STRESS DA BURNOUT: STRESS POST-TRAUMATICO O CRESCITA POST-TRAUMATICA?

Œuvre originale sur toile de BERNARD PARIS
Acrylique et techniques mixtes

Il 30 Maggio 2019 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto il burnout come sindrome occupazionale e multifattoriale, degna di attenzione in quanto caratterizzata da un rapido decadimento delle risorse psicofisiche e da un peggioramento delle prestazioni professionali. Il burn-out è incluso nella Classificazione Internazionale delle Malattie (ICD-11) come fenomeno professionale. 

Nell’ultimo anno, miliardi di persone in tutto il mondo hanno sperimentato lo stress cronico al lavoro, a casa e nelle loro comunità. Hanno faticato per cambiare le proprie routine lavorative. Molte persone hanno proseguito la loro attività lavorativa mentre si prendevano cura dei bambini o degli anziani o, ancora, studiando da remoto. Molte persone hanno continuato a garantire la loro disponibilità lavorativa, in una situazione drammatica, in lutto per la perdita di persone care.  

Date le molteplici sfide, l’attuale aumento del tasso di burnout non è da considerarsi tanto un fallimento individuale nella gestione dello stress cronico come quello in era pre-Covid-19, ma una nuova forma specifica di burnout con le sue cause e i suoi impatti. Il burnout legato alla pandemia richiede un approccio diverso, sia in termini di prevenzione sia di mitigazione.

Perché il burnout legato alla pandemia è diverso da altre forme di burnout?

Da un lato, come per altre forme di burnout, esso è associato a sensazioni di esaurimento o perdita dell’energia; aumento della distanza mentale dal proprio lavoro, o sentimenti di negativismo o cinismo relativi al proprio lavoro e ridotta efficacia professionale. Tuttavia, il nuovo burnout associato alla pandemia è più difficile da individuare poiché, durante la pandemia, i sintomi dello stesso sono stati svalutati e considerati come una normale reazione responsabile a quello che stava accadendo. Infatti, la maggior parte delle persone sono state spinte ad accettare l’idea che sentirsi depressi, isolati o ansiosi è solo “qualcosa con cui convivere”. 

Uno studio del giugno 2020 dei Centers for Disease Control and Prevention, condotto al fine di valutare la salute mentale, l’uso di sostanze e l’ideazione suicidaria durante la pandemia, tra gli adulti di età ≥18 anni in tutti gli Stati Uniti durante il 24-30 giugno 2020 ha consentito di riscontrare che il 40,9% degli intervistati ha presentato almeno una condizione di salute mentale o comportamentale avversa, compresi i sintomi di un disturbo d’ansia o depressivo (30,9%), i sintomi di un disturbo legato a traumi e stress relativi alla pandemia (26,3%), e aver iniziato o aumentato l’uso di sostanze per far fronte allo stress o alle emozioni legate al COVID-19 (13,3%).

Nei mesi successivi, la situazione è diventata sempre più terribile. Un sondaggio del dicembre 2020 di Spring Health suggerisce che il numero di americani che sperimentano il burnout potrebbe arrivare al 76%.  

Se la situazione è drammatica per tutte le professioni, ancor di più lo è per i professionisti sanitari.

Una delle conseguenze più pesanti della diffusione del COVID-19 è rappresentato dalla crisi sanitaria medesima che sta affliggendo i Sistemi Sanitari di tutto il mondo. Indipendentemente dalla mansione e dal tipo di ruolo, i professionisti della salute sono chiamati ogni giorno a confrontarsi con un’emergenza che grava sulla loro stessa salute. La rapidità di diffusione dell’emergenza, l’impatto della stessa a diversi livelli sulla salute e l’organizzazione della vita, oltre al perdurare di queste sfide nel corso del tempo, hanno messo i professionisti sanitari nella condizione di dover vivere in modo straordinario e repentino tutti quei disagi. A ciò si aggiungano i turni stressanti, la carenza di personale, la reperibilità e il contatto costante con il dolore e con la sofferenza. Peraltro, paura e preoccupazione per il contagio per sé e i propri cari hanno indotto molti professionisti della salute a proteggere mediante l’auto-isolamento, manifestando ulteriori sintomi afferibili ad intenso distress psicologico. In quest’ottica, diviene fondamentale bilanciare i propri conti energetici settimanalmente.

Prima della pandemia, il burnout costituiva già un problema rilevante per tutti i settori. Costava alle organizzazioni circa 125-190 miliardi di dollari all’anno.

Va tuttavia detto che alcune professioni sono particolarmente vulnerabili al burnout: quello dei medici da solo costi 4,6 miliardi di dollari all’anno. Dal 2020 al 2021, il costo del burnout ci si attende sia molto più alto. 

Per le istituzioni, la sfida nella sfida è quella di affrontare il burnout legato alla pandemia prima che si presenti, richiedendo una maggiore autoconsapevolezza e pianificazione.

Come trovare una via di fuga dal burnout legato alla pandemia?

Per i professionisti della salute, quando si è esausti, impoveriti e sovraccarichi, può essere difficile trovare la motivazione per prendere il controllo della propria salute e del proprio benessere e, ritagliarsi del tempo per se stessi, può sembrare egoistico. In realtà, è la prospettiva dalla quale ripartire per poterci essere davvero per l’altro. Fare delle pause dal lavoro, uscite per una passeggiata o per prendere aria fresca, praticare attività fisica migliorano sia il nostro stato fisico sia l’umore. Può anche essere utile capire cosa ci piace del lavoro e concentrarci sui nostri interessi e le nostre passioni.

Un’altra strategia possibile è quella di chiedere aiuto ai colleghi, ai propri familiari, agli amici, mostrando anche il proprio lato vulnerabile e senza voler continuare ad essere un supereroe.

Tutti desideriamo che questa pandemia finisca. Ci sono anche alcune cose che abbiamo scoperto di essere capaci di fare durante la pandemia e che vorremmo portarci anche dopo come, per esempio, il cucinare a casa, l’importanza della coltivazione di amicizie anche se lontane, l’amore per la lettura…ed altre che ci siamo resi conto non essere altrettanto rilevanti come, per esempio, entrare ed uscire in modo alienato dalle riunioni online senza il tempo, dove si osanna il recupero dell’efficienza e non dell’efficacia. Prendiamoci del tempo per celebrare ciò che la pandemia vi ha insegnato e come ha cambiato noi, la nostra famiglia, la nostra squadra o la nostra organizzazione in meglio. Questo sarà a beneficio complessivo, per la costruzione della crescita post-traumatica piuttosto che dello stress post-traumatico

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