Ospitiamo il contributo di Angela Pia Bellettieri, Dirigente Medico Responsabile della Struttura Aziendale “Qualità, Risk Management e Accreditamento presso l’Ospedale di San Carlo di Potenza, riguardante l’applicazione pratica della Medicina Narrativa.
Perché applicare la medicina narrativa in ospedale?
L’ospedale è il luogo dove si incontrano operatori sanitari e pazienti. Se pensiamo a questi incontri, gli studi ci dicono che sono sempre più tecnici, veloci e forse un po’ freddi. La medicina narrativa può essere uno strumento volto a ridurre le distanze e a far sì che l’approfondimento del vissuto del paziente che ne deriva dalla sua storia, possa offrire agli operatori sanitari una maggiore conoscenza del malato e non solo della malattia che si appresta a curare.
Quali sono i vantaggi della medicina narrativa e i suoi limiti?
I vantaggi sono tanti e ormai noti: la conoscenza più approfondita del paziente permette di migliorare la diagnosi, consolidare la fiducia, rinsaldare la tanto auspicata alleanza terapeutica. Per quanto riguarda i limiti, l’unico limite che potrei far presente è di genere applicativo perché ad oggi sono ancora diversi gli operatori a pensare che questo tipo di progettualità richieda tanto tempo e un maggior carico di lavoro.
Secondo lei la medicina narrativa può portare dei vantaggi economici o è un costo superfluo?
Costi superflui, non direi proprio! Vantaggi economici invece ce ne sono. Se pensiamo solo alla sfera del contenzioso medico-legale, non è difficile comprendere come a sfociare spesso nel contenzioso sia proprio la mancanza di fiducia alla quale potrebbe rimediare un tipo di medicina più relazionale.
Medicina narrativa: è stato dimostrato che c’è un minor numero di reclami poiché vi è stato un miglioramento della comunicazione tra professionisti sanitari e pazienti. È vera questa affermazione nella sua struttura?
Non posso che confermare. Sappiamo bene come e quanto la comunicazione possa influire su tutto il percorso terapeutico. Nella comunicazione ci sono tanti fattori rilevanti, in primis il linguaggio e spesso il linguaggio utilizzato dagli operatori può risultare eccessivamente tecnico. Quante volte i pazienti tornano a casa con il dubbio di non aver compreso tutto? Approfondire dunque l’aspetto comunicativo, con una comunicazione di qualità, non veloce e attenta al nostro interlocutore, non può che creare meno dubbi e fraintendimenti che potrebbero sfociare in futuri reclami.
Avete effettuato esperienze di medicina narrativa all’interno della sua struttura?
Sì, ormai dal 2015. Abbiamo adottato questo strumento in diverse Unità Operative in ognuna delle quali ci siamo concentrati su una singola dimensione come ad esempio la difficoltà di condividere la propria sofferenza da parte del paziente oncologico o come creare fidelizzazione in una condizione di cronicità del paziente traumatologico. Le dimensioni emerse sono state le basi su cui costruire percorsi di formazione per gli operatori sanitari finalizzati ad approfondire queste tematiche in un’ottica di complessità e personalizzazione delle cure.