
Spesso nella vita quotidiana capita di ignorare o dare per scontato il profondo legame che esiste tra il donare e il ricevere, tra l’aiutare e l’essere aiutati. Questo accade ancor più se si parla di volontariato, comunemente percepito come un’attività altruistica, finalizzata a sostenere coloro che si trovano in difficoltà, e non come un potente strumento di crescita personale e di benessere.
Gli stessi volontari molte volte non sono pienamente consapevoli dell’impatto positivo che questa attività ha su di loro, considerane i benefici quasi un effetto secondario, un valore dato per scontato. Si è scelto quindi di utilizzare l’approccio della medicina narrativa per andare ad indagare l’esperienza di volontariato attraverso le parole e le storie dei volontari.
“ Aiutare gli altri mi ha permesso di conoscermi meglio, di scoprire aspetti di me che non avevo mai esplorato”
Il volontariato e processi di cura
L’OMS – Organizzazione Mondiale della Sanità – definisce la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale” e non solo l’assenza di malattia. Proprio per questo è importante indagare con attenzione tutti gli strumenti complementari ai percorsi di cura tradizionali che possono essere aggiunti alle medicine tradizionali per migliorare il benessere individuale.
Ad esempio, per una persona con depressione, il volontariato potrebbe rappresentare un modo per riscoprire il piacere delle attività sociali; per chi soffre di ansia sociale, potrebbe essere un’occasione per sperimentare nuove interazioni in un ambiente positivo; per chi affronta disturbi alimentari, potrebbe offrire un nuovo significato alla condivisione e al valore dell’alimentazione.
“Mi fa piacere essere utile. Mi sento bene quando lo faccio”
“Mi fa sentire meglio, mi fa sentire una bella persona e mi spinge a fare sempre di più per gli altri”
Le narrazioni dei volontari
Nello studio sono state raccolte 14 narrazioni di volontari e volontarie di diverso genere e età, che sono state analizzate e classificate attraverso i modelli di riferimento della medicina narrativa. Secondo la classificazione di Launer è emerso che la maggior parte delle narrazioni (11 su 14) è classificabile progressiva, indicando che i volontari vedono nel loro impegno un percorso in crescita, una trasformazione continua.
“Desidero che la me del futuro possa fare questa esperienza”
Interessante è l’analisi delle narrazioni secondo la classificazione di Kleinman. Sebbene 5 narrazioni rientrino nella categoria illness, poiché esplorano il volontariato come esperienza soggettiva di benessere, 2 sono classificate come sickness, mettendo in evidenza il legame tra volontariato e sistema sociale di supporto che è spesso considerato carente. Il volontariato viene quindi considerato come uno strumento per agire laddove lo Stato o le strutture private non riescono ad agire.
“Desidero che le istituzioni si attivino per risolvere le difficoltà…”
Altro elemento interessante che emerge dalle narrazioni è che per molti volontari aiutare gli altri è percepito come un dovere etico imprescindibile (moral narratives secondo la classificazioni di Bury). Considerare l’aiuto un dovere etico è positivo perché rafforza la solidarietà e porta crescita personale, ma può diventare problematico se genera senso di obbligo o stress. Il volontariato dovrebbe essere una scelta consapevole, non una costrizione, per mantenere il suo valore autentico.
Le metafore e le emozioni
Un aspetto interessante emerso dalle narrazioni è l’uso delle metafore per descrivere il volontariato, segno di un’esperienza vissuta in modo profondo e simbolico. Molti lo paragonano a elementi naturali, come “un ruscello” o “un mazzo di fiori di prato”, suggerendo che l’aiuto sia qualcosa di spontaneo e radicato nella natura umana. Altri lo vedono come un gesto di protezione e calore, rappresentato da immagini come “una coperta”, mentre per alcuni è un meccanismo essenziale della società, simboleggiato da “un ingranaggio” che permette il funzionamento collettivo. Un’ulteriore metafora, quella della guida – “un computer verde che aiuta gli altri a orientarsi” – enfatizza il volontariato come un punto di riferimento per chi ha bisogno di sostegno. Le emozioni che emergono da queste esperienze sono prevalentemente positive: la gioia e la fiducia dominano le narrazioni, indicando che l’aiuto genera soddisfazione e benessere personale.
“Spero di aver cambiato la vita di qualcuno .. Saprò farlo di nuovo…”
Strategie di coping e competenze
Altro elemento fondamentale su cui si è voluto porre attenzione è come il volontariato favorisce lo sviluppo di competenze trasversali fondamentali, che abbracciano diverse dimensioni della crescita individuale. Prendendo come riferimento il modello europeo LifeComp emerge che sul piano personale il volontariato contribuisce all’autoregolazione, alla gestione dello stress e alla resilienza, aiutando i volontari a fronteggiare le difficoltà con maggiore equilibrio. A livello sociale, rafforza l’empatia, la collaborazione e la capacità di comunicazione, elementi essenziali per costruire relazioni significative e positive. Infine, rappresenta anche un’opportunità di apprendimento continuo, stimolando il pensiero critico e la capacità di adattamento. Molti volontari hanno riconosciuto di aver acquisito nuove competenze grazie alla loro esperienza.
“Faccio qualcosa che mi fa sentire bene e soddisfatta con me stessa”
“E’ un modo per arricchirmi”
Conclusione
Questa ricerca dimostra che il volontariato non è solo un gesto di aiuto, ma un vero e proprio strumento di benessere personale e sociale. Valorizzarlo come tale può portare benefici significativi sia ai singoli individui che alla collettività. Integrare il volontariato nei percorsi di cura potrebbe rappresentare una strategia innovativa per promuovere il benessere globale, rendendo la società (intesa come insieme di Enti Pubblici, privati e del Terzo Settore) più solidale, consapevole e resiliente, in linea con gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU n. 3 Salute e benessere e n. 16 Pace, giustizia e istituzioni solide.
Dott.ssa Clarissa Amateis per Vol.To – Volontariato Torino ETS