Estratto del libro “Bridging the Gap between Evidence-Based Medicine and Medical Humanities” di Maria Giulia Marini
La medicina narrativa è democratica. Non appartiene e non si schiera con nessuno o ad un ruolo specifico, ma appartiene a tutti gli individui, e almeno una volta nella vita, ogni essere umana ha a che fare con gli schemi di equilibrio/squilibrio della salute e della malattia. È trasversale e attraversa tutti i ruoli e le specialità, e richiede un approccio sistematico per raggiungere l’unione del consenso di molteplici portatori d’interesse con l’ascolto e la raccolta di storie dai pazienti, dai caregivers, dagli amici, dagli impiegati, dagli insegnanti.
Se governance è un termine nato dalla sintesi di due parole, government, con un approccio dall’alto verso il basso, e alliance, con una riconosciuta direzione dal basso verso l’alto, la medicina narrativa può quindi essere definita come uno strumento di amministrazione, con un flusso bidirezionale tra il sistema di cure e i pazienti, e viceversa. Governance è lo stabilimento di norme, e un continuo monitoraggio della loro implementazione, da parte dei membri della dirigenza di un’organizzazione. Include i meccanismi richiesti per bilanciare i poteri dei membri (con l’associata responsabilità), e il loro principale dovere di amplificare la prosperità e la fattibilità dell’organizzazione. [the Business dictionary.com]
Pensando all’incremento della Medicina Narrativa all’interno della pratica medica, riconosciamo automaticamente un possibile vantaggio clinico per un allineamento terapeutico con i pazienti, ma raramente immaginiamo questo come uno strumento per costruire un sistema di cura ecologico, che possa consegnare una qualità di cura accessibile senza ricadute sulle generazioni future. La sostenibilità nella sanità è composta da differenti peculiarità che dovrebbero accordarsi con la complessità di gestione: la strada verso un benessere sostenibile deve considerare nel complesso impatto/beneficio dell’ambiente, resilienza, educazione del paziente, il costo e il pagamento di attività sanitarie di valore. Fra questi la resilienza, forse un aspetto appena considerato, è un punto e un concetto abbastanza interessante che si è recentemente guadagnato un po’ di attenzione. Come ha dichiarato il dr. David Pencheon, direttore della Sustainable Development Unit (SDU), e consulente per la NHS England e la Public Health England: “Il sistema sanitario e di cure è sempre più consapevole dei vantaggi di favorire lo sviluppo di comunità resilienti: resilienza che è fondamentale per la sanità e il benessere, entrambi in tempo di relative stabilità, e in tempi di crisi”. Di fatti, la pratica narrativa è largamente applicata agli amplificatori di resilienza (o meglio alle abilità contro la fragilità) a seguito di problemi traumatici sia nei pazienti che nei caregiver che devono essere preparati per supportare le persone da loro assistite. [Porter, 2010].
Pancheon ha dichiarato: “Il sistema sanitario e di cura può cogliere ogni opportunità di lavorare con le persone per prevenire il prevenibile e gestire il gestibile. Questo significa aiutarci a migliorare la nostra comprensione e il nostro controllo sulla nostra stessa salute, malattia, e possibilità di vita, con le nostre case e comunità. Il modello tradizionale di noi che stiamo bene, poi male, poi veniamo curati, poi stiamo meglio, è sempre più datato. La maggior parte di noi vivrà con condizioni multiple e gestiremo largamente noi stessi con il supporto e la guida del Sistema di sanità e cura usando informazioni migliorate, integrazione, collaborazioni e tecnologia”. Quando la Medicina Narrativa abbraccerà il paziente da un punto di vista globale, l’essere malati cronici con condizioni multiple sarà più facilmente indagabile attraverso i pazienti che, scrivendo, svilupperanno un balzo di consapevolezza e incoraggerà l’abilità di coping, attraverso la riflessione della loro condizione. Dopo una scrittura riflessiva diverranno più attivi, informandosi, condividendo le loro storie di cura attraverso il network digitale. Continua Pencheon: “Questo […] punto richiede un cambio culturale per il pubblico, pazienti e in particolare professionisti. Potremmo aver bisogno di diversi modelli di business per i provider di cure. Potremmo ricompensare i provider di cure rispetto la riduzione dei tassi di mortalità o delle diseguaglianze della sanità o dei tempi di sopravvivenza o semplicemente per il miglioramento delle esperienze dei pazienti. Coloro che ordinano la sanità scelgono sempre più di pagare per risultati”.
Pencheon si riferisce a elementi macro-economici e dinamici, ma le pratiche ecologiche e sostenibili possono applicarsi anche nei contesti quotidiani. In questa prospettiva, alcuni dati interessanti provengono dal lavoro di Langewitz e colleghi, che offre un punto di partenza per la riflessione riguardo il momento comunicativo dottore-paziente. Spesso si suppone che lasciare il paziente parlare possa solamente confondere l’incontro medico: al contrario, i risultati di questo studio indicano che l’80% dei pazienti necessita solo di due minuti di discorso senza interruzioni (e di ascolto attivo da parte dei professionisti) per narrare le loro storie di malattia, rivelando nel frattempo elementi utili per la diagnosi. Così questo studio può essere visto come un esempio di ecologia totalmente sostenibile e una pratica fattibile per continuare a migliorare il processo diagnostico nei nostri servizi sanitari occidentali e ridurre sprechi di tempo e di denaro.
I risultati dovrebbero essere molto importanti per pazienti e curanti, per annaffiare il giardino di un sistema di cure ecologico: come ha indicato Michael Porter, professore alla Harvard Business School e direttore dell’Institute for Strategy and Competitiveness, “i valori dovrebbero essere lo scopo principale all’interno del sistema di cura, perché è ciò che alla fine conta per i clienti (pazienti) e riunisce gli interessi di tutti gli attori del sistema. Se aumenta il valore, i pazienti, i pagatori, i provider, e i fornitori possono tutti beneficiare mentre il sistema economico di sostenibilità del sistema di cure migliora. Il valore comprende molti degli altri scopi già abbracciati dalla sanità, come la qualità, la sicurezza, la centralità del paziente, il contenimento dei costi, e integrarli. Ѐ inoltre fondamentale per realizzare altri importanti risultati come l’aumento dell’uguaglianza e l’espansione di un accesso ad un costo ragionevole.” [Porter 2010]. La governace è qui presa molto in considerazione, da quando il valore è ciò che conta per i pazienti, questi hanno il potere di decidere quale tipo di sistema sanitario desiderano, e non solo influenzare debolmente da lontano i fattori decisivi.
Questa transizione verso un sistema sanitario realmente sostenibile e basato su pratiche di governance potrà realizzarsi solo attraverso onestà, collaborazione, coinvolgimento pubblico e un uso innovativo dei modelli di business e tecnologici largamente usati altrove nella società per consegnare un futuro più sicuro e giusto. Ѐ considerevole che entrambi i punti di vista di Pencheon e Porter, entrambi impegnati completamente nella realizzazione di idee di sostenibilità, rispettivamente dal Regno Unito e dagli U.S.A., siano simili in termini di codice morale che rafforza la voce dei pazienti e poi quella dei curanti, e infine chi gestisce il denaro: “un approccio sostenibile e sistematicamente aperto evita la trappola delle scelte false, pensando, ad esempio, che un’economia in crescita è più importante di comunità vivace per il nostri bambini”.
Un fattore decisivo che ha fortemente limitato lo sviluppo di un sistema di cura sostenibile a lungo è l’uso e l’abuso della medicina difensiva, la pratica di raccomandare test diagnostici o trattamento che potrebbero non essere necessari o l’opzione migliore per un paziente, ma sono prescritti contro ogni reclamo di passività o di negligenza. Gli studi dimostrano che l’atteggiamento distorto della medicina difensiva può essere ricapitolato in un 34% [Sherz, 2013] di visite mediche non necessarie. Secondo una recente ricerca medica degli U.S.A., condotta dal Jackson Healthcare, la terza più grande agenzia nazionale di personale, il 75% dei dottori afferma di ordinare più test, procedure e medicinali di quanto siano necessari nel tentativo di evitare cause legali. Il Gallup riporta che un dollaro su quattro spesi nella sanità possono essere attribuiti alla medicina difensiva – all’incirca 650 miliardi annui. Questi costi pesano su tutti, portando significativamente in alto i costi dei premi assicurativi sanitari, le tasse per coprire i programmi assicurativi di sanità pubblica, pagati e fuori dai costi del portafoglio. Quanto all’importazione europea, in particolare al Regno Unito, una recente ricerca indirizzata ai dottori dell’ospedale ha scoperto che oltre il 78% (n = 159) praticava – in un modo o nell’altro – medicina difensiva [Otashi, 2013]. In Italia, secondo l’ultimo report delle autorità sanitarie, pubblicato nel marzo 2015, il costume della medicina difensiva è praticato almeno una volta al mese dall’80% dei dottori. Il terrore di venire denunciati colpisce l’80% dei medici italiani; medicinali, visite di test e ricoveri non necessari costano alla popolazione italiana l’1% del PIL [Ministero della Salute, 2015]. Nel sistema centrale dell’amministrazione, dal momento che i cittadini sono i contribuenti dei servizi sanitari (pubblici o privati), risulta chiaro che i loro soldi non sono spesi saggiamente quando viene applicata la medicina difensiva, e irrimediabilmente sprecati. Si tratta di un’inutile spesa di denaro, che contribuisce al mantenimento di un sistema corrotto e non sostenibile, molto lontano dai servizi ecologici.