Dal latino experientia, experiri, composto da ex- e perior, il significato originario è quello di provare, tentare. Nel linguaggio comune è in netta opposizione allo studio ed è un sinonimo di pratica e di imparare attraverso prove e errori. Da esperienza deriva, infatti, esperimento che in campo scientifico nel corso dei secoli ha acquisito sempre più credibilità e fondatezza. È una modalità di verifica e di studio non esatta che modifica la natura per ottenere determinati risultati.
Mentre l’esperto è un individuo che sa valutare perfettamente rischi, pericoli e potenzialità di una certa cosa in un determinato ambito e questo livello di sicurezza è stato raggiunto soprattutto grazie all’esperienza e non solo dallo studio o da doti e predisposizioni particolari.
L’esperienza è così importante e fondamentale che filosofi come gli empiristi hanno fondato la loro intera dottrina su di essa.
Noi che definizione diamo all’esperienza? Che cosa significa fare esperienza di qualcosa? Sicuramente se effettuo una ricerca, lavoro in un’azienda, svolgo una visita con un paziente, o seguo un corso di teatro io ne faccio esperienza ma posso automaticamente considerarmi un’esperta?
Qual è il segno o la testimonianza che mi rende consapevole di aver fatto esperienza di qualcosa e in che momento dell’esperienza posso ritenermi anche un’esperta? Quando non commetto più errori e riesco addirittura a prevederli o quando semplicemente so insegnare e riportare il mio bagaglio personale a altre persone che si affidano a me?
Le domande non aiutano a indentificare una cosa ma a espanderla nel suo complesso. Nel caso dell’esperienza possiamo affidarci alla definizione del dizionario oppure possiamo viverla e riportare quello che abbiamo imparato e quello che abbiamo scoperto.
In un’azienda l’esperienza del dirigente comprende anche quella dei dipendenti e dei suoi colleghi e dipende da loro perché si forma e si plasma anche attraverso le loro.
Nella conversazione tra medico e paziente le due esperienze convergono e si fondono in un’unica pur considerando le dovute distinzioni tra le due.
Il medico metterà in campo l’esperienza professionale per la diagnosi, ad esempio, ma anche un parte di quella personale per ascoltare, capire e accogliere le paure, le ansie e le aspettative dell’altra persona che si fida e si affida a lui.
Quest’ultimo, invece, sará portato a trasmettere la sua esperienza della malattia oppure quella della cura e della guarigione.