SGUARDO ALLA DIVERSITÁ NELLA COLLETTIVITÁ  – INTERVISTA A MARIO CARLETTI.

Vuole iniziare l’intervista spiegando di che cosa si occupa e qual è la sua biografia personale?  

Mi sono diplomato al classico e ho frequentato l’università di medicina a Pavia e mi sono laureato nell’80. Mi sono poi iscritto all’ordine dei giornalisti pubblicisti nel 1976 e all’ordine dei medici il 31 gennaio dell’81. Sono diventato ufficiale medico dell’Aeronautica Militare. Mi sono specializzato in medicina dello sport, medicina ortopedica e in medicina spaziale aeronautica. Per trent’anni sono stato il medico dello sport per squadre di basket professioniste. Sono stato nel Consiglio Superiore di Sanità e direttore generale dell’Istituto Italiano di Medicina Sociale. Per quattro anni sono stato direttore centrale di riabilitazione per protesi dell’INAIL, la mia direzione era a contatto diretto con la disabilità. Sono stato direttore della Rivista SUPERABILE, che tratta tematiche sulla disabilità, la mia direzione era, tra l’altro, lo sponsor ufficiale del comitato paralimpico italiano. Ho partecipato a due Olimpiadi, di Londra e di Vancouver. Ho insegnato Fisiologia Umana per trent’anni all’università di medicina di Pavia, poi sono passato a insegnare a scienze motorie e infine ho avuto l’opportunità di insegnare anche in un’università telematica, IUL.  

In occasione delle olimpiadi di quest’anno le chiedo: qual è, secondo lei, oggi l’importanza delle Para Olimpiadi? Sono diventate un ottimo modo per narrare le disabilità fisiche?  

La nostra società ha il compito di difendere i fragili, ossia tutti coloro che sono in una condizione fisica e psicologica di difficoltà. Ma questo ha dei costi molto alti e tutti hanno il compito di collaborare nella creazione dei fondi dedicati alla realizzazione delle strutture, dei materiali e di tutto ciò che queste persone necessitano.  

Per sostenere il costo, la disabilità può diventare anche un mondo produttivo e puntare sulla comunicazione può essere una delle soluzioni; perché trasmette in maniera efficace un messaggio che può arrivare al maggior numero di persone possibili. Le paralimpiadi ne sono l’esempio più calzante.   

Tuttavia, lo sport, di qualsiasi disciplina si parli e a qualsiasi livello lo si faccia, rimane il momento e il luogo di integrazione e di recupero più elementare, più semplice e a portata di mano. Può essere il momento in cui le persone riescono a trovare un loro ambito di attività, di applicazione, di crescita e di conoscenza e il luogo in cui recuperano qualcosa che hanno perso. Va utilizzato non solo come primo nuovo approccio alla vita dopo l’infortunio ma anche come opportunità di reinserimento nella società.  

Le persone che faticano a ritrovare un posto nel mondo, riescono nello sport a mettere in atto le loro nuove capacità. Possono fare qualcosa e possono essere una risorsa tanto nello sport quanto nella società e in un’attività lavorativa. Se l’intera società recupera la volontà di utilizzare anche queste persone per quello che possono dare, la persona con disabilità riacquista dignità.   

Tutto questo è dimostrato e comunicato anche attraverso le Olimpiadi per questo sono una risorsa immensa da non sottovalutare.  

Durante i giochi para olimpici di quest’anno si è assistito a un impatto trasformativo delle tecnologie dello sport, lei che cosa ne pensa?  

La tecnologia è pronta per trovare la soluzione e dove c’è un terreno per testarla, questa cresce e si reinventa. Questi grandissimi eventi sono possibilità per la comunicazione e i media per aumentare la visibilità su un mondo che il resto del tempo viene dimenticato e non considerato dai più. Ma le spese dello Stato, per la stragrande maggioranza, sono dovute a salute e sistemi sociali. Cerchiamo di capire che queste non sono solo spese ma anche opportunità.  

Le andrebbe di esprimere un suo pensiero riguardo al nesso: livello di felicità del vissuto personale e Para Olimpiadi?  

Il mio vissuto personale alle Para Olimpiadi è del singolo ed è lo stesso dei normodotati alle Olimpiadi, tutti gli atleti in quel contesto hanno un obiettivo e lavorano per raggiungerlo. Gli atleti hanno una considerazione di sé più elevata, ma quello che mi ha colpito personalmente è che molti atleti, con disabilità fisica, hanno visto il lato positivo di quello che è loro accaduto cioè l’essere riusciti a venire considerati dalla società e a diventare qualcuno. Questo, secondo me, ha un valore assoluto per tutti non solo per i disabili.  

Infine, vorrei ancora sottolineare l’importanza che deve essere data allo sport che è un momento di recupero, di reintegrazione e un aiuto per le famiglie.  

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