E se i caregiver non ci fossero davvero? – di Rossana di Renzo e Marilena Vimercati

Le istituzioni sarebbero in grado di offrire assistenza, cure e qualità di vita alle persone malate?
O il contributo di uomini e donne, oggi persone mute e invisibili, è insostituibile?


E se i caregiver non ci fossero davvero? è il titolo del report della campagna “Ho diritto a…” di Cittadinanzattiva Emilia-Romagna nata per chiedere più diritti, più tutela della salute, maggiore qualità di vita dei caregiver. Alla campagna, avviata nel mese di novembre 2019 e conclusa nel febbraio 2020 prima del lockdown imposto a causa del Covid-19, hanno partecipato 200 caregiver inviando le loro narrazioni. 

Completa il report una serie di 10 podcast che raccontano 10 diritti negati ai caregiver scelti tra le testimonianze raccolte. 

Il report completo è scaricabile all’indirizzo https://www.cittadinanzattiva-er.it/e-se-i-caregiver…-fossero-davvero, mentre le storie all’indirizzo https://www.youtube.com/channel/UCoyeD6OJTsohNvPvMGlp3ig

In Italia un vero e proprio esercito di invisibili sostiene il welfare prestando assistenza a persone malate: sono genitori, partner, figli, fratelli, amici, vicini di casa che si prendono cura di una persona senza alcun compenso. I caregiver si fanno carico dell’enorme peso di prendersi cura a lungo termine di persone disabili, persone affette da patologie croniche, rare, o degenerative. A seconda delle fasi della malattia svolgono compiti diversi: collaborano nell’assistenza durante l’ospedalizzazione, parlano con i medici, disbrigano le molte pratiche burocratiche, si occupano della famiglia. Si confrontano con il medico di base e con la rete sociosanitaria e nel quotidiano collaborano nell’ alimentazione, nell’igiene personale, nella mobilità e facilitano le relazioni familiari e sociali. Strategico è il loro ruolo perché può incidere sull’adattamento alla nuova condizione di malattia della persona favorendo così una migliore qualità di vita.

Sappiamo, inoltre, da ricerche che i tempi del caregiving variano da pochi anni a più di 30 anni. Assistono sette giorni su sette e non hanno vacanze. La quotidianità vede l’impegno da 4/6 ore di lavoro diretto e 10 ore di lavoro indiretto: 

Ditemi se questo non è lavoro: cucino, lavo, stiro, preparo feste perché ci sia leggerezza in casa.  Accudisco mio figlio, lo seguo nel percorso scolastico, l’accompagno alle visite mediche, sto con lui in ospedale di giorno e di notte, sono io che seguo le visite mediche e prendo gli appuntamenti, ogni giorno preparo e do le terapie, per non parlare della burocrazia es. i rinnovi di esenzioni, tessera e autobus, i controlli, le schede di valutazione, ecc… Vogliamo parlare delle notti in bianco? Delle giornate pianificate e vanificate per imprevisti? Non ci sono vacanze, parrucchieri letture di libri in santa pace, un thé con le amiche per non parlare di un cinema. Ditemi se questo non è un lavoro?”.

Da queste dense parole con ritmo incalzante, così com’è la quotidianità di un caregiver, si può comprendere quali siano le attività e il carico di lavoro quotidiano sui diversi versanti spesso in completo isolamento.

Nell’assistenza sono coinvolti anche giovani caregiver, impegnati nell’accudimento di persone con bisogni assistenziali complessi non in grado di prendersi cura di sé. Anche i giovani caregiver hanno bisogno di un’attenzione particolare e la scuola è il primo luogo dove poter rilevare i problemi ed evitare l’abbandono scolastico. Per prevenire il fenomeno dell’abbandono bisogna incrementare la consapevolezza nei docenti e nel personale scolastico dei bisogni dei giovani caregiver, coinvolgere i compagni di scuola, creare reti /campagne per evitare il rischio di solitudine, stigma ed esclusione sociale.

I caregiver sono in attesa da anni dell’approvazione di una Legge e solo nel 2019 è stata presentata la Legge nazionale 1461 “Disposizioni per il riconoscimento e il sostegno del caregiver familiare” per vedere riconosciuti i loro diritti.

In questa direzione è stato fatto un passo avanti dalla Regione Emilia- Romagna che nel 2014 ha approvato una legge riferita alle e agli assistenti familiari informali, dal titolo: “Norme per il riconoscimento e sostegno del caregiver familiare (persona che presta volontariamente cura e assistenza)” e ha istituito il Caregiver day, ma non è sufficiente in termini di diritti.

Tale intervento legislativo regionale, pur non avendo alcuna conseguenza sui diritti sociali degli individui carers che sono regolati a livello nazionale, mira tuttavia a facilitare e migliorare la vita dei cittadini, sia di quelli in condizione di dipendenza sia di quelli impegnati nella cura, riconoscendo a questi ultimi un ruolo sociale.

Chi sono i caregiver che hanno risposto alla campagna di Cittadinanzattiva Emilia-Romagna? 

Sono prevalentemente donne, madri, figli, sorelle, mogli o compagne che si prendono cura di una persona cara con risvolti talvolta penalizzanti sul versante lavorativo per chi lavora ma anche sul versante della gestione familiare complessiva. I pochi uomini che si sono raccontati si occupano di una moglie, di un figlio o di un genitore anziano:“Se credete che il cargiver sia solo donna non è così. Io sono un uomo e da vent’anni sono accanto a mia moglie. Il dolore, la comprensione, la sensibilità e l’amore sono esperienze che toccano anche noi uomini.”

I caregiver affrontano diverse battaglie, come la lentezza e la frammentazione delle risposte del sistema socio-sanitario, la burocrazia, le barriere fisiche e culturali e ciò avviene nel più totale isolamento.

Per il 90,8% dei caregiver la burocrazia è raccontata come “una montagna sulle spalle”: rappresenta un ostacolo trasversale ai diversi ambiti in cui si trovano ad interagire.“Nella mia lunga esperienza di caregiver ho incontrato operatori incredibilmente attenti e sensibili, ma alcune volte mi sono trovata in situazioni assurde, soprattutto incomprensibili, che mi hanno fatto pensare: “ma perché non posso sedermi al tavolo dove si scrivono/indicano le regole che coinvolgono soggetti come mio figlio, per far capire loro che stanno complicando la vita a tutti?” 

Più che aiuti economici, chiedono servizi e informazioni (64% Assistenza nella quotidianità 25% Informazione 11%Formazione); scrive una caregiver: “Avrei diritto, come caregiver, a ricevere una corretta informazione ed orientamento sulle prassi da seguire specie quelle di natura previdenziale; sono anziana e non riesco ad andare di pari passo con l’evoluzione della tecnologia, spesso perdo informazioni importanti che dovrebbero essere garantite di base in maniera tradizionale (cartacea e per posta ordinaria).

Il riconoscimento giuridico ed economico dell’attività di assistenza significa la legittimazione di diritti pensionistici ed agevolazioni per conciliare tempo di lavoro e tempo della cura (42% Pensione 34% Contributo economico 24% Agevolazioni per lavoro): “Parlo per la mia esperienza di madre di persona disabile: io ho dedicato per 30 anni la mia vita a mia figlia senza alcun riconoscimento e adesso mi trovo a non riuscire più a far fronte nelle 24 ore a darle aiuto”.

Il 28,5% dei caregiver chiede qualità di vita/benessere: “Il tempo trascorso accanto a chi me lo chiede è più leggero se ho tempo per me”.

Il 15,4% chiede semplicemente di applicare le Leggi, come ad esempio il Piano Nazionale della cronicità.

Per quanto riguarda il futuro, il 14,1% dei caregiver esprime preoccupazione perché avanti con l’età: “Vorrei che mio figlio terminasse la sua vita un po’ prima della mia affinché possa anch’io chiudere gli occhi serena.”

Lo 0,8 dei caregiver giovani teme di non aver un futuro: “Spesso guardo fuori dalla finestra e vedo persone camminare, parlare, abbracciarsi e mi chiedo avrò anch’io queste possibilità? Poi guardo la mia stanza e sento rumori familiari e capisco che per ora questa è la mia vita. Non sono felice, ma so che sono importante nella vita di mia madre”.

Lo 0,4% dei giovani caregiver chiede di essere equiparati agli studenti lavoratori

Purtroppo, il percorso per l’approvazione della legge 1461 ha subito un arresto.

I caregiver sostengono che: “Essere visibili vuol dire essere riconosciuti per il lavoro informale svolto, poter contare su una rete di servizi in grado di sostenerci nell’assistenza quotidiana, vedere eliminati molti ostacoli burocratici contro i quali oggi dobbiamo combattere e che rappresentano un carico di lavoro aggiuntivo rispetto a quello assistenziale. Essere visibili significa anche vedersi riconosciuti come cittadino/a, madre, padre, sorella, figlio, ecc. non solo come caregiver. Essere visibili vuol dire avere una legge che ci tuteli. Senza il riconoscimento del ruolo si rimane invisibili e il lavoro di cura non è riconosciuto”.

Il senso di responsabilità che caratterizza i caregiver nell’esercizio del loro ruolo è proprio anche di associazioni e di singoli cittadini che li sostengono nella loro battaglia per il riconoscimento giuridico dei loro diritti. 

Grazie anche alla campagna di Cittadinanzattiva Emilia-Romagna il 100% dei caregiver chiede di approvare la legge 1461 e segnala le difficoltà e le disfunzioni con cui deve fare i conti nella quotidianità. La loro voce si è sentita più forte con un duplice risultato: di far sentire meno soli i caregiver e di elevare il livello di sensibilità verso le loro istanze nel complesso della cittadinanza.


Rossana Di Renzo vive e lavora a Bologna. Già coordinatrice dei tirocini in ambito sanitario e referente del rapporto con le Università presso l’AUSL di Bologna. Il suo interesse è sempre stato la narrazione e la medicina narrativa applicata che utilizza in diversi ambiti: nei corsi di formazione per professionisti sanitari, nel corso di Laurea in Infermieristica dell’Università degli Studi di Bologna, e nella ricerca. Attualmente, come responsabile del coordinamento regionale delle Associazioni di malati cronici e rari, rete di Cittadinanzattiva E.R., collabora per introdurre gli strumenti della medicina narrativa, per attività di ricerca con Associazioni di persone con malattie croniche e rare. Per contatti ross.direnzo@gmail.com.

Marilena Vimercati vive e lavora a Milano. Già docente di sociologia, attualmente collabora con la Fondazione ISMU – Iniziative e Studi sulla Multietnicità – su progetti di inclusione per migranti adulti e minori. Ha utilizzato le metodologie narrative nei contesti in cui ha operato (con studenti, professionisti sanitari anche nell’ambito di Progetti Europei) e oggi ne continua l’utilizzo coi migranti. Negli ultimi anni collabora anche con Cittadinanzattiva Emilia Romagna per progetti di ricerca che utilizzano lo strumento della medicina narrativa con Associazioni di persone con disabilità, malattie croniche e rare. Per contatti: mvimercati75@gmail.com.

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