VUOLE PRESENTARSI AI NOSTRI LETTORI E SPIEGARE IL LAVORO DI CONFINDUSTRIA CON LA TELEMEDICINA?
Sono Lorenzo Terranova, direttore dei Rapporti istituzionali e coordinatore del progetto “frontiere digitali” di Confindustria Dispositivi Medici.
Il progetto “frontiere digitali” parte dalla constatazione che la salute ha il proprio fondamento nella conoscenza dell’uomo, ma questa deve necessariamente tener conto di quali siano/saranno le trasformazioni, degli indirizzi che nei prossimi anni andranno ad incidere sulla sanità e sul comparto del dispositivo medico nello specifico.
La digitalizzazione rappresenta sicuramente l’elemento di maggior peso e più dirompente nell’ultimo periodo. Il cambiamento generato dal digitale implica un vero e proprio cambio di paradigma culturale che va compreso e interpretato. La telemedicina è la declinazione più diffusa e articolata di tale cambiamento. In generale, la telemedicina comprende una serie di attività/servizi (esempio: il telemonitoraggio). Va ricordato che la normativa vigente classifica la telemedicina come dispositivo medico.
Le imprese di dispositivi medici (quindi anche le imprese che erogano servizi di telemedicina), proprio perché producono dispositivi medici, sono in grado di comprendere e interpretare quali siano le necessità da parte dei clinici, nonché i bisogni da parte dei pazienti. In altre parole, il background tecnico e professionale consente di comprendere la dimensione della domanda e calibrare l’offerta. Il dispositivo medico “che declina la telemedicina”, dunque, è uno strumento attraverso il quale si realizza questa mediazione fra domanda ed offerta.
Pertanto, se volessimo interpretare le attività di Confindustria Dispositivi Medici in tema di telemedicina potrebbe affermarsi che, alla luce dei profondi cambiamenti, la telemedicina rappresenta un variazione fondamentale nel modo di curare e trattare. Prima di entrare nell’ambito di un’analisi puntuale su alcune considerazioni emerse in ambito industriale sulla telemedicina, va sottolineata la necessità di una terminologia chiara e riconosciuta. Non è soltanto un tema di wording, cioè di approfondimento analitico del significato della parola, bensì diventa necessario definire puntualmente ed omogeneamente tutta una serie di servizi che rientrano nella telemedicina. A tal ragione, si utilizza quanto definito dall’accordo del 17/12/2020 della Conferenza Stato Regioni (Repertorio atto n. 215/CSR).
COSA È CAMBIATO NELLA TELEMEDICINA TRA IL 2020 E IL 2022?
La pandemia ha contribuito a modificare in maniera profonda la nozione stessa di telemedicina. Se prima per telemedicina s’intendeva una somma (semplificando) di tele + qualcosa (telemonitoraggio, teleassistenza, …), oggi deve intendersi come uno strumento, complesso, integrato ed articolato, che rientra in tutti i termini nel percorso di cura.
In questo caso è opportuno che la modifica della telemedicina registratasi in questo triennio possa essere condivisa da una serie di soggetti. Mi soffermo più volte sul wording, sui valori, sulla rappresentazione della telemedicina poiché quando esistono accezioni differenti i presupposti per articolare riflessioni e proposte sono diversi e portano a considerazioni differenti (e pertinenti).
Oltre al tema di wording, va preso in considerazione cosa offriva la stessa telemedicina ante COVID e dopo il COVID. Usando questa prospettiva, ci rendiamo conto che la trasformazione non è stata solo numerica, ossia un aumento esponenziale dell’utilizzo della telemedicina nel trattamento e nella diagnosi di patologie, ma diventa essa stessa uno strumento abilitante di un nuovo approccio alla medicina stessa. Ossia, non si comincia ad usare la telemedicina come un semplice miglioramento del cosa fare rispetto al trattamento frontale ma è la stessa telemedicina che inizia ad offrire percorsi specifici di cura e assistenza. Si cominciano ad offrire tipologie di servizi che attraverso un approccio “tradizionale” non erano possibili. Ad esempio, se il telemonitoraggio mostra un determinato parametro critico, le procedure che ne seguono possono essere profondamente differenti se il parametro fosse stato riscontrato con una visita di persona.
Questo cambiamento ha avuto effetti molteplici. Rifletto sul come si modifica il rapporto fra il clinico e il paziente. Il clinico ha dovuto rivedere le proprie modalità attraverso le quali si rapporta con il paziente. Da un modello in cui il medico interpretava e rappresentava i migliori bisogni per il paziente, si è passati a un modello in cui il paziente – in funzione di molteplici variabili – ha cominciato a manifestare un’autonomia rispetto al clinico, appropriandosi di una serie di possibilità di scelta. In quest’ambito, la telemedicina – consentendo al paziente di ricevere trattamenti a domicilio – rappresenta un ulteriore momento di affrancamento del paziente nei confronti del clinico. O meglio: di rafforzamento della percezione di sé del paziente.
Un secondo elemento, spesso considerato a margine, va approfondito nel rapporto medico-paziente. Cancellandosi (almeno in diversi casi) l’elemento “luogo della prestazione” (ossia non si utilizza – almeno in prima istanza) la struttura sanitaria (quindi in una condizione di palese “difficoltà” del paziente), determinati processi di valutazione autonoma a carico dello stesso paziente sono modificati. Analogamente, il paziente sta individuando quali siano gli strumenti dialettici all’interno di prestazioni di telemedicina che possono migliorare il rapporto con il clinico senza ovviamente perderne il vantaggio acquisito con la tecnologia stessa.
In questi due anni è anche cambiato come il paziente si rapporta alla stessa telemedicina.
È necessario sottolineare che per parlare di telemedicina dobbiamo parlare di dispositivo medico, ossia di un prodotto (ad esempio: un sensore o un wearable) o un servizio che deve rispondere a determinati standard di qualità e di comunicazione. A tal ragione, per esempio, mai si dovrebbe parlare della questione relativa all’uso di WhatsApp. Questo non è un dispositivo medico e non va assolutamente utilizzato come strumento per la telemedicina (anche se ne riconosce la facilità d’impiego).
Con l’occasione ricordo che utilizzare dispositivi medici nell’ambito della telemedicina significa offrire una serie di garanzie che danneggiano oppure non avvantaggiano il paziente.
PNRR: COME SI PONE? QUANDO SI APPLICA E QUANDO NON È PENSABILE APPLICARLO?
Come sappiamo il PNRR punta sulla telemedicina quale strumento per quel percorso di spostamento della pratica clinica verso le attività domiciliari e sul territorio.
Personalmente, reputo l’utilizzo della telemedicina come un passo in avanti a favore del paziente.
Premesso ciò, diventa necessario ragionare sull’intero pacchetto di offerte che viene erogato a favore del paziente.
Dobbiamo pensare alla telemedicina associata ad un sistema completo di erogazioni di prestazioni sanitarie e sociosanitarie. Se non venisse associato non saremmo in grado di riflettere sul grande valore aggiunto offerto dalla telemedicina come (auspicato e) definito nel PNRR.
Occorre, ad esempio, immaginare una molteplicità di servizi al domicilio che devono essere offerti. Questi devono essere da un punto di vista tecnico garanzia (di equivalenza in termini di efficacia e efficienza) per il paziente rispetto a trattamenti ambulatoriali o ospedalieri; da un punto di vista relazionale tali servizi devono necessariamente garantire un dialogo costante fra il paziente, gli altri familiari, il caregiver e i clinici. Questo contatto non ha finalità meramente di tipo sociale (che comunque in un trattamento sanitario hanno una loro rilevanza anche in termini di efficacia della terapia) ma soprattutto consente di valorizzare tutti quegli elementi che se mancanti renderebbero il paziente ancora più in solitudine rispetto alla malattia. Pertanto, investimenti in tecnologia (ad esempio: app, wearable, …) e in infrastrutture (ad esempio: 5G, fibra fino all’abitazione, …) diventano necessari in un’analisi puntuale di tutte le implicazioni richieste dalla telemedicina e che indirettamente il PNRR assume quale impegno strategico.
Il PNRR non tocca un aspetto fondamentale della telemedicina: la formazione.
Questa non si deve intendere solamente utilizzo di tecnologie o di dispositivi medici specifici, bensì un modo di rapportarsi alle nuove tecnologie e sulla base di queste riuscire a comprendere come relazionarsi con altre categorie e soprattutto individuare altre unità di misura nel raggiungimento del dell’obiettivo vivo di cura.
Il tema della formazione, infatti, riguarda tutti gli attori: clinici, pazienti, familiari, caregiver.
Con prospettive ovviamente diverse, un primo aspetto che andrà toccato nella formazione riguarda le modalità di “comunicazione” con/fra gli attori. Ad esempio, se un paziente è sottoposto a un telemonitoraggio, e questo individua il formarsi di una criticità, assume grande rilievo la comunicazione medico paziente ma anche quella caregiver paziente.
E’ necessaria anche una formazione di carattere tecnico. Su questo aspetto insistono diverse criticità legate, almeno quanto riportato da alcune aziende, non tanto all’età media alta della popolazione italiana quanto alla scarsa confidenzialità con l’uso di determinate tecnologie, come i sensori, come i cellulari, come i wearable che portano ad una insicurezza di fondo da parte del paziente.
Questo aspetto ovviamente va approfondito e si connette con la criticità di fondo correlata con la diffidenza sulla scienza e sulle tecnologie da questa utilizzata, ben rappresentata durante la pandemia dai movimenti novax, dallo scetticismo a priori nei confronti delle tecnologie in sanità.
Il PNRR pone l’attenzione su alcune criticità e formula proposte per superarle.
Diventa, infatti, necessario a livello di azienda sanitaria o comunque di programmazione sanitaria una regia unitaria e omogenea in grado di utilizzare efficacemente questi dispositivi di telemedicina in una logica di percorso completo di “monitoraggio-diagnosi-trattamento e cura” del paziente. Ossia è necessario che il paziente abbia ben chiara l’esistenza di tutta una serie di procedure, di ipotesi “what if”, di studi che possano aiutare l’ottimizzazione delle scelte.
Un altro elemento definito ambiguamente nel PNRR riguarda la questione legata alla remunerazione delle prestazioni di telemedicina. Ad oggi tali prestazioni non vengono (almeno al livello centrale) remunerate dal servizio sanitario nazionale, con l’effetto di non qualificarle correttamente. Le prestazioni di telemedicina possono essere più economiche o più costose rispetto alle medesime tradizionali. Una mancanza di riconoscimento comporta un blocco sostanziale di quel processo di autonomia della telemedicina qui descritto.
COME POSSONO I DISPOSITIVI MEDICI AVVALERSI DELLA SANITÀ DIGITALE E DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE?
La risposta va articolata in due parti: l’evoluzione della sanità digitale e l’impatto/l’integrazione sui dispositivi medici; il come l’intelligenza artificiale sia in grado di trasformare la nozione stessa di dispositivo medico.
Per quanto riguarda il primo aspetto, il digitale ha già trasformato il dispositivo medico. Anzi, quanto sostenuto prima evidenzia che la sanità digitale avvalendosi di strumenti quali la telemedicina, sia in grado di rispondere a fabbisogni sempre più articolati. Questo è possibile solo con l’utilizzo diffuso di dispositivi medici che abbiano già incorporato elementi digitali e questi andranno a determinare i modelli di sanità digitale.
Partendo da un esempio semplice e ormai consolidato, il pacemaker con wireless, è chiaro che il processo sottostante al controllo del dispositivo e delle informazioni sul dispositivo/che il dispositivo trasmette è ormai consolidato e sta cambiando esso stesso cambiando il processo tradizionale verso una definizione di un nuovo elemento della sanità digitale. Ma va cambiando anche la modalità nel rapporto medico paziente.
Per quanto riguarda l’intelligenza artificiale, il tema è estremamente complesso e non va sottaciuto l’aspetto etico.
Oggi sussistono diverse applicazioni dell’intelligenza artificiale sui dispositivi.
Un primo elemento da considerare riguarda come tutta una serie di informazioni raccolte e rielaborate dal dispositivo medico stesso (ormai anch’esso dotato di intelligenza artificiale). Successivamente il dispositivo è in grado di offrire una serie di possibili scelte di tipo clinico. Il punto delicato riguarda come l’atto clinico (a cura del medico) sia collocato; ossia tutta una serie di raccolta dati, attività (svolte dal dispositivo) in quale momento del trattamento siano posti.
Pertanto, va rilevato come il processo di intelligenza artificiale sia estremamente sfidante e pieno di opportunità, ma ogni elemento va considerato in termini puntuali.
COME PAZIENTE CHE TIPO DI SANITÀ SOGNA?
Personalmente, credo che la strada intrapresa di una sanità sempre più vicina alla domiciliarità sia quella in grado di rispondere al meglio alle esigenze del paziente o del cittadino e a soddisfare le aspettative di questo.
È da tempo superata quella nozione di sanità come strumento di controllo e vincolo per il cittadino, questo però implica che il modello di sanità riveda in maniera puntuale tutta una serie di ruoli ma anche di funzioni.
Questo implica un passaggio puntuale sul ruolo e sulla funzione del medico (aggiungo inoltre circoscritto al caso italiano che andrebbe rivista la relazione fra il medico e l’infermiere, dando a questi ultimi un ruolo e una competenza crescente, ponendo invece il medico come esperto in grado di svolgere una serie di atti clinici). Nell’ambito di questo passaggio, la sanità digitale sta contribuendo e contribuirà in maniera rilevante per il cambiamento così come descritto.
Deve cambiare anche il paziente. La capacità acquisita di maggiore interlocuzione con il clinico implica anche la comprensione di quali siano i propri bisogni (reali e attesi, e questi ultimi vanno ben selezionati) e comunicarli verso l’esterno.
Deve anche cambiare il modello di governance della sanità non più un modello caratterizzato ancora da ruoli puntuali e definiti (in termini generali, spesso con norme nazionali) ma i ruoli dovranno essere adattati in funzione delle singole realtà. Ad esempio, va considerato il ruolo dei giver (che non sono solo caregiver, ossia di assistenza sanitaria, ma anche quelli che offrono prestazioni di assistenza sociale). Un nuovo modello di governance significa un rapporto di coordinamento con tutti i soggetti che svolgono attività nei confronti del singolo paziente. In altre parole, dobbiamo andare oltre a una definizione di medicina personalizzata, e parlare di sanità personalizzata dove la medicina (intesa come set di informazioni, di trattamento, di diagnosi del paziente) venga associata a un modello di assistenza “generale” dove il paziente diventa centro di una realtà su cui viene costruito un modello di governance dell’intero sistema.