Quasi tutti noi conosciamo il noncompleanno o la Regina dei Cuori, o lo stregatto di Alice nel paese delle meraviglie … dal momento che il nome dato è Wonderland, e dal momento che Lewis Carroll era un matematico potremmo dire che in questo regno, il paese delle meraviglie, ci sono tutti i gradi possibili di libertà per la realizzazione di vere bizzarrie.
Tuttavia, entrando in dettaglio su alcuni argomenti di questo romanzo, si arriva a capire che la Piccola Alice soffre di allucinazioni e disturbi di personalità, il coniglio bianco è affetto da disturbo d’ansia generalizzato “Sono in ritardo” e lo stregatto è schizofrenico, come scompare e riappare, come distorce la realtà intorno a lui e successivamente guida altri personaggi della storia alla follia, la Regina di Cuori è affetta da egocentrismo e sindrome narcisista “tagliategli la testa”, il Brucaliffo è tossicodipendente, e il Cappellaio matto, è affetto semplicemente da follia, ripetendo in modo ossessivo compulsivo, per dieci anni alle 18 la celebrazione del nostro amato non-compleanno. Ma lui è bloccato lì … nessun senso del tempo, mentre sta invecchiando.
Che dire delle carte? Sono solo servitori, lì per obbedire, con un corpo e una personalità scomparsi.
Potremmo leggere un breve estratto, “leggimi” – così come “mangiami, o bevimi”: Alice ha appena cambiato dimensione… Questo è il suo dialogo interiore:
Alice raccolse i guanti e il ventaglio, col quale, siccome nel salone faceva un gran caldo, prese a farsi vento per tutto il tempo che continuò la sua chiacchierata. «Mamma mia! Che cose strambe mi son capitate oggi! E pensare che ieri sera era tutto normale. Magari sono stata scambiata durante la notte! Ragioniamo: ero la stessa quando mi sono svegliata stamattina? Mi pare quasi di ricordare che mi sentivo un tantino diversa. Ma se non sono più la stessa, prima di tutto occorre rispondere alla domanda: “Chi sono io?” Questo è il problema!» E cominciò a passare in rassegna tutte le altre bambine che conosceva, della sua età, per vedere se era stata scambiata per una di loro.
«Sono più che certa di non essere Ada» ragionava, «perché lei ha i capelli lunghi e ricciolini, e i miei non sono affatto ricci; e sono più che certa di non essere Mabel, perché io so un sacco di cose e lei, oh, ne sa proprio poche! Inoltre, lei è lei, e io sono io, e – oh, povera me, c’è da perderci la testa! Voglio vedere se so ancora tutte le cose che sapevo. Vediamo: quattro per cinque fa dodici, e quattro per sei fa tredici, e quattro per sette fa – oh, povera me, non arriverò mai a venti di questo passo! Comunque, la Tabellina del Per non conta: proviamo con la Geografia. Londra è la capitale di Parigi, e Parigi è la capitale di Roma, e Roma – no, no, è tutto sbagliato! Devono avermi davvero scambiata con Mabel, dopo tutto! Voglio provare a dire T’amo, o pio coccodrillo -». E tenendo le mani raccolte in grembo, come quando ripeteva la lezione, cominciò a recitare, ma le venne fuori una voce roca e strana, e le parole che uscirono non erano le stesse che aveva sempre saputo:
T’amo, o pio coccodrillo: e un sentimento
D’innocenza e di pace al cor m’infondi,
O che al fiume sciacquandoti contento
L’agil lucore alla coda secondi;
«No, no! Non è così che dice la poesia!» esclamò la povera Alice, mentre con gli occhi gonfi di lacrime ripigliava, «Devo essere proprio Mabel alla fin fine, e mi toccherà andare a vivere in quella sua casuccia strettina, senza quasi nessun giocattolo per giocare, e, ahimè, con chissà quante lezioni da studiare! No, ho già preso una risoluzione in tal caso: se sono Mabel, me ne starò quaggiù! È inutile che si sporgano con la testa e mi gridino: “Carina, vieni su!” io mi limiterò ad alzare gli occhi e a chiedere, “E allora, chi sono io? Prima rispondete a questa domanda, e poi, se mi andrà a genio di essere quella persona, tornerò su; altrimenti me ne sto quaggiù finché non sarò qualcun altro” – però ahimè!» proruppe Alice, in un improvviso scoppio di pianto, «come vorrei che si affacciassero da quel buco! Non ne posso più di starmene qui tutta sola!»
Nel tempo che diceva così, abbassò gli occhi e guardandosi le mani, con sua grande meraviglia, si accorse di essersi infilata uno dei guantini bianchi di capretto del Coniglio. «Come ho fatto?» pensò. «Forse mi sto impicciolendo un’altra volta.» Si alzò e si avvicinò al tavolino per misurarsi; doveva essere alta poco più di mezzo metro, ma andava man mano accorciandosi sempre più: si rese subito conto che il ventaglio che stringeva fra le mani ne era la causa, e lo lasciò cadere di colpo, giusto in tempo per evitare di svanire via del tutto.
È sempre l’ora del tè nel Paese delle Meraviglie
Le sei indicano l’ora del tè, di conseguenza loro sono rimasti bloccati in quella festa del tè per sempre. Naturalmente, il tempo scorreva diversamente e in modo curioso nel Paese delle Meraviglie dal momento che era semplicemente un sogno. Un’altra cosa da ricordare è che anche quando Alice si sveglia dal sogno, è difatti l’ora del tè. Il Cappellaio matto dice che il tempo è una creatura vivente, qualcuno santo da rispettare, non nei modi arroganti che la Piccola Alice pensa di conoscere. Tuttavia loro sono imprigionati in un’infinita festa del tè, dal momento che il tempo per loro, non passa … E’ vero che il tempo può essere fermato? Non sappiamo se rimangano uguali e non invecchino o se – come dice Alice – stiano solo perdendo tempo.
Nel libro successivo, “Alice attraverso lo Specchio”, si dice anche che nel Paese delle Meraviglie, i giorni sono a volte fusi insieme. Secondo la Regina Rossa:
La Regina Rossa soggiunse: — È un modo veramente miserabile di far le cose. Qui invece, per la maggior parte, abbiamo giorni e notti a due e tre alla volta, e a volte nell’inverno ne abbiamo tanti come per cinque notti di fila… per il caldo.
Ma torniamo alla festa del tè del Cappellaio Matto e “leggimi”:
Alice ebbe un sospiro di sconforto. «Dovreste imparare a usare un po’ meglio il vostro tempo» disse, «invece di sprecarlo con degli indovinelli senza soluzione».
«Se tu conoscessi il Tempo come lo conosco io» replicò il Cappellaio, «non oseresti parlarne con tanta disinvoltura; lui è un Signor Tempo».
«Non capisco cosa intendi dire» disse Alice.
«Certo che non capisci!» esclamò il Cappellaio, con un cenno sprezzante del capo. «Ci scommetto che non hai mai provato a parlarci assieme, col Tempo!»
«Forse no» rispose Alice cautamente, «ma so che quando facciamo musica, dobbiamo battere il tempo.»
«Ah, ecco! Ora tutto si spiega!» esclamò il Cappellaio. «Lui non tollera di essere battuto. Vedi, se te lo tieni amico, lui fa quasi tutto quello che vuoi con l’orologio. Per esempio, mettiamo che siano le nove del mattino, stanno per cominciare le lezioni: tu prendi il Tempo e gli sussurri una parolina, e via che le lancette girano in un baleno! L’una e mezza, è l’ora del pranzo!»
….
«Da quel momento» soggiunse il Cappellaio con tristezza, «non vuol far più niente di quanto gli domando. Sono sempre le sei, da allora!»
Alice ebbe una felice intuizione. «È per questo che ci sono tutte queste tazze, qua fuori?» chiese.
«Infatti» rispose il Cappellaio con un sospiro: «È sempre l’ora del tè, e non abbiamo neppure il tempo di lavare le tazze negli intervalli».
«E allora continuate a cambiare di posto attorno al tavolo, è così?» disse Alice.
«Esattamente» confermò il Cappellaio, «via via che le tazze si sporcano».
…
«Prendine un po’ di più» disse premuroso il Leprotto Marzolino rivolgendosi ad Alice, «di tè».
«Veramente non l’ho ancora preso per niente» rispose Alice con il tono di chi è offeso; «ragion per cui non posso prenderne di più».
«Vorrai dire che non puoi prenderne di meno» obiettò il Cappellaio, «prendere qualcosa di più che niente è facilissimo».
Perché Lewis Carroll ha scritto di follia?
Nel 1873 Skeffington Lutwidge, un ispettore della Lunacy Commission per i manicomi in Inghilterra, fu ucciso da un paziente in manicomio. Lutwidge era zio e amico intimo di Charles Lutwidge Dodgson, noto anche come Lewis Carroll. Un anno dopo, Carroll ha iniziato a scrivere “The Hunting of the Snark”, una poesia il cui significato ha scioccato gli appassionati di Carroll. In realtà, la poesia è una descrizione del gruppo di ispezione della Lunacy Commission e riflette la comprensione personale di Carroll e la reazione all’uccisione di suo zio da parte di un individuo con una grave malattia mentale. La stretta relazione di Carroll con suo zio spiega anche l’importanza del pensiero psicotico nel lavoro di Carroll, tra cui la festa del tè del Cappellaio Matto, o anche la più crudele, Regina dei Cuori, che è di fatto, un’assassina.
Commentando i “continui ordini di decapitazione” della Regina Rossa, Gardner suggerisce che “la violenza con toni freudiani” è abbastanza innocua per i bambini, ma che “non dovrebbe essere permesso al libro di circolare indiscriminatamente tra gli adulti che sono in fase di psicoanalisi”.
«Ho capito!» esclamò la Regina, che nel frattempo aveva esaminato le rose, «tagliate loro la testa!» e il corteo si rimise in movimento, mentre tre soldati restavano indietro per giustiziare gli sfortunati giardinieri, i quali si precipitarono da Alice in cerca di protezione.
«Nessuno vi taglierà niente!» dichiarò Alice, e li nascose dentro un enorme vaso di fiori che era lì vicino. I tre soldati li cercarono qua e là per un paio di minuti e poi se ne andarono via tranquillamente, marciando in coda agli altri.
«Avete tagliato loro la testa?» urlò la Regina.
«Delle loro teste non rimane traccia, se così piace alla Maestà vostra!» urlarono i soldati in risposta.
Più grande e più piccolo alla vista
Nella storia, Alice, sperimenta numerose situazioni simili a quelle di micropsia e macropsia, allucinazioni per cui il paziente vede oggetti o parti del proprio corpo più piccoli o più grandi del reale. Sono emerse speculazioni sul fatto che Carroll potrebbe aver scritto la storia utilizzando la propria esperienza diretta con episodi di micropsia derivanti dalle numerose emicranie di cui era noto aver sofferto. È stato anche suggerito che Carroll può aver sofferto di epilessia del lobo temporale.
È stato suggerito da alcuni che Lewis Carroll possa essere stato ispirato a scrivere Alice nel Paese delle Meraviglie successivamente all’insorgenza di una condizione neurologica atipica. Preda di “mal di testa biliari”, Carroll ha registrato nel suo diario la sua esperienza di “curiosi effetti ottici … vedendo ‘fortificazioni’ disordinate”. Sebbene la diagnosi storica sia ardua, gli studiosi concordano sul fatto che queste “fortificazioni disordinate” sono state il probabile prodotto della sindrome di Todd’s, una condizione che distorce la percezione delle dimensioni e induce la sensazione di contrazione che Alice prova nel libro. Riconosciuta formalmente solo 60 anni fa, questa sindrome riguarda solo un numero esiguo di persone all’anno.
Nel frattempo nella letteratura medica gli analisti sono stati sostituiti da neurologi e neuropsichiatri con l’introduzione negli anni ’50 della sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice in Wonderland Syndrome, AIWS).
Nel 1952 lo specialista in emicrania Caro W. Lippman ha pubblicato sul Journal of Nervous and Mental Disease (Giornale delle Malattie Nervose e Mentali) un rapporto sui pazienti che hanno subito “allucinazioni del senso dell’immagine corporea, in cui il paziente ha la sensazione che l’intero corpo, o alcune parti del corpo, siano stati distorti nelle dimensioni o nella forma” in corrispondenza con le loro emicranie. Una paziente ha confrontato la sua sensazione di essere in maniera anormale bassa e larga con una “sensazione di Tweedle-Dum o Tweedle-Dee” (con riferimento ai gemelli tondi di Looking Glass) e Lippman ha osservato le “allucinazioni emicraniche” che Carroll stesso ha descritto e registrato “in una forma di finzione immortale”.
Todd ha ampliato l’elenco delle malattie in cui i sintomi si verificano per includere “epilessia, lesione cerebrale, intossicazione da farmaci allucinogeni, il delirio febbrile, stati ipnagogici e schizofrenia”. Egli ha inoltre ampliato l’elenco dei sintomi possibili includendo “cambiamenti illusori nella dimensione, nella distanza o posizione degli oggetti fissi nel campo visivo del soggetto, i sentimenti illusori di levitazione e alterazioni illusorie nel senso del passare del tempo”.
La Sindrome di Alice nel Paese delle meraviglie
Si tratta di una condizione neuropsicologica disorientante che colpisce la percezione. Le persone subiscono distorsioni dimensionali come micropsia, macropsia, pelopsia o teleopsia. La distorsione dimensionale può verificarsi in altre modalità sensoriali. Questi sintomi possono comparire nell’infanzia e adolescenza quando ci si sente più grandi o più piccoli della taglia oggettiva del proprio corpo. Sembra che l’AiWS sia anche un’esperienza comune all’inizio del sonno, ed è stato noto insorgere comunemente in conseguenza di una mancanza di sonno.
Un sintomo rilevante e spesso inquietante sono le esperienze in cui la propria immagine corporea risulta alterata. La persona può scoprirsi confusa per quanto riguarda le dimensioni e la forma di parti del proprio corpo (o di tutto il corpo). Essi possono percepire che il loro corpo si stia espandendo o si stia rimpicciolendo. La sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie comporta anche distorsioni percettive delle dimensioni o della forma degli oggetti. Altre possibili cause e manifestazioni della sindrome sono emicranie, uso di farmaci allucinogeni e mononucleosi infettiva.
I pazienti con alcune malattie neurologiche hanno sperimentato allucinazioni visive simili. Queste allucinazioni sono chiamate “lillipuziane”, il che significa che gli oggetti appaiono più piccoli o più grandi di quello che sono in realtà.
I pazienti possono essere affetti da micropsia o macropsia. La micropsia è una condizione visiva anomala, che di solito si verifica nel contesto di allucinazione visiva, in cui le persone colpite vedono gli oggetti come più piccoli di quelli effettivamente sono. La macropsia è una condizione in cui l’individuo vede tutto più grande di quello che è in realtà.
Gli occhi stessi sono normali, ma la persona spesso “vede” gli oggetti come la dimensione, la forma o l’angolo prospettico non corretti. Pertanto, persone, automobili, edifici, case, animali, alberi, ambienti, ecc. sembrano più piccoli o più grandi di quanto dovrebbero essere o che le distanze non sembrano corrette; ad esempio, un corridoio può sembrare molto lungo, o il terreno può sembrare troppo vicino.
La persona affetta dalla sindrome di Alice nel Paese delle Meraviglie può anche perdere il senso del tempo, un problema simile alla mancanza di prospettiva spaziale. In altre parole, il tempo sembra passare molto lentamente, come in un’esperienza LSD. La mancanza di tempo e di spazio, della prospettiva porta ad un senso distorto di velocità. Ad esempio, in realtà si potrebbe andare avanti sempre più lentamente, ma sembrerebbe che si stesse correndo in modo incontrollato lungo una passerella in movimento, provocando un grave e travolgente disorientamento. Questo può far sentire la persona come se il movimento, anche all’interno della propria casa, fosse futile.
Inoltre, alcune persone, in concomitanza con una febbre alta, possono sperimentare allucinazioni più intense e evidenti, vedendo cose che non ci sono e interpretando in modo errato gli eventi e le situazioni.
Il sogno sociale (Social dreaming) alla fine del libro
«Svegliati, Alice!» le diceva la sorella. «Che dormita hai fatto!»
«Oh, ho fatto un sogno così strano!» disse Alice. E raccontò alla sorella tutto quello che ricordava di quelle sue strambe Avventure che voi vi siete lette fino a qui; e quando ebbe finito, la sorella le diede un bacio e le disse: «Davvero uno strano sogno, cara, non c’è dubbio; ma adesso corri a prendere il tuo tè. Si sta facendo tardi». Allora Alice si alzò e corse via, e mentre correva continuava a pensare al suo sogno meraviglioso.
Ma la sorella se ne rimase seduta dov’era, con la testa appoggiata su una mano, mentre guardava il tramonto e pensava alla piccola Alice e alle sue meravigliose Avventure, finché anche lei non si mise a sognare a modo suo e questo fu il suo sogno: –
Dapprima sognò la piccola Alice in persona: la riebbe lì che si aggrappava alle sue ginocchia con le manine e gli occhi lucenti e pieni di desiderio fissi nei suoi – sentì l’esatta intonazione della sua voce, rivide quel buffo modo di buttare all’indietro i capelli che le cadevano sempre sugli occhi – e mentre l’ascoltava, o le sembrava di ascoltarla, tutto il prato intorno si animò riempiendosi delle strambe creature del sogno della sorellina.
Sogno sociale, potremmo chiamarlo così oggi: dopo che Alice ha raccontato il sogno bello e in qualche modo emozionante che aveva fatto, questo si è incarnato nella fantasia di sua sorella. Ella comincia a sognare le stesse creature del Paese delle Meraviglie. Il Social Dreaming è un modo di lavorare con i sogni in cui l’attenzione è rivolta al sogno e non al sognatore, in cui i sogni sono condivisi tra persone che si riuniscono esclusivamente per questo scopo. Con il Sogno Sociale, il significato di un sogno è quello di un mondo più ampio in cui si vive. In un evento di Social Dreaming, i partecipanti sono invitati a offrire i loro sogni e, attraverso l’associazione, esplorare i possibili significati sociali contenuti in loro.
I partecipanti ad un evento di Social Dreaming, conosciuto come una “matrice”, hanno accesso ad un potenziale per creare nuovi pensieri che nascono da quello che è stato descritto come l'”inconscio associativo” (Long). Questi nuovi pensieri sono spesso espressione di idee, pensieri e sentimenti che sono profondamente radicati o conosciuti, ma che devono ancora essere espressi o pensieri (il “non pensato conosciuto”, Bollas). Questa caratteristica chiave differenzia il Sogno Sociale da altre forme di dibattito, discussione e lavoro onirico.
Il sogno è stato a lungo utilizzato dalle comunità di tutto il mondo, tra cui nativi americani, africani e australiani, per catturare il pensiero sul passato e conoscere il presente, mentre li guida verso il futuro. Il sogno sociale si basa su questa eredità per portare nuovo pensiero e significato alle comunità in cui viviamo e lavoriamo.
Il Social Dreaming è stato scoperto da Gordon Lawrence del Tavistock Center di Londra, negli anni ’80.
Gentile dott.ssa Maria Giulia Marini
Colgo l’occasione per proporle di esaminare una mia versione interpretativa dei dialoghi contenuti nel racconto di Alice nel Paese delle Meraviglie.
Si tratta di una mia idea che mi è venuta d’un tratto rileggendo in particolare il capitolo VII di Alice nel Paese delle Meraviglie, che ha per titolo Un tè di matti.
L’idea che mi son fatto su questo tema, mi ha portato ben più in là delle opinioni correnti, riferendomi in particolar modo al dialogo avvenuto durante «Un tè di matti».
Dopo averlo letto e riletto la mia mente mi ha portato ai metaloghi di Gregory Batenson, in particolare il dialogo tra lui e la figlia, che egli riporta sul suo libro Verso un’ecologia delle mente di Gregoy Batenson – [pag. 56 – Ediz. Adelphi]. Di qui un meraviglioso aggancio all’ecologia della mente che in Alice sembra disturbata da una sindrome, secondo l’opinione corrente dei psicologi, lei compresa.
Ma cosa è un metalogo?, rientrando nel mio intervento.
Il metalogo è una conversazione immaginaria tra un padre e una figlia su un argomento problematico. Inizia sempre con una domanda della piccola figlia, domanda che permette a papà Bateson di introdurre le sue teorie. I metaloghi non terminano mai con certezze, ma lasciano la possibilità di porsi molte altre domande. È un modo di presentare le idee molto diverso da quello al quale siamo abituati (ipotesi, dimostrazione delle ipotesi e conclusioni), per questa ragione il lettore può rimanere, almeno ad un primo approccio, perplesso. Ma se da un lato Bateson sostiene l’importanza dell’accrescimento della conoscenza fondamentale, dall’altro lato attraverso i metaloghi egli ci fornisce un esempio concreto di cosa significhi avvicinarsi a un problema con una atteggiamento conoscitivo e di come dei dati oggettivi possano essere utilizzati con un intento euristico, piuttosto che con una forzatura atta a incasellare i dati dentro una teoria di riferimento.
Occorre dire che Batenson, biologo di formazione, non fu soltanto biologo ma antropologo, epistemologo, naturalista, etologo, cibernetico, collaborò con psichiatri e psicoterapeuti…. Fu, in altre parole, scienziato e filosofo della natura: Bateson – scrive Marcello Cini – è “nel senso pieno del termine, un filosofo naturale”.
Ma ecco il dialogo tra padre e figlia e basta questo per trovare accostamenti con quello di Alice con il Cappellaio e il Ghiro sonnecchiante che di tanto in tanto fa da eco.
Figlia- Papà., quante cose sia?
Padre. Eh? uhm… so circa un chilo di cose.
F. non dire sciocchezze. Un chilo di quali cose? Ti sto chiedendo davvero quante cose sai.
P. Be’, il mio cervello pesa circa un chilo e penso di usarne circa un quarto… Quindi diciamo due etti e mezzo.
F. Ma tu sai più cose del papà di Johnny? Sai più cose di me?
P: Uhm… una volta conoscevo un ragazzino in Inghilterra che chiese a suo padre: «I Padri sanno sempre più code dei figli?« e il padre rispose: «Sì». poi il ragazzino chiese: «papà chi ha inventato la macchina a vapore?» e il padre: «James Watt» E allora il figlio gli ribattè: «ma perché non l’ha inventato il padre di James Watt?».
F. Lo so. Io so più cose di quel ragazzo, perché so perché il padre di James Watt non l’ha inventata: é perché qualcun altro doveva inventare qualcos’altro prima di chiunque potesse fare la macchina a vapore. Voglio dire… non so… ma ci voleva che qualcuno potesse scoprire la benzina prima che qualcuno potesse costruire u motore.
P. Sì… questa è la differenza. Cioè voglio dire che il sapere è come tutto intrecciato insieme, o intessuto, come una stoffa, e ciascun pezzo di sapere è significativo o utile solo in virtù degli altri pezzi…
F. pensi che si dovrebbe misurare in metri?
P. No. direi di no.
F. Ma le stoffe si comprano a metro.
P. Sì, ma non volevo dire che è una stoffa. È solo come una stoffa… e certamente non sarebbe piatto come stoffa… ma avrebbe tre dimensioni… forse quattro dimensioni.
F. Che cosa vuol dire papà?
P. Non so, veramente tesoro. Stavo solo cercando di riflettere.
E il metalogo continua e sembra che si rifletta in una sorta di un altro “metalogo” (si potrà chiamare così?) di tutto il romanzo di Alice fra gli incompresi abitanti del Paese delle meraviglie.
Cordialità