form; ve ne sono poi altrettanti che hanno avuto la possibilità di portare il plot narrativo a casa per poterlo compilare con un po’ più di privacy e di intimità. Coloro che hanno rifiutato di partecipare a questa parte dello studio sono veramente una minoranza: si tratta soprattutto di extracomunitari che non conoscono bene l’italiano, oppure persone scarsamente alfabetizzate per cui non si sentivano davvero di poterlo compilare. Al momento le perplessità dei medici sulla non accettazione da parte dei pazienti non si sono verificate, perché la maggior parte dei pazienti l’hanno accettata, anche molto volentieri! Dai primi stralci che abbiamo letto, infatti, molti partecipanti hanno avuto delle reazioni estremamente positive: alla domanda “Come si è sentito a scrivere la sua narrazione?” abbiamo avuto delle risposte quali “Sono felice di aver potuto raccontare la mia esperienza e di potermi sfogare”. Almeno da questi primi risultati siamo molto felici di come sta andando il progetto integrativo e speriamo che continui ad andare in questo senso.
Maria Palma: Per quanto riguarda i nostri collaboratori, abbiamo presentato questo nostro progetto che includeva la medicina narrativa in uno studio clinico, alla direzione medica e ad altre aree terapeutiche come l’immunologia e l’ematologia. Anche altri team hanno deciso di capirne di più, di conoscere meglio questo aspetto di analisi narrativa poiché, soprattutto in malattie come l’HIV, ma anche la psoriasi, che hanno uno stigma dal punto di vista sociale, la medicina narrativa può abbattere qualche barriera. Questo è il motivo per cui si sta pensando anche di mettere a punto un progetto per quanto riguarda anche pazienti con mieloma multiplo, in uno studio di immunologia e nell’area terapeutica dell’ematologia. Sono iniziative ancora in fase di ideazione, ma che ci piacerebbe molto portare avanti in futuro.
Alessia Uglietti: La medicina narrativa e questo studio ci potranno aiutare a pensare a nuove iniziative attraverso l’integrazione dei risultati relativi alla parte narrativa e quelli derivanti dallo studio clinico, come ad esempio iniziative per i pazienti, strutturati in modo specifico a seconda dei risultati ottenuti. Per la diffusione dei dati che è una parte fondamentale per il nostro team, sarà importante far conoscere la metodologia ma anche i risultati ai clinici che non partecipano a questo studio e che non si raffrontano con la medicina narrativa.
Roberta Termini: Prevediamo infine di presentare i primi risultati sui questionari che sono stati raccolti al tempo basale, al prossimo Congresso Nazionale Di Malattie Infettive che si terrà a giugno a Milano.