Come potremmo descrivere un anno trascorso all’insegna del COVID-19?
Alcuni di noi staranno pensando che sia la dimostrazione dell’impotenza dell’uomo a fronte dell’espressione di una natura ribelle. Una forza che cattura la nostra attenzione e che ci depriva di quella che solitamente definiamo “normalità”. Altri, invece, potrebbero pensare che sia un modo per mettere alla prova la potenza dell’uomo. Altri, che sia destino dell’epoca…e così via.
In epoche precedenti, quando l’uomo si è trovato ad affrontare altre pandemie come, per esempio, la peste, non si aveva idea di che cosa potesse averla causata e di quali strategie si sarebbero potute adottare per affrontarla in tempi contenuti. Quando, nel 1918, scoppiò l’influenza spagnola, molte delle misure adottate per contrastare il virus, che non era stato isolato, si rivelarono vane e i tentativi di sviluppare un vaccino inutili.
Nel riproporsi di un simile fenomeno nella storia, pur ripresentandosi molte incertezze ed errori, alcuni aspetti della trama sono mutati. Con il Covid-19, i primi campanelli d’allarme su una potenziale nuova epidemia iniziarono a suonare alla fine di Dicembre 2019. Entro il 10 gennaio 2020, gli scienziati non solo avevano isolato il virus responsabile, ma avevano anche sequenziato il suo genoma e pubblicato le prime informazioni online. In pochi altri mesi è diventato chiaro quali misure potevano rallentare e fermare le catene di infezione. In meno di un anno diversi vaccini sono stati messi in produzione.
Come ci ricorda un editoriale su Nature Medicine, “La pandemia di Covid-19 ha aperto una finestra di opportunità per ripensare il modo in cui i paesi si preparano alle crisi di salute pubblica. Questa finestra non deve essere sprecata”, invitandoci a non perderci d’animo, considerando piuttosto quali virus e organismi microbici potrebbero essere il prossimo killer globale – e come sostenere le persone a prendere decisioni salvavita quando arriva.
All’anniversario di questo mondo cambiato, nonostante questi aspetti della trama differenti dalle epoche precedenti, diverse testate giornalistiche in tutto il mondo, richiamano a quanto ognuno di noi sia stato profondamente messo alla prova, a diversi livelli, fisico, psicologico, sociale, finanziario. Ognuno di noi, seppur in modo differente, ha un racconto di stravolgimenti, perdite o sopravvivenza legati a questo ultimo anno, che probabilmente non ci saremmo mai immaginati di vivere. Un anno che ci ha messi a confronto con i limiti dell’intervento, delle responsabilità umane.
Peraltro, nonostante abbiamo avuto modo, perlomeno nei paesi più sviluppati, di superare sempre di più i confini fisici, grazie ad un mondo digitale, non tutto può essere digitalizzato. Ci siamo resi conto del ruolo cruciale svolto da molti lavoratori della sanità, del mondo dei trasporti, degli esercizi di alimentari…. E di quanto un mondo senza quanti lavorino nell’arte, nella cultura, nello spettacolo, nella ristorazione…sia un mondo che ci depriva di parti importanti del nostro essere umani. E’ stato un anno che ha messo a dura prova anche la gestione familiare, sottoponendo ad elevate pressioni i genitori, i ragazzi e gli insegnanti e pretendendo che la logica del multitasking potesse essere esasperata.
Questo anniversario ci spinge a riflettere su chi è sopravvissuto e su chi ci ha lasciati. E, in alcuni paesi, tra i quali l’Italia, il valore delle generazioni dei nostri anziani, molto prezioso, precedentemente poco considerato e valorizzato. Ora siamo più consapevoli di quanto sia importante proteggerli, star loro accanto, imparare da loro.
Quest’ anno ha messo in evidenza il ruolo cruciale dell’esserci a diversi livelli e di quanto non poter vedere i propri cari, di persona, non poterli abbracciare, soprattutto in un momento particolarmente delicato, sia come essere spogliati di uno strato di pelle, sentendoci tutti vulnerabili.
Eppure, è importante chiederci se davvero stiamo imparando qualcosa da questo tempo di pandemia, che ci ha messi a confronto con il dolore, senza differenze.