In un articolo pubblicato nel 2014, Daniel Sokol riflette sul concetto di giudizio morale, che in un contesto di etica medica tende a riferirsi non al prodotto di una deliberazione ma alla “saggezza morale” o al “discernimento morale”. Proponiamo un sommario di questo interessante lavoro.
In pratica, il modo in cui il giudizio morale viene esercitato dalle persone non è completamente compreso. La ragione e le emozioni sono due ingredienti chiave nel giudizio morale, ma non è chiaro come questi interagiscano fra loro. Un recente lavoro nelle neuroscienze cognitive suggerisce che il ragionamento gioca solamente un ruolo ristretto, ma fortemente significativo. Greene e Haidt, due psicologi nord-americani, sostengono che “i processi emozionali automatici tendono a dominare” e Greene ha dimostrato che le aree del cervello collegate alle emozioni sono più attive nei dilemmi morali personali (tenere dei soldi trovati in un portafoglio perso) rispetto i dilemmi impersonali e non-morali (decidere se prendere il bus o la metropolitana). Queste emozioni influenzano il giudizio morale ma non sono necessariamente determinanti. Possono, a quanto sembra, essere superate dalla ragione.
Sebbene emozioni eccessivamente troppo forti possano distorcere il giudizio morale, allo stesso modo può distorcerlo un deficit di emozioni. La filosofa Nancy Sherman ha disegnato un collegamento tra le emozioni e la cecità morale:
Le situazioni morali non arrivano pre-etichettate. Le emozioni ci aiutano ad etichettarle sotto descrizioni specifiche. Quelli che mancano di percezione morale, che sono ottusi riguardo le dimensioni morali di una situazione, sono spesso quelli che non hanno mai coltivato il proprio repertorio emotivo.
Dunque il giudizio morale, non dovrebbe essere separato dalle nostre emozioni. La partecipazione, la compassione, la gentilezza e altre emozioni possono giocare una parte importante nell’equilibrare principi morali in conflitto o nel selezionare i nostri valori guida.
Vi è un livello d’interpretazione richiesto nell’applicazione dei doveri morali prima facie (doveri che sono vincolati a meno che non entrino in conflitto con doveri più forti). Dobbiamo decidere se vi è o meno un dovere particolare applicato in una situazione (il dovere di dire la verità ad un paziente) e, se vi è, che azione vada intrapresa per realizzare questo dovere senza violarne uno di compensazione più forte (il dovere di evitare una grande ferita al paziente).
Più recentemente, “particolaristi morali” come Dancy hanno attribuito una grande importanza all’idea di afferrare il panorama morale dal “discernimento”.
Il giudizio morale attraverso un’analisi informata, ragionata, sensibile al contesto e critica, può risolvere la maggior parte dei conflitti morali, ma non è una panacea morale. Argomentando contro l’arbitrarietà del giudizio morale, Larmore ha detto:
In molti casi il giudizio sarà impotente nell’appianamento del conflitto. Dobbiamo realizzare che non solo vi sono limiti alla comprensione teoretica, ma che vi sono inoltre altri tipi di comprensione che sono più appropriati per afferrare la natura del giudizio morale (la sua importanza).
Oltre i suoi aspetti razionali, c’p qualcosa di più misterioso e profondamente personale riguardo il giudizio morale, simile ad un “sesto senso” morale acquisito gradualmente attraverso la vita di una persona. Oltre il riflettere la realtà della psicologia morale, ci incoraggia ad espandere i nostri orizzonti emotivi, culturali e intellettuali. Un buon giudizio morale può ridurre la probabilità di prendere decisioni sbagliate, rivelando dilemmi apparenti come meramente epistemici. Perfino il più saggio dei saggi esiterà di fronte un dilemma morale, specialmente in questo mare tempestoso che è l’ambiente clinico.
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