TUTELARE TUTTE LE CATEGORIE NELLO SPORT – INTERVISTA A DANIELA COLONNA-PRETI

Vuole iniziare l’intervista spiegando di che cosa si occupa e qual è la sua biografia professionale? 

Ho frequentato il liceo classico. Mi sono laureata in scienze biologiche. Il mio approccio con le disabilità fisiche è cambiato a partire da un viaggio a Lourdes. Tornata a Varese, durante una cena conosco due ragazzi sulla sedia a rotelle che scopro essere due soci fondatori della POLHA, nonché due atleti che mi hanno fatto scoprire l’associazione. All’inizio davo solo una mano poi sono diventata progressivamente segretaria, consigliera, vicepresidente e infine presidente nel 1993. 

Personalmente non sono mai stata una sportiva ma questo non mi ha impedito di nutrire e coltivare un forte interesse per lo sport per disabili, inoltre i risultati che ho ottenuto sono stati anche frutto dei numerosi si che ho detto alle richieste di aiuto che via via mi venivano poste. 

Per me questo non è un lavoro, ma una passione che porto avanti come volontaria da molti anni e che è anche diventata, casualmente, la mia vita. 

Parallelamente sono arrivati anche molti riconoscimenti e onorificenze da parte di vari enti pubblici, organismi sportivi e addirittura il titolo di Cavaliere al merito della Repubblica per la mia attività di volontariato. 

In occasione delle Para Olimpiadi di quest’anno le chiedo: riguardo le disabilità fisiche, negli ultimi vent’anni si sono riscontrati cambiamenti come evoluzione culturale, maggiore inclusione e minore stigma? 

Il raggiungimento di alcuni obbiettivi e l’ottenimento di risultati anche eclatanti come quelli recenti di Parigi non devono far pensare che il processo di crescita e miglioramento possa considerarsi terminato. Se si è arrivati a questo punto è perché c’è stato un lavoro lungo e capillare operato in maniera sinergica da molte realtà sportive e persone competenti. La POLHA ha avuto nel corso degli anni circa 56 atleti che hanno partecipato alle Para Olimpiadi quindi ho avuto modo di vedere e riscontrare molti cambiamenti da quaranta anni fa ad oggi in questo settore. Ad esempio, all’inizio le Para Olimpiadi e le Olimpiadi si svolgevano in due luoghi diversi. 

Quando ho iniziato a seguire lo sport per disabili il termine usato per definire le persone con disabilità era “handicappati”. “Disabili” è giunto in un secondo momento e ora quando ci si riferisce al mondo dello sport per disabili si parla di “para olimpici”, che secondo me è bellissimo. Quest’ultimo porta l’attenzione finalmente sull’essere un atleta. Dal punto di vista mediatico, i giornalisti che fanno le cronache durante le paralimpiadi sono per la maggior parte formati e informati sulle varie disabilità; molti hanno fatto un percorso in associazioni come la nostra e grazie a questa esperienza hanno saputo trovare il modo più giusto per trattare la disabilità nello sport. La cosa bella è che negli ultimi anni vengono utilizzati come cronisti anche ex-atleti para olimpici. 

Infatti, non sottolineando solo le difficoltà ma sottolineando le abilità degli atleti, questi ultimi non emergono come supereroi ma solo come persone che fanno molti sacrifici per allenarsi. Loro hanno accettato la disabilità anche grazie allo sport e vivono in maniera diversa perché si impegnano a emergere nello sport. Il fatto che in queste occasioni se ne parli molto non deve rimanere un caso isolato o non deve acquisire una connotazione emozionale.  

Per questi motivi è necessario continuare a sostenere le società sportive che si impegnano a mantenere viva la realtà dello sport per disabili. Le società hanno un ruolo fondamentale nella promozione delle attività sportive. 

Ad esempio, se un bambino con disabilità fisica vuole incominciare a fare nuoto e le uniche piscine che ha a disposizione sono solo per normodotati, è costretto ad allenarsi insieme a loro ma a lungo andare per lui lo sport può diventare frustrante perché non ha la possibilità in quel contesto di crescere e migliorare adeguatamente. Quindi il passaggio culturale importante da mettere in atto è di integrare all’interno di luoghi sportivi e società sportive per normodotati attività per atleti disabili, così da rendere lo sport per tutti, favorendo sempre più anche l’accessibilità strutturale degli impianti sportivi anche a persone in carrozzina. 

Noi lavoriamo per la felicità dei ragazzi e soprattutto per far sì che si sentano parte di una famiglia. La nostra priorità è sempre data al ragazzo che inizia, al suo avviamento. Paradossalmente: nel momento in cui raggiungono risultati di rilievo possono anche cambiare società e continuare a gareggiare altrove, ma l’importante è aver fornito delle buone basi e delle alternative possibili. 

Secondo la sua esperienza e la sua conoscenza terminate le Para Olimpiadi rimarranno nella mente delle persone i nuovi valori e le novità che questo evento porta con sé? 

Penso che rimarrà la sensazione di positività, di bellezza e di come si può affrontare la vita serenamente che hanno trasmesso questi atleti nei vari momenti che precedono e seguono le loro gare, oltre che durante la competizione; si ricorderanno i loro sorrisi, i loro ringraziamenti alla società sportiva, al loro tecnico e al gruppo. 

Gli atleti invece ricorderanno che hanno avuto la possibilità di appartenere a una squadra e che la loro performance è stata possibile anche perché al di là di loro esiste una realtà che li ha preparati. 

Riguardo alla sensibilizzazione ai più giovani nelle scuole, in che cosa consiste il vostro approccio, quali sono gli obbiettivi di questa campagna di informazione e quai sono i valori che volete portare?  

Dobbiamo trasmettere non solo cosa è la vita al villaggio para olimpico ma soprattutto come ti senti da persona con disabilità ad accettare giorno per giorno la tua condizione con l’aiuto dello sport e dei tuoi compagni. 

In alcuni casi capita di vedere tra gli alunni delle classi, in cui facciamo sensibilizzazione, anche ragazzi con disabilità che all’inizio si tengono in disparte ma nel momento in cui vedono uno dei nostri che parla della propria esperienza si riaccendono, si incuriosiscono e partecipano serenamente alla conversazione, ponendo delle domande o esprimendo la loro opinione. 

Vuole aggiungere altro? 

Alcune persone, del settore e non, vorrebbero che i due eventi (Para Olimpiadi e Olimpiadi) venissero uniti ma io non sono d’accordo. Non si possono mantenere lo stesso numero di atleti partecipanti e per questo l’organizzazione eliminerebbe tra i para olimpici i meno validi. In altre parole, le categorie non sarebbero tutte tutelate soprattutto quelle più gravi, perché sceglierebbero di mettere insieme i più forti. 

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