di Maria Giulia Marini e Alessandra Fiorencis
Gli studi sull’organismo degli effetti benefici delle arti tutte, da quelle visive (disegno, pittura, artigianato, pittura, fotografia, cinema, scultura e tessile) a quelle letterarie (scrittura, lettura, festival letterari), alla fruizione della cultura (musei, gallerie, mostre d’arte, concerti, teatro, eventi della comunità, festival culturali e fiere), alle arti online (animazioni digitali e computer grafic) sono l’oggetto di un rapporto basato sulle evidenze sul benessere a cura della Organizzazione Mondiale della Salute (OMS), redatto a novembre 2019. [1]
La stessa OMS promuove l’uso delle arti per favorire la salute e il benessere degli individui e la coesione sociale, e questa prassi rappresenta una grande rivoluzione: la più importante istituzione al mondo in materia di salute, inclusiva verso qualsiasi forma di diversità fisica, mentale, sociale, economica, spirituale e culturale, si rivolge dunque agli operatori sanitari, esortandoli ad aprire studi medici, ospedali, ambulatori, sale d’attesa e centri di riabilitazione all’arte, in quanto terapeutica.
Con le dovute questioni di soggettività sul “cosa è bello”, l’impatto dell’arte viene oggi scientificamente dimostrato dalle neuroscienze. Gli studiosi di neuroestetica, valutando l’interazione tra cervello, corpo e arte, hanno scoperto che nella parte corticale del nostro cervello esiste il centro del piacere e della ricompensa. Questo centro si attiva quando le persone ascoltano musica ritenuta piacevole o guardano un quadro, o una foto che avevano già considerato bella: il centro del piacere cerebrale è ricompensato con un neurotrasmettitore che ci pone in una condizione di calma, lucidità, progettualità e resilienza.
A settembre 2019, l’Area Sanità e Salute di Fondazione ISTUD ha lanciato, quasi in sincronia con l’OMS, un sondaggio per cercare di comprendere quali fossero le opere d’arte ideali che le persone desiderano vedere nei momenti di fragilità: questo perché pensiamo che tra i linguaggi di cura – accanto alle parole, ai gesti e ai suoni – sia terapeutica anche l’arte, resa fruibile nei luoghi dove si esperiscono la diagnosi, la terapia, l’intervento chirurgico, la riabilitazione e altri attività di cura. Questa apertura alla bellezza si deve comunque integrare in prima istanza alla sicurezza, pulizia, e manutenzione delle strutture di cura, fattori che rimangono il primo gradino su cui costruire la fiducia nei pazienti verso le organizzazioni sanitarie.
Da studi che hanno registrato l’effetto dell’arte sull’individuo e sul paziente abbiamo compreso gli effetti positivi della visione di opere d’arte, ma le domande che ci siamo posti come ricercatori sono: Quali opere d’arte possono condurci al benessere? Esistono delle tendenze comuni da portare a coloro che hanno il compito di architettare e arredare i luoghi di cura, attraverso particolari istallazioni dedicate all’arte visiva? Ci sono dei gusti diversificati per età e per genere?
Al sondaggio, aperto online il 30 Settembre 2019 e chiuso il 16 dicembre, hanno risposto 105 persone, il 79% donne, il 20% uomini, e 1% che non definisce il suo genere. I rispondenti erano laureati nell’82% dei casi, diplomati nel 13%, in possesso di licenzia media o di titolo non specificato nel 4% circa. Ogni rispondente poteva elencare fino a dieci opere d’arte che avrebbe desiderato vedere in condizione di fragilità.
Abbiamo raccolto 400 preferenze, che significa una media di 2.6 opere d’arte citate dalle persone; ma questo dato è grezzo, perché più della metà dei rispondenti ha indicato almeno cinque opere, mentre in pochi hanno scritto sommariamente Tutti i preraffaelliti, Tutte le fotografie di Salgado, Tutte le opere di Klimt, Tutte le opere del rinascimento, rendendo così questo valore medio di 0.26 un dato puramente statistico ma non significativo.
A differenza di quanto visto con il sondaggio sui gusti musicali, che sono profondamente variegati, nelle 400 voci raccolte c’è una convergenza verso alcuni pittori, che compaiono in modo ripetitivo: nel 51% dei casi (204 risposte) troviamo Vincent Van Gogh (39 preferenze) con la Notte Stellata e il Campo di grano con volo di corvi, poi Claude Monet (30 risposte) con Le ninfee, e a scendere Gustav Klimt con Il bacio, Michelangelo Buonarroti, Édouard Manet, Jan Vermeer, Leonardo Da Vinci, Sandro Botticelli, Edgar Degas, Caravaggio e Pierre-August Renoir (fino a 8 ricorrenze per questi ultimi tre). Osserviamo quanto sia preponderante la ricerca di un paesaggio così radioso nei quadri impressionisti e post-impressionisti, e presente anche nell’arte rinascimentale di Leonardo e Botticelli. È il bisogno di natura, di luce, di movimento che rappresenta la richiesta più comune delle persone quando stanno male: Caravaggio e Michelangelo stanno invece a indicare gesta bibliche dell’arte sacra (da La Creazione alla Giuditta) e l’importanza della figura umana. Il fiammingo Vermeer piace per la precisione, pacatezza ed equilibrio raffigurati dai suoi personaggi inseriti in ambienti ordinati e domestici; una piccola percentuale di persone desidera fare il vuoto, e ricorre a Vasilij Kandisnkij, o al surrealismo di René Magritte. Comunque, in modo quasi intergenerazionale, l’arte degli impressionisti e post-impressionisti, assieme al Rinascimento italiano, vengono citati dalla maggior parte dei rispondenti. Abbiamo quindi una prima risposta: Natura e Figura Umana inserita in un paesaggio per allestire la galleria d’arte ideale.
I gusti artistici della fascia intermedia di ricorrenze, che rappresentano il 24% (da 3 a 7 preferenze), riprendono il surrealismo con Joan Mirò e aprono anche al realismo magico, con Edward Hopper (preferito dagli uomini) e Frida Kahlo (preferita dalle donne, oramai personaggio icona). Su tutti campeggiano il romanticismo di Caspar Friedrich, l’uomo solo di fronte all’abisso della natura, e il romanticismo amoroso di Francesco Hayez con Il bacio, a esplicitare il bisogno di unione.
Polverizzate sono le risposte singole o doppie, quelle che rappresentano la massima dispersività dell’indagine: le opere sono erratiche, ma abbastanza riconducibili a chiare correnti artistiche. È l’arte contemporanea che raccoglie la maggior parte di queste preferenze, da Jackson Pollock, Banksy, Giorgio De Chirico, Jean-Michel Basquiat, Andy Warhol, Alberto Giacometti, Piero Manzoni. Rimangono ancora i Macchiaioli e Piero della Francesca, evidentemente troppo complesso ed enigmatico per vederlo in momenti di debolezza. Dispersa è anche la fotografia, che compare solo con due nomi, Steve McCurry e Sebastião Salgado.
Rispetto agli stili, abbiamo più risposte delle singole opere, perché – come abbiamo anticipato – alcuni hanno indicato Tutta l’arte classica, Tutta l’arte rinascimentale, e così via.
Ecco che il sondaggio apre la porta alla sicurezza della ricorrenza dello stile post impressionista (in particolare Van Gogh), impressionista e del rinascimento italiano e fiammingo. Anche l’arte contemporanea rimane molto presente, nella sua molteplicità di autori, e mentre l’arte classica greca e egizia sono particolarmente presenti nella fascia d’età sopra i 55 anni. Sono altresì presenti i surrealisti e la tradizione giapponese dell’Ukiyo-e (l’effimero), incarnato nella grande onda di Katsushika Hokusai: la malattia può essere come una grande onda, ma la barca dei pescatori – il corpo, i curanti – tiene, mentre sullo sfondo rimane la terra ferma, con la solidità statica del monte Fuji.
C’è una piccola differenza di genere nelle risposte: le donne prediligono la natura dolce e illuminata di Monet, mentre gli uomini preferiscono la metafisica dei paesaggi di Hopper, ma a parte questo dettaglio i gusti sono sovrapponibili.
Non vi era differenza tra laureati e diplomati rispetto alla scelta delle opere d’arte. Vero è che la nostra indagine è stata diffusa attraverso i nostri canali e social media e non ha raggiunto le persone che non ne prendono parte; abbiamo dunque una popolazione di rispondenti con un titolo di studio più alto della media della popolazione italiana.
Alcuni titoli delle opere sono Notte stellata, I girasoli, La camera di Vincent ad Arles, Campo di grano con volo di corvi, Ramo di mandorlo in fiore (Van Gogh); I papaveri, Le ninfee, Impressione, levar del sole (Monet); ancora, troviamo alberi in Klimt (L’albero della vita) e nella tradizione giapponese, e fiori nelle opere di Botticelli (La primavera). Una natura colorata, in movimento, in crescita – primaverile, appunto: ogni malattia, di fatto, comporta una perdita “autunnale”, ed è grazie alla modellizzazione sulle opere d’arte piene di vitalità che le persone traggono potenzialmente le energie per reagire, agire e convivere con la malattia, trovando un nuovo stile di vita.
Importante risulta anche la nostra natura umana, che si estrinseca con le sue passioni nel romanticismo, nell’art nouveau e nel surrealismo, in nome dell’Amore: Il bacio di Hayez, di Klimt, di Magritte. Altri titoli ci inducono a meditare, come L’ultima cena e La Gioconda di Leonardo, La ragazza col turbante di Vermeer, L’impero delle luci di Magritte, il Pantheon romano, l’Auriga di Delfi, L’angelus di Jean Françoise Millet, il Trittico delle delizie di Hieronymus Bosch. Altri esprimono un’inquietudine maggiore, come La zattera della Medusa di Théodore Géricault, fino al dolore e all’angoscia di Guernica di Pablo Picasso, L’urlo di Edvard Munch, il Cristo morto di Andrea Mantegna, La pietà Rondanini di Michelangelo, La colonna spezzata di Kahlo.
E ora, come possiamo usare queste informazioni? Verosimilmente, non possiamo prendere gli originali dai musei, ma possiamo utilizzare il web per godere di queste immagini: si possono stampare e apporre come affiche alle pareti, si possono predisporre sugli schermi (oramai presenti quasi in ogni bar d’Europa) delle istallazioni che penetrano nel quadro, ingrandendone i dettagli, facendo quindi entrare le persone, curanti, pazienti, familiari e amici.
In genere, nei luoghi di cura sono esposte opere d’arte create dai pazienti stessi, meno quelle qui citate provenienti dai musei: dato che, nelle arti visive, l’immagine più conosciuta al mondo è la Gioconda, seconda la Notte stellata, terza L’ultima cena, quarta La creazione dell’Uomo, e quinta La ragazza col turbante, la nostra raccolta può in un certo senso travalicare i diversi contesti culturali e sociali e poggiare su degli universali conosciuti d’arte ed essere esposte attraverso adeguate istallazioni negli ospedali e ambulatori. Si può sperimentare l’originalità nel modo di riprodurre un’immagine di bellezza universale. La tecnologia digitale ci può aiutare, offrendo nelle sale d’attesa la visione di queste opere d’arte: i soffitti, che sono lasciati generalmente bianchi, in genere sono il punto di attenzione del paziente che sta a letto, o spostato in barella; spesso i quadri sono appesi alle pareti, mentre i soffitti sono lasciati nudi e freddi.
E come interagire con l’arte? Attraverso la medicina narrativa sarà possibile osservare il quadro, valutarne i colori e le forme a capire l’impatto visivo e emozionale e riflessivo che ci suscita l’opera. Vi è poi la parte creativa, la persona sceglie un ingresso nel quadro, se questo rappresenta un paesaggio, e inventa una storia, oppure, se è un ritratto, inventa un dialogo con la Mano di Dio nella Creazione dell’Uomo, con La Testa della Medusa, con la testa de L’urlo, oppure con una Madonna con il suo Bambino, o con le Ballerine di Degas. Dopo, si può chiedere come è stata l’esperienza di fruizione dell’arte: non solo possono beneficiare i pazienti, ma anche i curanti, che si possono fermare un poco per rigenerarsi di fronte alla bellezza, nel loro faticoso lavoro di servizio alla salute.
Desideriamo ringraziare tutte le persone che hanno aderito alla ricerca e ci hanno lasciato la loro testimonianza preziosa che può veramente ispirare le organizzazioni sanitarie a rinnovarsi negli spazi, con soluzioni economicamente sostenibili. Luce, colore e arte, da ars che significa tecnica: la prima espressione dell’arte ritrovata è quella delle grotte di Lascaux, dipinte circa 17.500 anni fa.
La grotta contiene circa 6.000 figure, che possono essere raggruppate in tre categorie principali: animali, figure umane e segni astratti, a indicare che l’imitazione della natura, della figura umana e il simbolo concettuale erano connaturati negli artisti di allora. Gli studiosi ci dicono che molto probabilmente questa arte pittorica era servita per costruire un santuario, un luogo di culto: le prime testimonianze artistiche nella storia dell’umanità erano legate alla componente spirituale. Nella nostra società fortemente laica, la ricerca del senso della Vita e della Morte compare proprio quando si manifesta la malattia, l’invecchiamento, un cambiamento di condizioni iniziali di salute, nel trauma e nel morire.
Arrivano le domande di fondo che danno il titolo alla tela di Gauguin: Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo? Un pittore presente nella nostra ricerca, non tanto come artista, ma pervasivo in queste tre domande, a cui – con l’irruzione della malattia – possono seguire una quarta e una quinta, Perché a me? E ora cosa faccio?
Le arti, accanto all’arte di cura medica, possono aiutarci a trovare una risposta, indipendentemente dall’età, dal genere, dal paese di appartenenza, dal lavoro, dal titolo di studio, superando le possibili resistenze iniziali, magari dovute all’ignoranza dell’arte, considerata in modo pregiudiziale appartenente al mondo dei benestanti; ricordiamoci che la Notte stellata di Van Gogh ora è stampata e commercializzata nei foulard, nelle sciarpe e nei guanti, e si trova sui banchetti dei mercati all’aperto, là dove vanno anche gli ultimi.
[1] Daisy Fancourt, Saoirse Finn. What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? A scoping review, World Health Organization, Novembre 2019