Intervista a Rita Mangano: tra arte, terapia, colori e ospedali

Ospitiamo un interessante contributo riguardante l’arte in relazione alla terapia e ai sistemi di cura. Si tratta di un’intervista con Rita Mangano, pittrice estremamente sensibile al mondo sanitario e del benessere.

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Chi è Rita Mangano

Vengo da una lunga esperienza pedagogica con bambini in età prescolare in un’epoca di sperimentazioni ed entusiasmi.
Sono una pittrice, un’artista autodidatta e ho usato questo talento, costruito negli anni, non solo per una funzione estetica (bellezza degli ambienti) ma sempre ponendo attenzione a produrre, attraverso la bellezza, uno stato di miglior benessere (sono io la prima a usufruirne).
Sono partita dai reparti pediatrici oncologici per approdare poi nelle oncologie per pazienti adulti, Alzheimer, residenze per Anziani e Hospice/Cure palliative che prevedono stati di benessere molto diversi.
La mia professione si sviluppa in due direzioni: la creazione di dipinti che espongo nella mia galleria sul Naviglio a Milano e la produzione di opere per gli ambienti sanitari. Questi lavori sono il frutto acquisito negli anni dalla mia esperienza pedagogica, da studi di psicologia, anni di corsi sul linguaggio del corpo, sulle emozioni e la comunicazione non verbale, l’aver condotto laboratori di pittura con donne operate di tumore al seno e con operatori sanitari e, fattore determinante, l’attenzione all’essere umano e l’amore per la natura.
Mi ritengo una pittrice a tutti gli effetti ma anche un’arte terapeuta.

 

Ci parli del colore

Non esistono letture universali sul colore perché ogni interpretazione va contestualizzata all’epoca e alla cultura in cui si esprime.
Un esempio per tutti: il NERO nella nostra cultura occidentale è associato al lutto, alla morte, mentre nelle culture che aderiscono alla reincarnazione il BIANCO è il colore del lutto.
Non c’è alcun dubbio che i colori caldi, giallo, arancio e rosso, sono carichi di energia, mentre i colori freddi riportano all’interiorità.
I colori poi, essendo vettori di emozioni, sono anche linguaggio della Comunicazione Non Verbale e il loro significato simbolico è ambivalente, un esempio: se io mi sento giù e senza energia, scelgo inconsciamente di indossare un abito o un accessorio di colore rosso per caricarmi di una energia e carica che mi manca, oppure se mi sento carica di energia indosso il rosso perché è in sintonia con quello che sento interiormente. Questo rimanda ad un’altra variabile significativa rispetto alla percezione del colore, che varia non solo in base alla cultura di appartenenza, ma anche alla storia individuale di ciascuno di noi. L’esempio di una donna di 40 anni che chiameremo Carla: una forte avversione verso il verde, nell’abbigliamento, nei disegni da lei prodotti e nella vista di dipinti realizzati da altri. Dopo molti mesi di attenzione ai propri vissuti e alla percezione dei diversi tipi di colori riappare nella memoria un vincolo che, fin da bambina e adolescente, sua madre esercitava su di lei perché avesse addosso sempre una nota di verde (foulard, fazzoletto, camicetta) come si addice ad una ‘brava ragazza’. La presa di coscienza riconciliò il rapporto con il verde.
Ancora a proposito del colore rosso. Nella mia esperienza di decorazione degli ambienti ospedalieri un tempo non avrei mai messo soggetti di colore rosso per i pazienti che avrebbero potuto facilmente associarlo a ferite, prelievi, sofferenza, ma poi ho capito che i pazienti depressi o traumatizzati ponevano lo sguardo e ricercavano nei dipinti particolari di colore rosso perché ne avevano bisogno.
La cultura della MODA influisce molto sulla scelta di ciò che indossiamo, perché tende a rendere desiderabili per un periodo, talora anche solo per una stagione, certi colori e, per fare un solo esempio, in certi ambienti il colore nero è dominante, connesso con l’idea di eleganza, e non connesso con la rappresentazione di stato depressivo!

 

Strutture ospedaliere e colori

Alcune strutture hanno compreso il valore che il colore degli ambienti ha sul benessere dei pazienti e hanno fatto investimenti adeguati. In moltissime altre strutture ospedaliere il colore viene usato solo per la segnaletica che facilita il raggiungimento del reparto.
In certi ospedali il colore usato è molto forte e occupa totalmente le pareti delle camere di degenza e corridoi: comprendo che il primo impatto di un visitatore possa essere positivo vedendo il colore acceso in grandi quantità, ma è controindicato per i pazienti e gli operatori stessi. La percezione di un colore rispetto a un altro ha un forte impatto sul benessere psichico e fisico delle persone che ne vengono in contatto.
Per tutte queste considerazioni il mio lavoro di decorazione pittorica nei luoghi di cura, che porto avanti da più di trent’anni, è studiato appositamente per età e patologia degli ospiti/pazienti.

 

Hospice

Negli Hospice spesso e per lunghe settimane il paziente è accompagnato da parenti che vivono stabilmente nel reparto. Spesso e per fortuna, in queste strutture c’è un’attenzione in più alla sfera parentale: zona cucina, soggiorno e un arredo che può assomigliare a quello domestico hanno lo scopo di decorare e rendere più accogliente lo spazio. I dipinti affissi hanno lo scopo di decorare e rendere più accogliente lo spazio, come i mobili, i tendaggi, i divani, i tessuti utilizzati.

Il feedback di clienti che hanno acquistato i miei dipinti segnalano la produzione di benessere oltre all’aspetto estetico/decorativo, in relazione alle tinte che utilizzo (colori pastello saturi) associate alla forma di soggetti della natura.
Riscontro la stessa cosa quando ricevo mail da persone che non conosco (parenti che vivono negli hospice) ma che mi ricercano attraverso la firma dei dipinti per ringraziarmi perché la visione dei miei quadri li aiuta a sopportare il momento tragico e di elevato stress psichico che stanno affrontando. Negli Hospice quindi, molta attenzione è dedicata ai caregiver.
Posiziono poi piccoli dipinti nei bagni degli Hospice e negli spogliatoi dei reparti di radioterapia e oncologia perché sono luoghi privati, in cui si è da soli con se stessi e il proprio carico di dolore.
Il dipinto, fatto appositamente a mano, è un valore anche economico aggiunto alla struttura ospedaliera e un segno visibile di rispetto alla persona che vi è ricoverata.

 

Bacchetta magica

Qualsiasi forma di bellezza in luoghi di cura ha valore aggiunto se viene associata non solo alle cure mediche per cui il luogo è dedicato, ma a un maggior rispetto e umanità rivolto alle persone attraverso una visione olistica, verso la globalità della persona.

La parola “Umanizzazione” è una parola che non avrebbe avuto senso di essere inventata, se non fosse perché “L’Ospedale” tutto è fuorchè un ambiente caldo e accogliente.

Sarebbero auspicabili delle attenzioni in più alla qualità di vita dei pazienti.

Iniziando dall’ingresso in ospedale e nel reparto il primo impatto è devastante, sarebbe bello se si creasse un ingresso domestico con luci calde diffuse da abat-jour, tappeti, mobili in legno, dipinti e poi un avvicinamento graduale alla camera di degenza.

Il condividere forzatamente l’intimità con estranei potrebbe essere attutita con paraventi funzionali ma non con tende da doccia come ho visto in molti reparti, oppure pareti scorrevoli con decorazioni appropriate che, come le porte, appaiono come barriere.

I bagni in molti casi mancano del minimo comfort: dove mettere l’asciugamano? Dove appoggiare la trousse per la toilette? Dove appendere la vestaglia?

Sarebbe bello rendere meno passivo il paziente chiedendogli di scegliere tra varie opzioni sulla scelta ad es. degli spuntini a merenda. E se all’ingresso in reparto nel momento del ricovero venisse chiesto al paziente quale rappresentazione pittorica gli sarebbe gradita in camera? Da qui la scelta dei dipinti attraverso un catalogo fotografico delle opere dipinte a mano disponibili e in dotazione e suddivise per soggetti: ambiente marino, montano, boschi, ambiente tropicale, animali, fiori, alberi fioriti etc. In estrema sintesi sarebbe utile recuperare e valorizzare le capacità residue di prendere decisioni e non solo di essere soggetti passivi di decisioni che prendono gli altri per loro.

La comunicazione dovrebbe avvenire con uno sguardo diretto in modo gentile e garbato. In tutti i luoghi di cura le comunicazioni ai pazienti, soprattutto in ambito oncologico, lunga degenza o residenze per anziani, avvengono affisse sui muri creando confusione di messaggi vari. Feste, proiezione di film, eventi teatrali o musicali, avrebbero più pubblico e seguito se i pazienti venissero “invitati” a partecipare.

Questa per i pazienti è Arte Passiva, e se nei reparti ci fossero laboratori attrezzati di pittura con personale idoneo? E se ci fosse musica, musicisti e performance artistiche? Giardini da curare, orti da accudire? Creare discussioni su temi universali ma piacevoli, ascoltare le vite degli altri, arricchire e arricchirsi delle esperienze altrui non sanitarie, ricercare e condividere le gioie e la positività nelle cose.

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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