Ospitiamo, come contributo al dibattito sul possibile dialogo tra Evidence-Based Medicine e Medicina Narrativa, la presentazione di un Decalogo degli aspetti relazionali da non dimenticare nell’ambito della comunicazione medico-paziente: questo lavoro evidenzia come la Medicina Narrativa produca evidenze statisticamente significative – in questo caso – nelle visite nei reparti di Cardiologia. Autori del decalogo sono Massimo Milli (cardiologo presso l’Ospedale Santa Maria Nuova di Firenze), Stefania Polvani (dirigente della Struttura di Educazione alla Salute, coordinatrice del Laboratorio di Medicina Narrativa della ASL di Firenze), Piercarlo Ballo (S.C. Cardiologia, Ospedale Santa Maria Annunziata di Firenze), Alfredo Zuppiroli (Dipartimento cardiologico, Azienda Sanitaria di Firenze), Fabrizio Bandini (S.S. Cardiologia, Nuovo Ospedale del Mugello, Azienda Sanitaria di Firenze), Federico Trentanove (antropologo, ricercatore a progetto per l’Università di Firenze, ASL Firenze).
La comunicazione medico-paziente: un importante strumento per migliorare la qualità dell’assistenza. La proposta di un decalogo degli aspetti relazionali da non dimenticare.
Il colloquio tra medico e paziente rappresenta un momento fondamentale, sia nel setting del ricovero ospedaliero che in quello ambulatoriale, per ricavare importanti informazioni anamnestiche ai fini della diagnosi, per instaurare una relazione terapeutica e garantire così l’aderenza alla cura da parte del paziente, e per rendere edotto sia il paziente che i suoi familiari sull’andamento della malattia. Al raggiungimento di questi obiettivi si frappongono vari ostacoli: la mancanza di una adeguata formazione del medico, nel corso del suo iter di studi, su quelli che sono i principi della comunicazione verbale, paraverbale (tutto ciò che interessa la voce tranne il contenuto) e non verbale (il linguaggio del corpo). Si rimanda solo ad una sensibilità personale che può essere più o meno presente. La continua pressione riguardo alla necessità della contrazione dei tempi di ricovero e dei tempi di attesa per prestazioni ambulatoriali che collide, almeno apparentemente, con la possibilità di avere spazi soddisfacenti di colloquio con il paziente. La carenza di setting ambientali adeguati per comunicare al paziente o ai suoi familiari informazioni spesso emotivamente pesanti riguardo alla prognosi della malattia.
Eppure, comunicare e porsi nel modo corretto nei confronti del paziente ha una ricaduta fondamentale sia sul piano legale che su quello clinico. Per quanto riguarda gli aspetti di rivendicazione legale, analizzando i contenuti dei reclami pervenuti all’URP della nostra Azienda Sanitaria di Firenze (ASF), si rileva che si tratta essenzialmente di contenziosi nati su problemi di scarsa comunicazione e in percentuale estremamente minore su contenziosi tecnico-professionali. D’altra parte, se è vero che il medico deve porre attenzione a come si approccia al paziente, deve valorizzare l’aspetto dell’ascolto dei disturbi e del vissuto di malattia del paziente, è anche vero che il paziente deve arrivare “preparato” al colloquio con il medico e pronto a mettere anche in discussione l’idea che si è fatta della propria situazione clinica. La grande facilità di accesso ad informazioni sanitarie via web rappresenta infatti una risorsa importante per rendere più “esperto” il paziente su vari aspetti della propria malattia, ma può anche determinare delle errate interpretazioni della propria situazione clinica che, se non affrontate in modo “elastico” dal paziente al momento del colloquio, possono impedirgli di comprendere a pieno l’entità del problema e le motivazioni di alcune scelte terapeutiche. In conclusione, non dobbiamo mai scordarci che il colloquio medico/paziente, essendo un atto che coinvolge due attori, deve prevedere attenzioni, fiducia e rispetto da entrambe le parti.
La ASF è da anni sensibile a queste problematiche ed in questo senso ha costituito un Laboratorio di Medicina Narrativa che ha portato avanti vari progetti di ricerca: in particolare il progetto NaMe (Narrative Medicine) ed il progetto NaMe2 (interviste semistrutturate a pazienti e analisi di colloqui medico/paziente videoregistrati) che si sono concentrati nei reparti di Cardiologia, Oncologia e di Rianimazione. Partendo da queste esperienze, abbiamo provato a sintetizzare alcuni consigli pratici per quanto riguarda il corretto approccio comunicativo sia da parte del medico che da quello del paziente. Abbiamo analizzato, insieme ad un gruppo di psicologi e sociologi, le videoriprese di visite cardiologiche effettuate durante il progetto NAME 2 nell’ambito degli Ambulatori dedicati a pazienti affetti da scompenso cardiaco. Da questa analisi sono emerse osservazioni interessanti che, collegate all’esperienza clinica di ogni giorno, ha portato a stilare questa sorta di decalogo di aspetti da “non dimenticare” nella comunicazione medico/paziente.
Un aspetto innovativo di questo approccio è stato quello di identificare le stesse necessità per il medico e per il paziente, da interpretare in modo diverso a seconda del soggetto a cui siano rivolte. Il Decalogo è composto da una locandina contenente i dieci punti e una breve spiegazione della modalità di applicazione, un opuscolo dove gli interessati possono trovare ulteriori spiegazioni ed un questionario di valutazione d’efficacia e gradimento.
Il Decalogo adatta il suo stile comunicativo ai diversi destinatari, cercando di interpretare le esigenze del lettore, e fornendo gli strumenti per una comprensione delle necessità reciproche. Il decalogo offre un primo titolo “spot”, semplice, facilmente metabolizzabile, che stimola la curiosità, per poi passare a chiarificare specularmente il punto di vista del medico e del paziente per ogni singolo item.
Al fine di validare questo strumento nella pratica clinica, abbiamo effettuato una sperimentazione clinica che si è basata sul confronto di questionari valutativi specifici, compilati dai pazienti prima e dopo la visita medica, in Ambulatori Cardiologici in cui è stato inserito l’utilizzo del decalogo e altri in cui questo strumento non viene applicato.
Popolazione di studio. Sono stati reclutati, negli ospedali di Santa Maria Nuova, Borgo San Lorenzo e Santa Maria Annunziata, 149 pazienti consecutivi che si erano presentati per una visita cardiologica programmata. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi:
Gruppo sperimentale (n=100, età media 67,5±15,9 anni, 46%donne): medici formati e pazienti informati mediante il Decalogo.
Gruppo di controllo (n=49, età media 70,6±13,5 anni, 39% donne): medici non formati e pazienti non informati mediante il Decalogo.
I questionari somministrati sono stati:
a) POMS 2 (Profile of Mood States): questionario ampiamente validato il letteratura, costituito da 65 items, finalizzato ad analizzare lo stato emotivo del paziente. Il POMS 2 valuta lo stato emotivo del paziente quantificando un punteggio totale (Total Mood Disturbance) e singoli aspetti suddivisi in sei classi: 1. tensione-ansia, 2. depressione-avvilimento, 3. aggressività-rabbia, 4. vigore-attività, 5. stanchezza-indolenza, 6. confusione-sconcerto.
b) Questionario NAME (diagNosis, Agents, lifestyle Modification, lifE; elaborato nel nostro centro): questionario formato da quattro domande relative alla comprensione, da parte del paziente, della diagnosi, della terapia farmacologica, delle modificazioni nello stile di vita e del potenziale impatto che malattia e cure avranno sulla sua vita.
L’analisi dei punteggi del POMS 2 ha evidenziato una differenza statisticamente significativa (p=0.0010) a favore del gruppo dei pazienti che hanno effettuato le visite mediche nei centri in cui veniva applicato il Decalogo, sia nell’analisi complessiva del punteggio che per le singole classi di emotività.
Il Decagolo è, quindi, uno strumento nato in seguito a necessità pratiche che cerca, attraverso consigli semplici di migliorare quella tappa fondamentale della vita sanitaria di un paziente che è il colloquio con il medico. Migliorando la comunicazione e la comprensione, il Decalogo vuole muoversi verso una cura partecipata ed il più possibile adeguata alle esigenze del malato, cercando di contribuire alla costruzione di quel ponte che permette di stabilire una corretta relazione di fiducia tra medico e paziente: dieci semplici suggerimenti per migliorare il colloquio e di conseguenza capire meglio sintomi, difficoltà quotidiane, diagnosi e strategie di cura. Per concludere con Balint: Non si tratta di auspicare un “medico buono”, ma di ribadire con forza che un “buon medico” non può non affiancare alle competenze scientifiche anche quelle relazionali.