« Il re Wēi (魏) di Chǔ (楚) avendo sentito di lui, inviò dei messaggeri con doni invitandolo a Chǔ affinché ricoprisse l’incarico di Primo ministro. Zhuāngzǐ rise e rispose loro: “… Andatevene non mi corrompete… Preferisco la gioia della mia libera volontà” »
È una metafora il Tao, una metafora il farnulla; metafore sono le doti dei perfetti. Chi interpreta alla lettera è fuori strada: metafore e allegorie agevolano la intelligenza; ma quando il pensiero è inteso la metafora ha servito al suo scopo, e s’ha da abbandonare per il puro pensiero simboleggiato.
Come nella poesia cinese, accade in Ciuang ze che la parola si ferma e il senso procede oltre. E talvolta il silenzio che segue è più significativo – non senza merito dell’Autore, perché è un silenzio fatto eloquente dalla suggestione dall’autore svegliata. Ciuang ze ha osservato («Mistero») l’uccellino chiudere il becco e cessare il canto, mentre un eco interminabile ne resta fuori, e dentro di lui un profondo che non trova nota che lo esprima
È con l’opera del filosofo cinese Ciuang Ze (369 a.C. circa – 286 a.C. circa) che inauguriamo questa rubrica di letture estive di libero accesso che desideriamo offrire ai nostri lettori. Il testo intitolato “Acque d’autunno“, tradotto da Mario Novaro, è alla base della cultura daoista.