Spiritualità e Medicina Narrativa

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il modello ideale per comprendere la salute umana è quello biologico, psicologico e sociale, articolato su tre dimensioni fondamentali. Tuttavia, numerosi studiosi – tra cui accademici, counselor spirituali e psichiatri – sostengono l’importanza di includere una quarta dimensione, quella della spiritualità, trasformando così il modello bio-psico-sociale in un modello bio-psico-socio-spirituale. Questo dibattito, iniziato all’interno della World Health Organization già nel 1948, prosegue ancora oggi senza che si sia raggiunta una conclusione definitiva.

Negli anni, sono stati istituiti diversi gruppi di lavoro per approfondire la questione. Tra questi, uno particolarmente significativo fu condotto alla fine degli anni ’90 dallo psichiatra Shekhar Saxena, che ha posto particolare enfasi sulla dimensione spirituale. Saxena, pur essendo uno psichiatra, si impegnò a separare il concetto di spiritualità dalla salute mentale, che fino ad allora veniva spesso identificata esclusivamente con il benessere emotivo e il funzionamento cerebrale. Questa visione, molto “funzionale”, era troppo limitante rispetto alla natura più ampia e complessa della spiritualità.

Il lavoro di Saxena portò alla creazione del questionario “WHOQOL Spirituality, Religiousness and Personal Beliefs (SRPB) Field-Test Instrument”, che esplora variabili legate, tra le altre cose, alla fede religiosa. È fondamentale sottolineare che religione e spiritualità, seppur presentino certamente zone di interconnessione, non sempre coincidono: mentre la religione si basa su testi sacri, leggi, rituali e credenze fisse, la spiritualità abbraccia una dimensione più personale e universale. Come evidenziato nella definizione di Cook (2004), la spiritualità include un senso di interconnessione con il presente, con il trascendente (ove presente ma non è obbligatorio) e con ciò che ci circonda – persone, natura, animali. Essa è legata alla ricerca di pace e di serenità per l’anima, di significato e alla ridefinizione delle priorità, specialmente in momenti di fragilità.

Un elemento centrale della spiritualità è la ricerca di senso, che si traduce in domande profonde come: “Che cosa posso fare io? Qual è il mio ruolo? Qual è il significato di questo mio passaggio terreno? Perché proprio a me?”. Questa ricerca va oltre la mente razionale e coinvolge dimensioni più misteriose che possiamo chiamare “anima”, senza necessariamente collegarla a una religione specifica.

Ma cosa c’entra tutto questo con la Medicina Narrativa? Sebbene la posizione dell’OMS sull’inclusione della spiritualità come dimensione strutturale, ad oggi, non sia ancora chiara (ciò emerge anche dall’interessantissimo Report di Simon Peng Keller che analizza tale questione dal 1946 al 2021), le narrazioni dei pazienti e dei curanti invece mettono in luce la profonda rilevanza di questa dimensione. La spiritualità emerge in modo evidente dalle storie di vita e di cura, specialmente in momenti di difficoltà. Tra gli aspetti più ricorrenti troviamo: il senso di interconnessione tra le persone (familiari e anche amici), quando in un momento di fragilità o dopo un evento infausto si cerca “l’altro” e si chiede aiuto; la capacità di provare un senso di meraviglia, gioia e stupore anche nelle piccole cose, godendo di ogni momento del “qui e ora”.

La malattia, restringendo i confini della vita, porta spesso a nuove scoperte e a un riorientamento delle priorità: il lavoro cede il passo agli affetti, il tempo residuo viene dedicato alle persone care, e si sviluppa una maggiore consapevolezza del presente.

Certamente vi è anche una componente religiosa che emerge dalle narrazioni: persone che trovano conforto nella preghiera, che ad esempio dopo essersi risvegliati da un coma farmacologico riconoscono nella preghiera, oltre naturalmente al lavoro di medici e infermieri, uno strumento responsabile della loro salvezza.

Ognuno, quindi, ha il suo giardino nascosto, il suo giardino segreto: c’è chi coltiva l’immanente, chi le interconnessioni, l’anima, il significato, il “perché a me”; c’è chi comincia a scrivere la propria autobiografia o Illness Narrative (storia di malattia), per lasciare un segno, perché del domani non è dato sapere, in questo mondo così impermanente. In questo senso, la narrazione va proprio a colmare il bisogno di lasciare una traccia, di costruire una memoria duratura.

Oppure, come riportato prima, c’è chi a tutto questo preferisce l’intercessione dei propri santi di riferimento, per avere la guarigione o semplicemente per il tempo che rimane.

Anche nelle situazioni più difficili, come le richieste di sedazione terminale (più dolce e più lenta rispetto all’eutanasia), emergono profonde implicazioni etiche legate alla spiritualità. Molte persone credenti la rifiutano, preferendo una fine graduale, perché desiderano vivere pienamente fino a quando, come spesso dicono, “Dio verrà a prendermi”. Queste visioni profonde, radicate e che ci accompagnano per tutto il nostro essere, richiedono grande sensibilità da parte dei professionisti sanitari, che sono chiamati a rispettarle e integrarle nel percorso di cura.

Così come spesso accade che si cambi nel corso della propria esistenza (a volte, nei momenti di maggior bisogno, si prega, mentre quando le cose vanno bene si diventa più contemplativi) anche la salute e la malattia non sono realtà separate da un confine netto, ma fanno parte di un continuum esistenziale che attraversa la nostra vita.

Queste erano alcune piccole riflessioni che sottolineano come la spiritualità risulti profondamente correlata alla Medicina Narrativa. Ascoltare le storie delle persone malate, fragili e vulnerabili è un atto di grande responsabilità: non si tratta solo di “aggiustare” un corpo, ma di accompagnare un’anima nella sua ricerca di senso e pace. D’altronde, la cura, come definito in maniera delicata ed elegante da una parte dell’OMS, è a sua volta un atto di profondissima spiritualità.

Per questo siamo veramente grati a tutti i curanti che in questo momento continuano a dedicarsi agli altri, garantendo un po’ di salute e di salvezza anche durante le feste di Natale. Quindi, un sentito grazie e auguri preziosissimi a tutti quanti.

Maria Giulia Marini

Epidemiologa e counselor - Direttore Scientifico e dell'Innovazione dell'Area Sanità e Salute di Fondazione Istud. 30 anni di esperienza professionale nel settore Health Care. Studi classici e Art Therapist Coach, specialità in Farmacologia, laurea in Chimica e Tecnologie Farmaceutiche. Ha sviluppato i primi anni della sua carriera presso aziende multinazionali in contesti internazionali, ha lavorato nella ricerca medica e successivamente si è occupata di consulenza organizzativa e sociale e formazione nell’Health Care. Fa parte del Board della Società Italiana di Medicina Narrativa, Insegna all'Università La Sapienza a Roma, Medicina narrativa e insegna Medical Humanities in diverse università nazionali e internazionali. Ha messo a punto una metodologia innovativa e scientifica per effettuare la medicina narrativa. Nel 2016 è Revisore per la World Health Organization per i metodi narrativi nella Sanità Pubblica. E’ autore del volume “Narrative medicine: Bridging the gap between Evidence Based care and Medical Humanities” per Springer, di "The languages of care in narrative medicine" nel 2018 e di pubblicazioni internazionali sulla Medicina Narrativa. Ha pubblicato nel 2020 la voce Medicina Narrativa per l'Enciclopedia Treccani e la voce Empatia nel capitolo Neuroscienze per la Treccani. E' presidente dal 2020 di EUNAMES- European Narrative Medicine Society. E’ conferenziere in diversi contesti nazionali e internazionali accademici e istituzionali.

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