Un po’ di storia sulla sanità lombarda: intervista a Paolo Galimberti

Intervista a Paolo Galimberti, archivista e responsabile del Museo del Policlinico di Milano.

MGM. Dottor Galimberti, secondo lei quanto la sanità lombarda e milanese odierne devono riconoscere alla storia dei secoli scorsi?

PG. Certamente se abbiamo raggiunto gli eminenti livelli attuali nella nostra regione (così come in altre in Italia) questo è anche frutto di una lunga storia, nella quale si è sempre puntato in alto. Lo stesso Bonvesin de la Riva, scrivendo verso il 1288, dice dei chirurghi milanesi che sono

eccellenti perché continuano ad esercitare per antica tradizione di famiglia,

tanto che

si crede che non possano avere l’uguale nelle altre città della Lombardia.

Ovviamente, guardando al passato, le differenze con l’attualità sono innumerevoli, e si deve anche tenere conto di un lunghissimo periodo dal Medioevo ad oggi, però certamente si deve riconoscere una continuità e profonde radici.

MGM. Quando e come nasce l’ospedale Policlinico di Milano, chi sono stati i finanziatori e quale la “governance”?

PG. L’attuale Policlinico Ospedale Maggiore ha le sue origini nella riforma di metà Quattrocento che, su un modello toscano (senese principalmente) ha visto concentrare in una solo istituzione numerosi ospedali già esistenti a Milano a partire dal secolo IX. Francesco Sforza e Bianca Maria Visconti nel 1456 donano le risorse per dare compimento alla riforma (alla quale si stava lavorando già da lungo tempo) e costruire la Ca’ Granda. L’ente, laico, è retto da amministratori di nomina civica. Fin dal Medioevo hospitalia e xenodochia (ospizi gratuiti per forestieri e pellegrini) sono istituzioni pie, che assistono gratuitamente i bisognosi. Fino all’età moderna il criterio di ammissione era lo stato di indigenza: le persone abbienti potevano avere assistenza a casa o pagarsi un medico. Si consideri la sempre presente relazione tra povertà e morbilità / mortalità. I notevoli costi per questa assistenza gratuita (sostenuti sempre dalla beneficenza cittadina, ancora oggi quando esiste un intervento pubblico) sono da considerare un intelligente investimento sulla salute della popolazione, di tutta la popolazione.

Col XX secolo i fantastici progressi nella medicina, nella tecnica chirurgica, nell’igiene hanno fatto sì che cure di un certo livello possano essere erogate solo in un ospedale: chi può avere un apparecchio radiologico o una TAC a casa? Ma anche la maternità, un fatto naturale, solo in un ospedale può avvenire minimizzando i rischi.

MGM. Quando è stato costruito il Lazzaretto?

PG. Quando si parla di cura è immediato pensare agli ospedali, ma si deve anche considerare la normativa sanitaria cittadina, attenta alle condizioni di benessere della popolazione fin dal Medioevo. Anche qui: un ambiente urbano salubre rende le persone più resistenti alle malattie – dalle norme igieniche degli statuti del Due e Trecento, alle normative edilizie delle fine Ottocento e alla costruzione di quartieri salubri nel Novecento. Anche in questo, l’investimento sulla salute dei cittadini è ampiamente ripagato.

Disposizioni chiare e rigorose diventano vitali in periodi di epidemie e pestilenze, continuamente ricorrenti con cadenza implacabile: 1348, 1350, 1361, 1371-74, 1387-88, 1399-1400, 1422-25, 1430, 1451, 1467-68, 1476-79, 1483-86, alle epidemie di vaiolo, tifo petecchiale e colera dell’Ottocento, alla “Spagnola” del 1918. Come Venezia anche Milano si dota di un Magistrato di Sanità.

La peste, con una velocità di contagio e mortalità inimmaginabile, era l’ossessione dei secoli passati, pur abituati a una mortalità per malattie ben superiore alla nostra. Francesco Sforza, da poco Signore di Milano, dovette affrontarla subito nel 1451: da quell’esperienza nasce (prima al mondo) la serie dei Registri dei morti, per valutare, da parte del “Catelano” il medico legale, la causa dei decessi e dare immediatamente l’allarme nel caso di peste.

Nel 1483 un’altra pestilenza rende non più rimandabile la realizzazione di un Lazzaretto, infatti l’ospedale di San Lazzaro, sorto nel 1087 per i lebbrosi e poi destinato agli infettivi, non poteva reggere l’impatto di migliaia di ricoverati. Nel 1488 a Porta Orientale si comincia la costruzione del Lazzaretto: un enorme recinto di quasi 400 metri per lato, con 280 stanze e un’area che poteva ospitare strutture provvisorie, reso celebre dalla descrizione di Manzoni nei Promessi Sposi.

 

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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