Come contributo al dibattito tra Evidence-Based Medicine (EBM) e Medicina Narrativa, proponiamo l’articolo “Evidence-Based Medicine: a movement in crisis?”, scritto da Trisha Greenhalgh, Jeremy Howick e Neal Maskrey, e pubblicato sul British Medical Journal. L’articolo vuole essere un appello per una campagna in favore di quella che gli autori chiamano la “vera EBM”: quella che fa della cura etica dei pazienti la sua priorità, pretende le evidenze in un formato che sia i clinici che i pazienti possano capire, condivide le decisioni coi pazienti, si basa su una forte relazione medico-paziente e sugli aspetti umani della cura, e applica questi principi a livello di salute pubblica.
Secondo gli autori, questo appello è necessario perché la EBM, pur avendo avuto diversi vantaggi, ha anche avuto delle conseguenze negative, non intenzionali, a causa delle quali in molti sostengono che il movimento della EBM stia attraversando una seria crisi: il “marchio di qualità” dell’EBM è stato utilizzato per interessi personali; il volume delle evidenze, specialmente le linee-guida cliniche, è diventato ingestibile; i benefici statisticamente significativi rischiano di divenire marginali nella pratica clinica; regole inflessibili e suggerimenti guidati dalla tecnologia possono far sì che la cura venga guidata dal management; le linee-guida basate sulle evidenze spesso vengono associate malamente a una multimorbidità complessa.
Problemi del genere hanno portato a considerare la EBM un modello fallito. Greenhalgh e colleghi, al contrario, ci parlano di un ritorno della EBM ai suoi principi fondanti: ci offrono un programma preliminare per la rinascita del movimento, focalizzandosi nuovamente sul fornire delle evidenze utilizzabili che possano essere combinate con competenze contestuali e professionali, in modo che i pazienti ottengano un trattamento ottimale.
Per mantenere questo programma, i pazienti devono domandare evidenze migliori – presentate e spiegate meglio, e applicate in un modo più personalizzato; il training clinico deve perfezionare le capacità di giudizio esperto e un processo di decision-making condiviso; chi fornisce le linee-guida deve tener conto di chi le impiegherà; chi pubblica deve pretendere che gli studi incontrino gli standard metodologici e di fruibilità; i policy makers devono resistere alla produzione strumentale e all’uso delle evidenze da parte di interessi personali. E infine, il programma di ricerca deve diventare più ampio e più interdisciplinare, e gli stakeholder della EBM (pazienti, clinici, policy-maker, e così via) devono lavorare insieme.