A ciascuno di noi è capitato nel vedere un filmato di andare oltre il puro intrattenimento e di osservarlo sulla base dello stato interiore che ci si trova a vivere in quel periodo, con una interpretazione estremamente personale.
Ci sono filmati che hanno un vero e proprio effetto terapeutico, ossia rappresentano veri e propri strumenti per riconoscere le emozioni, per far nascere delle riflessioni, per aumentare la consapevolezza, per rinforzare un determinato messaggio, esternare problemi, per contribuire a vivere con maggiore positività un determinato momento di difficoltà o sconforto come la malattia.
Mettersi alla visione di una pellicola infatti può generare intense sensazioni non soltanto a livello emotivo ma anche a livello biochimico, dell’organismo. Ma come possono i film agire sul nostro livello ormonale?
Uno studio dell’Università del Michigan ha evidenziato come la visione di film romantici (I ponti di Madison County) e commoventi va ad aumentare il progesterone mentre vedere film estremamente duri dove si fa riferimento alla conquista del potere come ad esempio “il Padrino” generalmente può aumentare o diminuire il testosterone a seconda dell’immedesimazione nelle esperienze di vittoria o di sconfitta.
Sta di fatto che la narrazione del film rappresenta una opportunità per conoscerci meglio, per comprendere quello che accade nella nostra vita imparando nuovi aspetti di noi.
Infatti parlare non in prima persona di sé, esercizio estremamente difficile per alcuni di noi, ma farlo inconsciamente attraverso i commenti e le riflessioni su quello che accade in un film, oppure attraverso un personaggio, permette anche a coloro che fanno più fatica ad aprirsi di condividere le proprie emozioni e sentimenti.
Bisogna tener presente che, oltre alla trama, ci sono i dialoghi, le immagini, gli effetti speciali, la musica sono tutti elementi che contribuiscono a suscitare reazioni nello spettatore.
Esiste una vera è propria disciplina della “Cinematerapia” che viene utilizzata prevalentemente in psichiatria (ma non solo) con differenti finalità ed approcci: il cinema “pop corn” per aiutare ad esprimere le emozioni, il cinema “evocativo” per aiutare a conoscere sé stessi, il cinema “catartico” per l’apertura a diversi livelli di emozione e psiche. Esistono figure esperte (cinematerapeuta) che aiutano ad indirizzare la visione di specifici film, offrono chiavi di lettura per far lavorare lo spettatore sulla conoscenza di sé e la consapevolezza.
Gary Solomon, psicoanalista americano, con il suo libro The Motion Picture Prescription: Watch This Movie and Call Me in the Morning: 200 Movies to Help You Heal Life’s Problems, nel 1995 iniziò a prescrivere la visione di alcuni specifici film sulla base dello stato emotivo dei propri pazienti e degli obiettivi che intendeva perseguire con loro, ad esempio in caso di una grave perdita di una persona cara, o di una lunga malattia, Solomon suggerisce la visone di “fiori d’acciaio” o “Spiagge”.
A mio avviso non bisogna lasciarsi attrarre dal suffisso “therapy”, si tratta di una disciplina che infatti non deve essere etichettata come medica o di psicoterapia. Non esiste infatti soltanto l’utilizzo della visione di film all’interno di un percorso di cura, ci sono esperti che possono aiutarci a capire, tuttavia la cinema terapia si rivolge a tutti (singoli individui, coppie, gruppi di apprendimento) e si basa su una prospettiva di consapevolezza e di crescita personale che ciascuno può sperimentare.
Nella nostra esperienza di formatori, l’utilizzo del film è uno strumento di crescita e riflessione estremamente potente. All’interno del Master di Medicina Narrativa Applicata, in ciascuno dei tre moduli formativi viene proposto il giovedì sera la visione di un film che ha a che fare con la malattia. Il confronto che ne segue si caratterizza da una riflessione interiore di cosa il filmato ha evocato e suscitato e una riflessione condivisa attraverso lo scambio con gli altri spettatori.
Guardare un film è un modo per rilassarsi e stare bene con se stessi. Quante volte per rilassarci iniziamo a vedere un film? Quanti di noi associano un determinato film ad un periodo particolare della propria vita? Oppure in quanti ricorrono a quel film che ci tira su di morale nei momenti di sconforto?
Ma quale Film, animazione o serie tv desiderano avere a disposizione le persone in caso di malattia e tristezza?
Hanno risposto alla nostra survey lanciata attraverso la rivista “Cronache di sanità e medicina narrativa” 70 persone, in prevalenza donne (67%), con un’età media di 44 anni (età minima 21, età massima 67), italiane 92% (8% da: Uk, Spagna, Lussemburgo, Svizzera).
Il genere che più ricorre durante la malattia è la tristezza è prevalentemente quello drammatico (37%), seguito dalla commedia 14%, dal cartone animato. Seguono gli altri generi (fantasy 8%, serie tv 8%, romantico 5%, musicale 5%, comico 3%, azione 3%, documentario 3% e da altri generi.
Per commentare i risultati abbiamo intervistato Miro Silvera, scrittore, saggista: archivista del Piccolo Teatro di Milano…
È stato consigliato da molti psicologi la cura con la cinematerapia per depressioni tristezza e malinconia guardando film in bianco e nero d’epoca. Un ottima soluzione. In effetti trovo che i film in bianco e nero abbiano un effetto sullo stato d’animo molto benefico, tutto ciò è da non sottovalutare.
Pingback: Biblioterapia e Cinematerapia: porte di accesso al nostro mondo interiore - La Mente Pensante Magazine di Psicologia, Crescita Personale, Neuroscienze